La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 23620 del 28/09/2018 si pronuncia in merito alla validità della notifica a mezzo PEC di una sentenza effettuata all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante dall'Albo professionale a cui è iscritto il difensore di controparte.
Venerdi 19 Ottobre 2018 |
Il caso: Dismed Onlus otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti dell'AUSL per il pagamento di compensi per prestazioni effettuate nel biennio 2006/2007; il Tribunale di Messina accoglieva l'opposizione, mentre la Corte di Appello, in accoglimento del gravame proposto dalla predetta Onlus, dichiarava sussistente il credito vantato dall'appellante, così confermando il provvedimento monitorio opposto.
Per la cassazione di tale decisione l'Azienda Sanitaria Provinciale di Messina propone ricorso, affidato ad unico ed articolato motivo, illustrato da memoria, cui la Dismed Onlus resiste con controricorso, eccependo preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per mancato rispetto del termine previsto dall'art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente, ai sensi del successivo art. 326, dalla notifica della sentenza al procuratore costituito dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Messina.
Infatti, la sentenza d'appello era stata notificata in data 26 giugno 2015, mentre il ricorso per cassazione è stato notificato il 14 marzo 2016, ben oltre il termine di sessanta giorni.
Parte ricorrente si difende rilevando la nullità della notificazione, tale da impedire la decorrenza del termine “breve” ex art, 325 c.p.c per due ordini di motivi:
1) in primo luogo l'indicazione dell'elenco da cui era stato tratto l'indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore della parte, vale a dire l'Albo degli Avvocati del Foro di Messina, non corrisponderebbe ai "pubblici elenchi" previsti dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 4 e art. 16, comma 12, di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179;
2) inoltre, la notifica in esame sarebbe inficiata da ulteriori violazioni, quali l'omessa indicazione del codice fiscale della Dismed Onlus e della dizione "notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994".
La Suprema Corte, nel ritenere infondate le doglianze, chiarisce quanto segue:
a) il D.L. n. 179 del 2012, all'art. 16 sexies, introdotto dal D.L. 24 giugno 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e rubricato "Domicilio digitale", risulta formulato nei seguenti termini: "Salvo quanto previsto dall'art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonchè dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia";
b) tale norma, imponendo alle parti la notificazione dei propri atti presso l'indirizzo p.e.c. risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della giustizia, certamente implica un riferimento all'indirizzo di posta elettronica risultante dagli albi professionali, atteso che, in virtù della prescrizione contenuta nel citato D.Lgs. n. 82 del 2005,art. 6 bis, commi 2 bis e 5, al difensore fa capo l'obbligo di comunicare il proprio indirizzo all'ordine di appartenenza e a quest'ultimo è tenuto a inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE;
Di conseguenza, nel caso in esame, la notificazione della sentenza impugnata risulta correttamente eseguita - con conseguente decorrenza del termine previsto dall'art. 325 c.p.c. - all'indirizzo di posta elettronica comunicato dal difensore della Dismed al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Messina.
c) per quanto riguarda le altre presunte violazioni, la Corte ha di recente espresso un orientamento, in tema di notificazione in via telematica, inteso a privilegiare la funzione della stessa, con la conseguenza che “il raggiungimento dello scopo della notifica, vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell'atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata, priva di significativo rilievo la presenza di meri vizi di natura procedimentale (come, ad esempio, l'estensione.doc in luogo del formato pdf), ove l'erronea applicazione della regola processuale non abbia comportato (ovvero, come nella specie, non sia stata neppure prospettata) una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione”.
d) pertanto, la mancata indicazione nell'oggetto del messaggio di p.e.c. della dizione "notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994" costituisce mera irregolarità, essendo comunque raggiunto lo scopo della notificazione, avendola il destinatario ricevuta ed avendo mostrato di averne ben compreso il contenuto; analoghe considerazioni per l'omessa indicazione del codice fiscale del destinatario.
Esito: inammissibilità del ricorso.
Cassazione civile Sez. Unite Sentenza n. 23620 del 28/09/2018