E’ stata pubblicata in G.U. la Legge 31 marzo 2025 n. 47 recante "Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni d’intercettazione"che entra in vigore dal 24 aprile (v.testo allegato).
Lunedi 14 Aprile 2025 |
La nuova Legge, costituita da un unico articolo, inserisce all’art.267,co.3 CPP la seguente prescrizione:
«Le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni, salvo che l'assoluta indispensabilita' delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione».
La Legge, inoltre, introduce nel testo dell'art.13 del D.L.13 maggio 1991,n. 152 una deroga in rapporto ai reati ai quali si applica il regime speciale delle intercettazioni ivi disciplinato.
Per chiarezza, occorre premettere che dal nostro sistema processuale è previsto un duplice regime delle intercettazioni: quello ordinario e quello speciale.
Il regime ordinario, relativo alla generalità dei reati per i quali sono ammesse le intercettazioni, che prevede all’art.267,co.3 CPP. una durata massima delle operazioni di 15 giorni, prorogabili per periodi successivi di 15 giorni.
Il regime speciale, che riguarda alcuni specifici reati di notevole gravità, per cui le intercettazioni assumono un ruolo rilevante ai fini della ricerca della prova.
Per tali reati l’art.13 citato, al secondo comma, fissa la durata massima delle operazioni in 40 giorni, prorogabili per periodi successivi di 20 giorni.
Tuttavia, né il regime ordinario né il regime speciale prevedono oggi un limite massimo di durata delle intercettazioni, limite che la Legge approvata introduce per il solo regime ordinario.
Infine, quando si procede per reati diversi da quelli di cui all'art. 13,la durata complessiva delle operazioni di 45 giorni potrà essere superata solo in caso di "assoluta indispensabilità delle operazioni", che dovrà essere “giustificata” dallo emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di aspre sa motivazione".
I reati soggetti al regime speciale, in relazione ai quali non opera la nuova disciplina ed il limite di durata dei 45 giorni, sono i seguenti :
reati di criminalità organizzata, reati comuni commessi col metodo mafioso o col fine di agevolazione di un’associazione mafiosa (cfr. l'art. 1, comma 1 d.l. n. 105/2023);
delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti;
reati commessi con finalità di terrorismo;
delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione;
minaccia col mezzo del telefono;
reati informatici e contro la inviolabilità dei segreti indicati dall’art. 371 bis, comma 4 bis c.p.p.
i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale (che vanno aggiunti, per effetto del rinvio all'art. 13 d.l. n. 152/1991 operato dall’art. 6, co. 1 del d.lgs. 9 dicembre 2017, n. 216
i delitti contro la libertà individuale previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del C.P. che sono costituiti dalla riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione o accesso a materiale pornografico, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, tratta di persone, traffico di organi umani, acquisto e alienazione di schiavi, caporalato (per effetto di un rinvio all'art. 13 d.l. n. 152/1991 ad opera dell'art.9 Legge 11 agosto 2003, n. 228);
i reati in materia di prostituzione previsti dall'art.3 Legge 20 febbraio 1958, n. 75.
Tuttavia va rilevato che tra essi non sono stati annoverati dalla modifica altri reati gravi quali l’omicidio e i reati in tema di stupefacenti (fuori dai contesti di criminalità organizzata), lo stalking, i maltrattamenti in famiglia, la rapina ed i reati fiscali o finanziari (!!).
Il Legislatore, sebbene consapevole della necessità di includere nella nuova disciplina tali reati, pur di non ritardare l'approvazione della Legge con emendamenti che potevano impedire una sollecita approvazione del provvedimento, con il parere favorevole del Governo, ha scelto di sottoporre ed approvare alla Camera un Ordine del Giorno che impegna l’Esecutivo"ad adottare le opportune iniziative normative al fine di estendere ai delitti di violenza sessuale e di violenza di genere, stalking, revenge porn e pedopornografia il regime della proroga prevista dall'articolo 13 del D.L.152/1991" (v.Ordine del Giorno n. 9/02084/001,On. Bisa Ingrid, seduta del 19.3.2025), unitamente agli altri OdG approvati a margine della Legge stessa, sempre col parere favorevole del Governo, a cui è demandato “valutare interventi che rispetto alle intercettazioni cosiddette indirette prevedano che per l'utilizzabilità come prova debbano concorrere ulteriori elementi di prova che ne confermino l'attendibilità", ma anche "a valutare eventuali interventi normativi volti a garantire la genuinità degli esiti delle intercettazioni ad esclusione di alterazioni ad opera di sistemi di c.d. intelligenza artificiale".
