Fallimento datore di lavoro: le buste paga provano il credito del lavoratore se munite di firma, sigla o timbro

Con l’ordinanza n. 74/2021, pubblicata il 7 gennaio 2021, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione relativa all’efficacia probatoria delle buste paga ai fini dell’ammissione del lavoratore di una società fallita al passivo del fallimento di quest’ultima.

Mercoledi 13 Gennaio 2021

IL CASO: A seguito dell’intervenuto fallimento del proprio datore di lavoro, un lavoratore depositava istanza di ammissione al passivo chiedendo il riconoscimento del suo credito a titolo di trattamento di fine rapporto e per le ultime tre mensilità.

L’istanza veniva rigettata in sede di verifica dello stato passivo e avverso il provvedimento di rigetto il lavoratore proponeva opposizione ai sensi dell’art. 98 della legge fallimentare.

Anche l’opposizione veniva rigettata dal Tribunale, il quale riteneva non provata la domanda in quanto le buste paga prodotte dal lavoratore non erano state sottoscritte dalla società fallita e, pertanto, erano inopponibili al fallimento, in assenza di data certa in violazione della legge n. 4 del 1953, art. 1, nell’inapplicabilità dell’art. 2735 c.c. e nella loro inopponibilità, in assenza di data certa, al curatore avente qualità di terzo in sede di accertamento dello stato passivo. Secondo il Tribunale non era stata neanche fornita idonea prova circa l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e né la prova testimoniale esperita era stata sufficiente a fornire la suddetta prova.

La vertenza, giungeva così in Cassazione, a seguito del ricorso promosso dal lavoratore, rimasto soccombente, avverso il decreto di rigetto del Tribunale.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione nel ribadire il principio generale di terzietà del curatore in sede di accertamento dello stato passivo ed evidenziando che l’inopponibilità riguarda la data della scrittura prodotta ma non il negozio “sicché, esso e la sua stipulazione in data anteriore al fallimento possono essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall’ordinamento, salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio”, ha ritenuto il ricorso infondato e nel rigettarlo ha osservato che il Tribunale aveva correttamente applicato i principi in materia di efficacia probatoria delle buste paga rilasciate dal datore di lavoro in merito al credito retributivo insinuato dal lavoratore allo stato passivo del fallimento secondo il quale esse sono pienamente valide ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del suo timbro del datore di lavoro, ferma restando, tuttavia, la facoltà della curatela fallimentare di contestarne le risultanze con altri mezzi di prova, ovvero con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.

Allegato:

Pagina generata in 0.086 secondi