Natura e valore probatorio dei messaggi Whatsapp

A cura della Redazione.

La VI° Sezione penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1822/2020, torna ad occuparsi della natura e della utilizzabilità ai fini della decisione dei messaggi WhatsApp.

Venerdi 21 Febbraio 2020

Il caso: La Corte d'appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma, riconosceva all'appellante T.C. i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, confermando la sua condanna, resa all'esito del giudizio abbreviato, alla pena di mesi sei e giorni venti di reclusione ed Euro 2.800 di multa, per avere, in concorso con Y., illecitamente detenuto per la cessione a terzi grammi 4,2 lordi di sostanza stupefacente del tipo cocaina e gr. 0,8 lordi di sostanza stupefacente del tipo marijuana.

Per la Corte distrettuale la responsabilità penale dell'imputato risultava provata anche dai messaggi contenuti nei telefoni cellulari degli imputati.

T.C., tramite il proprio difensore, propone ricorso per Cassazione, lamentando, tra l'altro, la  violazione di legge processuale in relazione agli articoli 191 e 266 bis c.p.p., per:

a) nullita' e inutilizzabilita' delle comunicazioni telematiche registrate sulla memoria del telefono cellulare acquisito all'esito dell'illegittima ispezione compiuta dalla P.G., comunicazioni acquisite mediante la riproduzione fotografica della schermata delle conversazioni tra l'imputato e un possibile acquirente;

b) inutilizzabilita' c.d. patologica, in quanto concernente atti probatori acquisiti contra legem - mediante violenza sulle cose ed in violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza di cui all'articolo 15 Cost. -, la' dove gli agenti operanti avrebbero dovuto procedere con le modalita' previste per il sequestro ai sensi dell'articolo 354 c.p.p., comma 2.

La Corte di Cassazione, nel rigettare il motivo di impugnazione, ribadisce il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui:

  1.  i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica "scaricati" e/o conservati nella memoria dell'apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell'articolo 234 c.p.p., di tal che la relativa attivita' acquisitiva non soggiace ne' alle regole stabilite per la corrispondenza, ne' tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche;

  2. ai messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro non è applicabile la disciplina dettata dall'articolo 254 c.p.p., in quanto tali testi non rientrano nel concetto di "corrispondenza", la cui nozione implica un'attivita' di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito;

  3. ne', d'altra parte, puo' ritenersi trattarsi degli esiti di un'attivita' di intercettazione, la quale postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, la' dove i dati presenti sulla memoria del telefono acquisiti ex post costituiscono mera documentazione di detti flussi.

    Pertanto, i messaggi rinvenuti nella memoria del telefono cellulare dell'imputato risultano, essere stati del tutto legittimamente acquisiti al processo ed utilizzati ai fini della decisione, giusta la loro natura documentale ex articolo 234 c.p.p. e la conseguente acquisibilita' con una qualunque modalita' atta alla raccolta del dato, inclusa la riproduzione fotografica.

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