Nullita’ del decreto ingiuntivo non motivato o motivato per relationem

Martedi 30 Aprile 2024

Con sentenza n.392/2024, emessa in un giudizio di opposizione a d.i., il Tribunale di Taranto, Sez. II civile, in composizione monocratica, torna sull’argomento della motivazione del decreto ingiuntivo osservando che, ai sensi dell’art.641 c.p.c., la motivazione, sia pur sintetica (in applicazione analogica dell’art.132, n.4, c.p.c.), costituisce requisito indefettibile del decreto ingiuntivo, anche in ossequio al disposto dell’art.111 Cost. che impone l’obbligo della motivazione per tutti i provvedimenti giurisdizionali.

Né, ha osservato il Giudicante, esistono disposizioni di legge che, per il decreto ingiuntivo, contengano deroghe alla normativa generale sulla motivazione dei provvedimenti. [v., conformi, Tribunale Taranto sez. II, ordin. 22/03/2019 e altre citate in sentenza].

Come noto le prove scritte, previste dal comma 2 dell'articolo 634 c.p.c. pur essendo idonee ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, non integrano di per sé la piena prova del credito così come richiesta in un giudizio ordinario, né determinano un’inversione dell'onere probatorio nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo quando, come nella fattispecie, il preteso debitore muove contestazioni sull'an o sul quantum debeatur: in tal caso non valgono a dimostrare l'esistenza del credito, che deve essere provato nelle forme ordinarie. Ciò in quanto, come noto, ai fini dell’emissione del d.i. si attribuisce rilevanza probatoria a documenti che in un normale processo a cognizione piena non avrebbero alcun valore dimostrativo dei fatti dedotti, pertanto nell’emissione del provvedimento il giudice non può limitarsi a verificarne in astratto l'esistenza agli atti, ma deve spingersi a valutare, con adeguata motivazione, la sua idoneità a fornire una prova sufficiente dei fatti costitutivi del diritto azionato.  

È quindi principio applicato nella sentenza del Tribunale ionico quello secondo cui, ai sensi dell’art.641 c.p.c., la motivazione, sia pur sintetica (in applicazione analogica dell’art.132, n.4, c.p.c.), costituisca requisito indefettibile del decreto ingiuntivo, ciò anche in ossequio al disposto dell’art.111 Cost. che impone l’obbligo della motivazione per tutti i provvedimenti giurisdizionali. Né, si rileva nel provvedimento, esistono disposizioni di legge che, per il decreto ingiuntivo, contengano deroghe alla normativa generale sulla motivazione dei provvedimenti.

Conseguentemente il giudice della fase monitoria, qualora accolga la domanda, deve esplicitare, nella motivazione del decreto ingiuntivo, da quali elementi in fatto ed in diritto della domanda desuma la prova dell’avvenuta esecuzione della prestazione da parte del ricorrente, prova che secondo la regola generale dettata dall'art. 2697 cc grava sul ricorrente - attore che ha chiesto l'ingiunzione.   Nell’ingiunzione opposta invece è stata rilevata la mancanza di motivazione, sia pur sintetica, della condanna pronunciata inaudita altera parte, giacché non sono indicate né le ragioni che hanno indotto l’Ufficio a ritenere sussistenti i fatti costitutivi della domanda di condanna proposta dal ricorrente, né gli elementi di diritto posti alla base del convincimento del giudice. Di tal che risultando impedito il controllo sul procedimento logico seguito dal giudice proprio per l’impossibilità di individuare la ratio decidendi, a ciò viene a conseguire la nullità del d.i. opposto.   Né si è potuto considerare il provvedimento monitorio motivato per relationem mediante rinvio alle motivazioni del ricorso, atteso che, si specifica nella sentenza in commento “Non sembrano esistere leggi o atti cui le disposizioni della Costituzione della Repubblica Italiana attribuiscono forza ed efficacia di legge i quali autorizzino il giudice, nei casi in cui la motivazione è espressamente richiesta dalla legge, ad adempiere il relativo obbligo mediante la c.d. motivazione per relationem , ovverosia solo facendo proprio il contenuto degli atti di altri soggetti processuali richiamati in tutto o in parte;”.  

Peraltro, secondo la più accorta linea interpretativa elaborata dalla giurisprudenza che ammette la motivazione per relationem, questa, per il caso di sentenza motivata per relationem ad altra, non potrebbe neppuure limitarsi, a pena di nullità, “…alla mera indicazione della fonte di riferimento: occorre che vengano riprodotti i contenuti mutuati, e che questi diventino oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa (anche se connessa) causa sub iudice, in maniera da consentire poi anche la verifica della compatibilità logico-giuridica dell'innesto.” [v. Cassazione civile, SS.UU., sentenza 04/06/2008 n° 14814].  

Quindi nel caso di mera indicazione dell’atto di riferimento (nel caso in esame: il ricorso per d.i.), senza che ne siano riprodotti i contenuti e, soprattutto, senza che questi vengano fatti oggetto di una, sia pur sintetica, autonoma valutazione critica, il provvedimento non ha una sua autonoma base motivazionale atteso che il rinvio ne esaurisce la motivazione, e sarebbe parimenti nullo venendo meno all'obbligo costituzionalmente prescritto.  

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