Mutui bancari: decorrenza della prescrizione delle rate scadute.

Con l’ordinanza 4232, pubblicata il 10 febbraio 2023, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla natura e sulla decorrenza del termine di prescrizione nei contratti di mutuo bancari per il pagamento delle rate scadute.

Giovedi 23 Febbraio 2023

IL CASO: La vicenda esaminata riguarda un mutuo acceso da un Comune con l’INPDAP, oggi INPS.

Il Comune agiva in giudizio contro quest’ultimo con richiesta al Tribunale di accertamento negativo del credito per intervenuta prescrizione.

La domanda attorea veniva accolta in primo grado. Di diverso avviso la Corte di Appello, la quale accoglieva la domanda riconvenzionale proposta dall’ente previdenziale e condannava il Comune al pagamento delle somme ancora dovute derivanti dal suddetto contratto di mutuo.

Pertanto, della questione veniva investita la Corte di Cassazione a seguito del ricorso proposto dal Comune il quale deduceva fra i vari motivi, la violazione dell’art. 2935 cod. civ., che fa decorrere il termine prescrizionale «dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere».

Secondo il Comune, nel caso oggetto della controversia, il diritto al rimborso dei ratei del mutuo poteva essere azionato sin dalla data della relativa scadenza, senza attendere la scadenza dell'ultima rata del mutuo, come invece aveva fatto l’ente previdenziale, in quanto la regola prevista dall'art. 2935 cod. civ. prescinde dalla natura delle obbligazioni e si incentra esclusivamente sulla circostanza che il diritto (alla prestazione) possa essere o meno azionato, facendo decorrere il termine prescrizionale dal momento in cui tale diritto può essere validamente esercitato, a nulla rilevando che si tratti di un'obbligazione unica o periodica. Inoltre, l’ente comunale riteneva errata la decisione impugnata avendo i giudici della Corte territoriale applicato il termine decennale di prescrizione, non solo al debito derivante dal rimborso delle rate del mutuo, ma anche a quello relativo al pagamento degli interessi (compensativi e moratori) previsti nello stesso contratto.

LA DECISIONE: Anche la Corte di Cassazione ha dato torto al Comune e nel rigettare il ricorso ha dato seguito al consolidato orientamento giurisprudenziale degli stessi giudici di legittimità secondo il quale, nel contratto di mutuo il pagamento delle rate configura un'obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell'ultima rata. Di conseguenza, il momento da cui decorre la prescrizione deve essere individuato con riferimento alla scadenza dell'ultima rata del mutuo.

Il mutuo, hanno osservato gli Ermellini, acquista il carattere di contratto di durata e le diverse rate in cui quel dovere è ripartito non costituiscono autonome e distinte obbligazioni, bensì l'adempimento frazionato di un'unica obbligazione. D'altronde, un mutuo in cui l'obbligazione di restituzione non fosse differita nel tempo e fosse soggetta all'arbitrio del mutuante sarebbe economicamente inconcepibile, perché inutile per il mutuatario, il quale, essendo autorizzato a consumare la cosa mutuata (art. 1817 c.c.), non sempre (o quasi mai) sarebbe in grado di procurarsi immediatamente l'equivalente da restituire.

Ed è proprio in ragione dell'unicità dell'obbligazione di restituzione che l'art. 1819 c.c. prevede, per il caso in cui sia stata convenuta la restituzione rateale ed il mutuatario non adempia l'obbligo del pagamento anche di una sola rata, che il mutuante possa chiedere l'immediata restituzione dell'intero.

Il frazionamento del debito non muta, la natura unitaria del contratto di mutuo, cosicché non sono individuabili tante prescrizioni per quante sono le rate del mutuo, ma un unico termine di prescrizione decennale, che non decorre dalla scadenza delle singole rate, ma piuttosto dalla scadenza dell'ultima rata. L’unicità del debito non determina il frazionamento di esso neanche con riferimento agli interessi previsti nel piano di ammortamento che del finanziamento costituiscono il corrispettivo, o agli interessi moratori, fondati sul presupposto dell'inadempimento.

Di conseguenza, hanno concluso, non opera la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, cod. civ., il cui criterio informatore è quello di liberare il debitore dalle prestazioni scadute, quando esse siano periodiche, ossia debbano essere soddisfatte periodicamente ad anno, od in termini più brevi, e, pertanto, dalla previsione di tale norma esula l'ipotesi di debito unico, rateizzato in più versamenti periodici.

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