Lite tra avvocato e cliente per il compenso: no negoziazione assistita, sì mediazione

Per l'avvocato non sempre la negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda contro il cliente per il recupero del compenso.
Mercoledi 11 Novembre 2015

Il Tribunale di Milano, con l'ordinanza del 14/10/2015, si pronuncia in merito alla necessarietà o meno dell'invito alla negoziazione assistita nell'ambito di una controversia tra avvocato e cliente per il pagamento degli onorari, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Nella fattispecie, l'avv. M. propone ricorso ex art. 14 d.lgs. 150/2011 contro un cliente, allegando l’intercorso rapporto fiduciario, in virtù di regolare contratto di patrocinio, e deduce l’inadempimento del cliente all’obbligo del pagamento degli onorari, pari a complessivi euro 4.806,50.

Il tribunale procede d'ufficio ad esaminare la questione relativa alla improcedibilità della domanda attorea, instaurata secondo le norme del rito sommario di cognizione, ex artt. 702-bis e ss c.p.c., e conclude che nel caso in esame:

a) in primis non si versa nelle ipotesi di cui all’art. 3, comma III, lett. C del D.L. 132/2014

b) è parimenti escluso che si tratti di lite concernente obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (non si versa, dunque, nelle ipotesi di cui all’art. 3, comma I del D.L.)

c) la pretesa creditoria non è stata esercitata mediante procedimento monitorio (non si versa, dunque, nelle ipotesi di cui all’art. 3, comma III, lett. A del decreto).

Premesso quanto sopra, il tribunale di Milano richiama l'art. 3 comma I d.l. 132 del 2014, che dispone che «chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro» deve, tramite il suo avvocato, «invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita».

Anche la lite odierna, pertanto, dovrebbe ritenersi compresa nel fascio applicativo della disposizione cennata, ma il Tribunale di Milano giunge a diversa conclusione: infatti, ai sensi dell’art. 3 comma VII d.l. 132/2014 la disposizione sulla improcedibilità «non si applica quando la parte può stare in giudizio personalmente».

In tal senso il Tribunale aderisce all’orientamento già emerso nella giurisprudenza di merito, per il quale «la pretesa creditoria che rimanga contenuta nei limiti di 50.000 euro richiede, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il preventivo tentativo di negoziazione assistita, salvo si tratti di controversia riconducibile alla categoria di quelle per le quali le parti possono stare in giudizio personalmente.”

Nella fattispecie, il legale per recuperare il suo credito si è avvalso della procedura speciale di cui all’art.14 d. lgs.150/2011 ove, al comma III, è espressamente previsto che «nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente».

La domanda, quindi, per i motivi sopra indicati, è da ritenersi procedibile.

Il Tribunale, però, va oltre, ed esamina d'ufficio la questione del frazionamento del credito unitario posto in essere dal legale: infatti, risulta che pendono dinanzi all'intestato ufficio, due distinte azioni promosse dal legale contro il medesimo cliente: uno per per un credito nascente dal patrocinio reso nel 2007 e l'altro per un credito nascente dal patrocinio reso nel 2011.

A questo proposito, quindi, il tribunale di Milano svolge alcune considerazioni:

  1. la scissione strumentale del contenuto dell’obbligazione unitaria si pone in contrasto con il principio di buona fede e con il principio di ragionevole durata del processo;

  2. secondo il prevalente orientamento di legittimità, non è consentita al creditore la parcellizzazione in plurime e distinte domande dell’azione giudiziaria per l’adempimento di una obbligazione pecuniaria (in tal senso v.d. Cass. Civ. Sezioni Unite sentenza 15 novembre 2007 n. 23726), prospettandosi, quindi, come conseguenza o la improponibilità delle domande o sanzioni mediante la pronuncia sulle spese (sul punto vi sono due diversi orientamenti).

  3. la lite concerne un pregresso rapporto negoziale intercorso tra attore e convenuto, avente natura fiduciaria (avvocato e cliente) e pertanto si tratta di litiganti in precedenza vincolati da una relazione giuridica che può rappresentare un elemento di favore per una trattativa conciliativa.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ritiene di invitare le parti a procedere a un tentativo di mediazione civile per la composizione amichevole della controversia, ex L. 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69), che ha previsto la possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (c.d. mediazione d'ufficio).

Peraltro, prosegue il Collegio, il fascio applicativo della previsione in esame prescinde dalla natura della controversia (e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria) e per l’effetto, può ben ricadere anche su un controversia quale quella in esame, avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto.

Testo dell'ordinanza

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