La Corte di Cassazione con la sentenza n. 33547 del 28/12/2018 ha specificato con quali modalità devono essere effettuate le comunicazioni e le notifiche nell'ipotesi in cui il procuratore costituito non abbia iscritto l'indirizzo Pec nel Reginde.
Il caso: Nell'ambito di una controversia avente ad oggetto la nullità di un testamento olografo promossa dai fratelli del cuius, il Tribunale in primo grado rigettava la domanda, dichiarando la convenuta (che aveva avuto una relazione sentimentale con il testatore) unica erede del defunto; la Corte di Appello dichiarava l'appello inammissibile ex art. 348 ter c.p.c., reputando corretta la ricostruzione delle ultime volontà del de cuius, come operata dal Tribunale.
Avverso la sentenza della Corte distrettuale propone quindi ricorso per cassazione una delle sorelle del de cuius.
La Suprema Corte, accogliendo l'eccezione della resistente, dichiara inammissibile il ricorso in ragione della sua tardiva proposizione:
infatti l'ordinanza di inammissibilità ex art. 348 ter c.p.c. emessa dalla Corte d'Appello, recante la data del 4 marzo 2014, ma pubblicata in data 6 marzo 2014, era stata comunicata lo stesso giorno della pubblicazione al difensore dell'allora appellante (ed oggi ricorrente), e ciò sia mediante un tentativo di comunicazione a mezzo PEC, cui avrebbe fatto seguito il deposito in Cancelleria, sia a mezzo fax.;
il tutto è comprovato dall' attestazione della cancelleria della Corte d'Appello che rileva, tra l'altro, che il predetto difensore non risultava essere "telematico" ossia iscritto nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici, per cui la comunicazione via Pec non era stata possibile;
il ricorso in esame risulta essere stato notificato solo in data 27/6/2014, ben oltre i sessanta giorni dalla comunicazione, e quindi è tardivo.
La ricorrente già nell'atto introduttivo, anticipando le eccezioni di controparte, osserva che il ricorso non sarebbe inammissibile, atteso che nell'atto di appello la stessa aveva puntualmente indicato un indirizzo di posta elettronica certificata presso cui l'avv. Oss aveva manifestato la volontà di ricevere eventuali comunicazioni, indirizzo che risultava perfettamente funzionante nei giorni in cui sarebbe stata effettuata la comunicazione dell'ordinanza, sicchè, per la ricorrente, quest'ultima andava effettuata al detto indirizzo in conformità di quanto richiesto con la costituzione in giudizio in appello.
La Corte di Cassazione, nel respingere le argomentazioni difensive della ricorrente, osserva quanto segue:
1) ai sensi del quarto comma dell'art. 16 del decreto legge n. 179/2012, convertito nella legge n. 221/2012, "Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni...”
2) il sesto comma del medesimo articolo aggiunge che: "Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalita' si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario";
3) quindi le comunicazioni non vanno compiute a qualsiasi indirizzo che il difensore possa avere indicato negli atti difensivi, ma esclusivamente a quello risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, che viene a costituire a tutti gli effetti un "domicilio digitale";
4) la successiva giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di confrontarsi con il nuovo sistema delle comunicazioni telematiche e con gli effetti delle modifiche legislative, quanto alla univocità del legame tra difensore ed indirizzo validamente inserito nei pubblici registri: si è affermato, ad esempio, che a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, la notificazione dell'atto di appello deve essere eseguita all'indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, sicché è nulla la notificazione effettuata presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo;
5) tale regola è stata, poi, ribadita anche di recente dalle Sezioni Unite, che hanno appunto affermato che “in materia di notificazioni al difensore, in seguito all'introduzione del "domicilio digitale” è valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all'art. 6 bis del d.lgs. n. 82 del 2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest'ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest'ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al d.m. 21 febbraio 2011 n. 44, gestito dal Ministero della Giustizia”
6) la giurisprudenza si è anche occupata delle ipotesi in cui la comunicazione ovvero la notificazione sia stata effettuata ad un indirizzo diverso da quello risultante dai pubblici elenchi:
- in tal caso la notificazione con modalità telematica deve essere eseguita a pena di nullità presso l'indirizzo PEC risultante dai pubblici elenchi di cui all'art. 16 ter del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in I. n. 221 del 2012, quale domicilio digitale qualificato ai fini processuali;
- non è idonea quindi a determinare la decorrenza del termine breve di cui all'art. 326 c.p.c. la notificazione della sentenza effettuata ad un indirizzo PEC diverso da quello inserito nel Reginde e comunque non risultante dai pubblici elenchi, ancorché indicato dal difensore nell'atto processuale;
7) nel caso in esame, dalla certificazione della cancelleria - la quale non poteva avvalersi del diverso indirizzo di posta elettronica, pur indicato dall'appellante nell'intestazione del proprio atto difensivo - emerge che l'interrogazione dei pubblici elenchi ha dato esito negativo, in quanto l'avv. Oss non risultava essere telematico cioè iscritto nel Reginde, risultando quindi validamente effettuata la comunicazione dell'ordinanza, con il deposito in cancelleria.