Se la ex moglie sceglie di lavorare part-time, non ha diritto all'assegno.

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 5242/2024 affronta la questione del riconoscimento o meno dell'assegno di mantenimento al coniuge separato che scelga di continuare a lavorare part-time.

Venerdi 15 Marzo 2024

Il caso:  Il Tribunale di Padova dichiarava la separazione dei coniugi Tizio e Mevia, assegnava la casa coniugale a Mevia. affinché ci vivesse con i figli; disattendeva la richiesta di quest'ultima di riconoscimento di un assegno di separazione; poneva a carico di Tizio l'obbligo di corrispondere al coniuge separato, a titolo di concorso al mantenimento dei figli la somma di Euro 400 per ciascuno rivalutabile annualmente.

Mevia impugnava la sentenza di primo grado: la Corte d'Appello

- escludeva che l'appellante principale avesse diritto a un assegno di mantenimento a suo vantaggio, tenuto conto che la stessa aveva ormai la possibilità, stante l'età dei figli, di incrementare con orario pieno il proprio stipendio e di poter cogliere occasioni di avanzamento/conversione professionale destinate a migliorare il suo reddito, mettendo a frutto la laurea conseguita in costanza di matrimonio.

- ricordava, inoltre, che il richiedente l'assegno di mantenimento non può porre a carico dell'altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione dello stile di vita matrimoniale quando emerga che egli, pur potendo, non si sia doverosamente adoperato per reperire o migliorare  un'occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini/capacità.

Mevia ricorre in Cassazione, che, nel negare l'assegno di mantenimento, osserva:

a)  La Corte d'appello ha spiegato, a giustificazione della propria decisione, che il richiedente l'assegno di mantenimento è gravato dall'onere di dimostrare che la situazione in cui versa non sia ascrivibile a sua colpa, in modo che rimanga escluso che egli, pur potendo, non si sia doverosamente adoperato per reperire o migliorare la propria occupazione lavorativa retribuita in maniera confacente alle sue attitudini/capacità;

b) i giudici distrettuali hanno ritenuto che Mevia si trovasse proprio in queste condizioni di colpa, perché si avvaleva ancora di un orario lavorativo parziale con stipendio ridotto, pur avendo conseguito la laurea in scienze politiche nel 2012 e malgrado i tre figli fossero oramai divenuti maggiorenni, e già durante il matrimonio non si era maggiormente proiettata nella realtà lavorativa; c) pertanto la Corte di merito ha negato l'esistenza di una penalizzazione professionale da riequilibrare e che l'appellante potesse porre a carico dell'altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione dello stile di vita matrimoniale.

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