Il licenziamento per giusta causa del coniuge bisognoso non fa venir meno il diritto all'assegno divorzile

A cura della Redazione.

Nell'ordinanza n. 37577/2022 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito al diritto della ex moglie di di percepire l'assegno divorzile, nella sua componente assistenziale, anche nel caso in cui ella sia stata licenziata per giusta causa per aver commesso dei reati.

Martedi 3 Gennaio 2023

Il caso: Il Tribunale di Firenze, adito in sede di modifica delle condizioni di divorzio, poneva a carico di Tizio l'assegno divorzile (non previsto nella sentenza di divorzio del 2007) dell'importo di Euro 300,00 in favore della ex moglie, Caia; la Corte d'Appello di Firenze rigettava il reclamo principale proposto da Tizio e, in accoglimento del reclamo incidentale proposto da Caia, aumentava lo stesso assegno all'importo di Euro 450,00 mensili.

In particolare, Caia aveva richiesto l'assegno divorzile a carico dell'ex coniuge in quanto disoccupata, essendo stata licenziata in tronco dalla Redazione del quotidiano ove lavorava come impiegata per vari comportamenti illeciti, integranti gli estremi di reato, per i quali era stata pronunciata sentenza di condanna penale per aver usufruito di 56 giorni di malattia non dovuta per certificati medici falsi ed aver utilizzato il tesserino dell'ex marito - giornalista - per assistere gratis a partite di volley.

Le argomentazioni della Corte distrettuale erano le seguenti:

a) Caia era invalida civile al 60% (avendo certificazione di portatore di handicap ex articolo 104/92), e non disponeva di alcun reddito, ne', in ragione dell'eta' (57 anni), poteva ritenersi che la stessa potesse reperire un lavoro, nonostante fosse iscritta alle liste di disoccupazione;

b) si era dunque verificata quella modifica della situazione di fatto che legittimava la richiesta di Caia; ne' poteva, peraltro equipararsi, come invece invocato da Tizio, la perdita del lavoro causata dai comportamenti costituenti reato alla volontaria cessazione del rapporto di lavoro, atteso che la ex moglie aveva voluto la condotta delittuosa, ma non le sue conseguenze, ovvero il licenziamento disciplinare.

Tizio ricorre in Cassazione, deducendo che:

- la condotta delittuosa e volontaria (dolosa) di Caia, idonea a farle subire un licenziamento disciplinare, come conseguenza immediata e diretta del reato compiuto in danno del datore di lavoro, deve essere definita come ipotesi ostativa all'insorgenza del diritto a percepire l'assegno divorzile, dovendo tale situazione essere equiparata all'abbandono volontario dal lavoro, situazione in cui la Corte (Cass. n. 26594/2019) ha ritenuto l'insussistenza del diritto all'assegno di divorzio;

- la situazione nuova e sopravvenuta idonea a modificare l'originario assetto reddituale e patrimoniale degli ex coniugi non deve dipendere da una condotta colposa (e, maggior ragione, come nel caso di specie, dolosa) dell'ex coniuge richiedente.

Per la Cassazione le censure sono infondate e nel rigettare il ricorso osserva quanto segue:

a) le Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018, nell'affermare che l'assegno di divorzio ha (in pari misura) anche natura compensativa e perequativa, ne ha comunque ribadito la funzione assistenziale, richiedendosi, a tal fine, l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi e l'impossibilita' di procurarseli per ragioni oggettive;

b) è pur vero che nella sentenza sopra citata da Tizio la Corte aveva condiviso l'impostazione della Corte d'Appello di non riconoscere al coniuge richiedente l'assegno divorzile perche' l'impossibilita' di procurarsi i mezzi adeguati, in quel caso, non dipendeva da incapacita' lavorativa, ma dalla "libera scelta" del coniuge di abbandonare l'occupazione lavorativa;

c) l'ordinanza n. 26954/2019, citata dal ricorrente, nel riportare la motivazione della Corte d'Appello, aveva evidenziato che il giudice di merito aveva accertato che la ex moglie, "era ancora in giovane eta' e aveva dimostrato piena capacita' di lavorativa": ne consegue che il mancato riconoscimento del diritto all'assegno non e' stato considerato dalla Corte come una sorta di "sanzione" per il coniuge debole che si e' posto volontariamente in una situazione di difficolta' economica, ma sempre legata all'insussistenza dell'oggettiva impossibilita' di procurarsi i mezzi adeguati (che, dunque, non e' configurabile per il coniuge che ha piena capacita' lavorativa);

d) nel caso di specie, invece, e' proprio una "sanzione" quella che invoca il ricorrente ai danni della ex moglie: pur non contestandosi che quest'ultima si trovi nell'impossibilita' di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive, il solo fatto che la situazione di difficolta' economica in cui la stessa attualmente versa sia dipesa da una sua condotta volontaria (addirittura dolosa) comporterebbe, a suo dire, la perdita del diritto di usufruire della solidarieta' dell'ex coniuge (principio cui e' ispirato il riconoscimento dell'assegno divorzile).

Decisione: rigetto del ricorso e condanna alle spese processuali.

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