La nuova disciplina, una volta in vigore, sarà applicabile secondo il principio del tempus regit actum anche in relazione a fatti commessi prima della sua introduzione ed, in assenza di una norma transitoria, anche alle operazioni in corso e potrebbe avere notevoli effetti pratici tra cui il mancato ricorso alle stesse quando si procede per reati diversi da quelli ai quali è riferibile il regime in deroga di cui all’art. 13 d.l. n. 152/1991.
La riforma introdotta.ha, comunque, suscitato notevoli discussioni durante il percorso di formazione, con opinioni nettamente contrapposte (v.la disamina di L.Giordano, La riforma della disciplina della proroga delle intercettazioni, in Riv Altalex, Marzo 2025).
Taluni commentatori hanno ravvisato in essa un’ulteriore “stretta” al ricorso ad esse come mezzo di ricerca della prova, criticando l’eccessiva limitazione dei tempi di effettuazione delle operazioni, di gran lunga inferiore rispetto ai termini delle indagini preliminari, il che indebolirebbe la portata dello strumento investigativo e impedirebbe di apprezzare il reale tenore delle captazioni.
Solo se l’intercettazione si protrae per un certo lasso temporale, è possibile apprezzare il significato del linguaggio, spesso criptico, adoperato da coloro che sono ascoltati, cogliendo la reale portata delle espressioni impiegate e l’effettiva natura delle attività svolte dagli interlocutori.
È stato anche osservato che “Sotto il profilo della valutazione di proporzionalità, il diritto alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, garantito dall'art. 15 Cost., sembra già adeguatamente tutelato dalla Legge attraverso....plurimi presupposti e la garanzia del controllo giurisdizionale”(G.L.Gatta, Durata massima delle intercettazioni (45 giorni).Note a caldo sulla Legge Zanettin, in Riv. www.sistemapenale.it,24/3/2025).
In senso totalmente opposto, è stato sostenuto che il nuovo intervento normativo mira soltanto ad assicurare che il mezzo di ricerca della prova sia disposto solo quando è assolutamente indispensabile.
Inoltre, la norma impone che il provvedimento di proroga delle intercettazioni, che incide su un diritto di rilievo costituzionale, sia motivato adeguatamente, in particolare sulla base di elementi specifici e sopravvenuti, perché, se dopo un certo periodo di tempo, il mezzo non ha portato a risultati concreti, non deve essere reiterato (in sostanza, in attesa del compimento di un reato, più che della prova di esso), come si dirà oltre.
Secondo la Dottrina più autorevole (v.L.Gatta, op citata)”Le intercettazioni sono operazioni complesse, sul piano tecnico e investigativo, e un periodo di durata massima limitato a soli 45 giorni risulterà il più delle volte insufficiente, pregiudicando sul nascere l’efficacia del mezzo di ricerca della prova”.
Invero, la nuova Legge prevede la possibilità di superare il limite dei 45 giorni solo quando emergono, in quei 45 giorni, “elementi specifici e concreti” che potrebbero emergere solo il giorno successivo al termine imposto dal Legislatore e, in conseguenza, “In tal caso verrebbe da chiedersi se sia ragionevole non poter intercettare quella comunicazione, o non poterla comunque utiliz zare, quando il termine delle indagini non è ancora spirato e, magari, una proroga è già stata concessa proprio per la complessità delle indagini stesse”, come afferma in maniera condivisibile l’Autore citato.
Altri Autori sostengono che la nuova disciplina introdotta pone dubbi sul piano della coerenza sistematica e della ragionevolezza.
Sul piano sistematico, anzitutto, va precisato che se è vero che la Legge non predetermina (va) un limite massimo di durata delle intercettazioni, è anche vero che tale limite è implicito e desumibile dal limite massimo di durata delle indagini preliminari.
Orbene, i termini di durata massima delle indagini sono stati recentemente modificati dalla riforma Cartabia e sono pari, per i delitti, a 18 mesi o, per alcuni più gravi delitti, a due anni.
La complessità delle indagini diviene criterio sia per determinare il (più lungo) termine di durata massima delle indagini, sia come presupposto per la concessione della proroga delle indagini stesse.
La fissazione di un limite massimo di durata delle intercettazioni ben inferiore rispetto al limite massimo di durata delle indagini preliminari pone problemi dal punto di visto della coerenza del sistema e della ragionevolezza.
Sulla questione si ritiene che, già sotto questo profilo, possano sussistere dubbi di legittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 3 Cost.
Per contro, sotto il profilo della valutazione di proporzionalità, il diritto alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, garantito dall’art. 15 della Cost., sarebbe adeguatamente tutelato dalla nuova Legge attraverso i limiti di durata imposti e la garanzia del controllo giurisdizionale.
E ancora.
La legittimità della nuova Legge dovrà essere valutata anche in relazione ai possibili effetti sul piano della prevenzione e repressione della criminalità e della tutela dei beni giuridici, anche in rapporto agli obblighi internazionali assunti dal Paese.
Secondo la Dottrina, il Legislatore non avrebbe considerato che in non pochi casi esistono obblighi internazionali assunti dal Paese, che possono risultare di fatto non adempiuti per effetto della nuova Legge come nel caso dell’applicazioe della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (art.49,co.2) che obbliga l’Italia a “garantire indagini e procedimenti efficaci nei confronti dei reati oggetto della importante Convenzione”.
Anche in questo caso, potrebbero prospettarsi questioni di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 11 e 117, co. 1 Cost., per l’inadempimento degli obblighi sovranazionali assunti dall’Italia e relativi agli strumenti investigativi e all'efficacia della azione repressiva.
L’art 267,co.3,CPP prevede che il decreto del Pubblico Ministero che dispone le intercettazioni indica le modalità e la durata delle operazioni che non può superare i 15 giorni.
Il GIP, con decreto motivato, può, invero, prorogare la durata delle operazioni per periodi successivi di 15 giorni, soltanto“qualora permangano i presupposti indicati al comma primo della norma”.
La norma, dunque, permette la proroga delle intercettazioni solo previo riscontro della persistenza delle condizioni che le legittimano ma esso deve risultare dal provvedimento di proroga che, pertanto, deve essere “motivato”.
La normativa, pertanto, inserisce nell’oggetto di controllo del Giudice anche il rispetto del termine di durata delle captazioni per assicurare il contenimento nei limiti temporali strettamente necessari l’esecuzione di un’attività di indagine invasiva ed incidente sul diritto alla riservatezza nelle comunicazioni personali.
Va, tuttavia, rilevato che, nella prassi, la motivazione della proroga delle operazioni è notevolmente più sintetica rispetto a quella dell’autorizzazione e tale consuetudine ha trovato l’avallo della giurisprudenza di legittimità.
Secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, infatti, l’obbligo della motivazione del decreto di proroga, dovendo avere ad oggetto la persistente attualità delle condizioni di legittimità del provvedimento genetico del mezzo di ricerca della prova, presenta aspetti di minore specificità e ben può risolversi nel dare atto della constatata plausibilità delle ragioni esposte (Cass. pen., Sez. VI, n. 10686 del 28/1/2003, in CED Cass. n. 225351; Cass. pen., Sez. VI, n. 2114 del 12/9/1996, in CED Cass. n. 206313 - 01).
In particolare, si afferma nelle decisioni che la motivazione dei decreti di proroga può essere ispirata a criteri di minore specificità rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi anche risolvere nel dare atto della plausibilità delle ragioni esposte nella richiesta del pubblico ministero (Cass. pen., Sez. VI, n. 22524 del 1/7/2020, in CED Cass. n. 279564 – 01).
Questo orientamento sembra essere sorto in tema di reati di criminalità organizzata, laddove, per questi reati, l’art 13 del DL 152/1991 prevede che l’autorizzazione allo svolgimento di intercettazioni e la proroga delle stesse presupponga la “necessità” del mezzo di ricerca della prova, oltre che la sussistenza di sufficienti indizi di reato che giustificherebbe una proroga delle intercettazioni ispirata a criteri di minore specificità.
Tale indirizzo, tuttavia, risulta applicato dalla giurisprudenza anche fuori dalle ipotesi in cui si procede per reati di criminalità organizzata.
La Dottrina non ha mancato di criticare tale orientamento poichè, trattandosi di uno strumento incidente sulla libertà di comunicazione, “l’essenza della proroga non può meritare incurvature del diritto alla motivazione” (P. Maggio, V. Virga, Le richieste e i provvedimenti di autorizzazione, in La nuova disciplina delle intercettazioni, Torino,2023,122).
A tal proposito si auspicava già da tempo l’intervento del Legislatore per la fissazione di criteri specifici in relazione alle modalità e alla durata delle operazioni, al fine di consentire al Giudice di controllare la legittimità delle stesse in rapporto al caso concreto, superando un controllo, come quello attuale, di natura strettamente formale (A. Vele, Le intercettazioni nel sistema processuale penale. Tra garanzie e prospettive di riforma, Padova,2011,130).
Anche dopo la Riforma varata, il decreto di proroga deve ancora essere motivato con la permanenza dei presupposti del provvedimento autorizzativo ed. occorre, quindi, che il Giudice motivi il provvedimento di proroga ove permangano la gravità indiziaria di un reato che rientra nell’elenco dell'art 266 CPP e l'assoluta indispensabilità del mezzo di ricerca della prova ai fini della prosecuzione delle indagini.
Tuttavia, dopo la seconda proroga, ossia dopo quarantacinque giorni dall’inizio degli ascolti, la prosecuzione delle operazioni può essere autorizzata solo se giustificata “dall'emergere di elementi specifici e concreti”, come innanzi ricordato. In particolare, nel decreto ammmissivo, il Giudice ha l’obbligo di indicare gli elementi specifici e concreti emersi sia nuovi che ulteriori rispetto a quelli valutati in sede di autorizzazione che giustificano la prosecuzione degli ascolti.
Tali elementi, pertanto, devono essere oggetto di una “espressa motivazione”.
Per autorizzare la prosecuzione degli ascolti dopo la seconda proroga, per la terza proroga, non basta una motivazione minima che si risolva, come era possibile in precedenza, nella mera affermazione della plausibilità delle ragioni esposte nella richiesta del Pubblico Ministero, ma occorre indicare espressamente i nuovi elementi che legittimano la continuazione delle operazioni.
La nuova norma, pertanto, impone necessariamente un ripensamento del precedente orientamento giurisprudenziale innanzi illustrato.
Va, comunque, evidenziato che la nuova disposizione, d’altra parte, si applica solo quando si deve procedere per reati diversi da quelli che non rientrano nell’area operativa dell’art.13 già citato, poiché, in questo caso, la proroga presuppone che l’intercettazione sia “necessaria per lo svolgimento delle indagini” e che sussistano “sufficienti indizi” in relazione ad un delitto di criminalità organizzata.
Il concetto di concretezza degli elementi che possono giustificare la proroga induce ad escludere il rilievo di fatti che hanno carattere meramente congetturale od ipotetico.
Più difficile è cogliere il significato da attribuirsi alla specificità degli stessi, ancorché sembra corretto ritenere che tale attributo vada colto dalla relazione sussistente tra l’elemento emerso e l’ipotesi delittuosa che giustifica il ricorso al mezzo di ricerca della prova, posto che i nuovi elementi non debbano necessariamente risultare dagli esiti delle precedenti intercettazioni, potendo provenire anche da altri mezzi investigativi in atto( v.Giordano, op, citata)
Per concludere, va sottolineato che la nuova normativa, considerato che, sul piano numerico, la maggior parte dei decreti di intercettazioni sono emessi in procedimenti relativi a reati che rientrano nella disciplina della criminalità organizzata, la nuova norma potrebbe avere una limitata area operativa.
Nondimeno, l’impatto sull’efficacia delle indagini della disposizione introdotta ed innanzi illustrata potrebbe non essere trascurabile, soprattutto sulle inchieste che concernono reati particolarmente gravi come l’omicidio, qualora non maturato nell’ambito della criminalità organizzata, o il traffico di stupefacenti, ove commesso al di fuori di contesti associativi.
Va anche segnalato che, approvando la nuova norma, la Camera ha votato un Ordine del Giorno che preannuncia un ulteriore allargamento dell’area operativa dell’art. 13 cit., dal momento che impegna il Governo "ad adottare le opportune iniziative normative al fine di estendere ai delitti di violenza sessuale e di violenza di genere, stalking, revenge porn, e pedopornografia”, come innanzi ricordato.
La Legge muove indubbiamente da fondate ragioni garantiste ma sembra non considerare che il sistema già oggi limita fortemente il ricorso alle intercettazioni e prevede plurime garanzie per chi vi è sottoposto.
Va pure ricordato che, nel regime ordinario, le intercettazioni sono ammesse :
In prevalenza per reati di una certa gravità (di norma, quelli per i quali è prevista la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni);
in presenza di gravi indizi di reato;
quando sono assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini;
entro il limite massimo della durata delle indagini stabilito dalla Legge, pena la sanzione della inutilizzabilità delle stesse.
che costituiscono veri limiti della normativa in materia che occorre superare se si vuole utilizzare appieno tale strumento per la ricerca delle prove e della verità.
Così come formulata, la Legge appare, quindi, fortemente orientata a garantire ulteriormente l’indagato e, su un piano di bilanciamento di interessi contrapposti, finisce per sacrificare quello dell’accertamento di diversi reati, posti a tutela di svariati beni giuridici, individuali e collettivi e, comunque, commessi in danno delle Vittime ma esclusi dal testo approvato, come innanzi ricordato, e per i quali occorre che il Governo intervenga con sollecitudine anche in base agli impegni assunti con gli Ordini del Giorno approvati dalla Camera.