Esecuzione forzata tributaria: ammissibili le opposizioni ex art 615 cpc

Da oggi in poi il contribuente che subisce un pignoramento presso terzi dall’Agente della Riscossione è più tutelato. 

Martedi 5 Giugno 2018

Infatti, con la sentenza nr. 114 del 31 maggio 2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dall’art. 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile”.

Prima della decisione della Corte Costituzionale, nel caso in cui l’Agente della Riscossione, al fine di recuperare il credito nei confronti di un contribuente derivante dal mancato pagamento di una cartella esattoriale da parte di quest’ultimo, procedeva con il pignoramento presso terzi, il contribuente, ai sensi dell’articolo 57 del d.p.r n. 602 del 1973 , non poteva proporre, avverso il suddetto pignoramento, :

  1. le opposizioni ex art. 615 c.p.c, ad eccezione di quelle relative alla pignorabilità dei beni;

  2. le opposizioni ex art. 617 c.p.c., relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

La decisione dei giudici costituzionali nasce da alcune ordinanze emesse dal Tribunale di Trieste e dal Tribunale di Sulmona.

La Corte Costituzionale ha :

  1. ritenuto opportuno trattare in modo congiunto le questioni di legittimità costituzionale, sollevate da entrambi i Tribunali disponendo la riunione dei giudizi;

  2. dichiarato inammissibili le ordinanze del Tribunale di Sulmona, mentre ha dichiarato ammissibile le questioni sollevate con le ordinanze del Tribunale di Trieste. In particolare, i giudici costituzionali hanno ritenuto fondate, nel merito, le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 24 e 113 Cost. e che investono l’art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, segnatamente il suo comma 1, lettera a).

Secondo i Giudici della Consulta:

  1. Il quadro normativo è mutato con la nuova disciplina del contenzioso tributario (decreto legislativo n. 546 del 1992) e con il riordino della disciplina della riscossione mediante ruoli (decreto legislativo n. 46 del 1999 n. 46), estesa a tutte le entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici in termini di maggior tutela per il contribuente assoggettato ad esecuzione coattiva, seppur con una circoscritta carenza sulla quale sono state espresse le censure dei giudici rimettenti;

  2. Infatti l’art. 57, come sostituito dall’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 46 del 1999, n. 46, disciplina attualmente l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi nel regime della riscossione delle imposte sul reddito, come già faceva in passato l’art. 54 del medesimo d.P.R. nella sua originaria formulazione, in vigore fino al riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo di cui al citato d.lgs. n. 46 del 1999.

  3. L’opposizione all’esecuzione o quella agli atti esecutivi nel procedimento di riscossione coattiva è disciplinata dal censurato art. 57, nella formulazione sostituita dall’art. 16 d.lgs. n. 46 del 1999, in termini ben diversi da quelli dell’originario art. 54, che le precludeva del tutto;

  4. Non è però stata prevista una loro generale ammissibilità secondo le regole ordinarie del codice di rito; anzi l’incipit dell’art. 57 conserva ancora la formulazione al negativo, in termini di inammissibilità dell’opposizione. Infatti, come già detto, la disposizione attualmente censurata prevede al primo comma: «Non sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall’articolo 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; b) le opposizioni regolate dall’articolo 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo»;

  5. L’apertura alle opposizioni agli atti esecutivi – quelle relative alla regolarità formale degli atti della procedura di riscossione – è in realtà piena nel senso che sono tutte ammesse con la sola eccezione delle opposizioni che riguardano la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo. Ma non è questa una deroga limitativa della tutela giurisdizionale perché queste ultime opposizioni sono attratte alla giurisdizione del giudice tributario. Quindi la tutela del contribuente c’è in ogni caso, senza che le regole di riparto della giurisdizione possano significare alcuna soluzione di continuità della garanzia giurisdizionale nel rispetto dei parametri evocati dal giudice rimettente (artt. 24 e 113 Cost.);

  6. Lo stesso, però, non può affermarsi, in ogni caso, per le opposizioni all’esecuzione, ossia per quelle che vedono il contribuente contestare il diritto dell’agente della riscossione a procedere ad esecuzione forzata, giacché l’art. 57 ammette solo le opposizioni che attengono alla pignorabilità dei beni, ma esclude tutte le altre. Ed è su questa testuale esclusione che si appuntano le censure di illegittimità costituzionale mosse dal giudice rimettente;

  7. La censurata disposizione dell’art. 57, comma 1, lettera a), esprime anche un’altra norma: l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ. è inammissibile non solo nell’ipotesi in cui la tutela invocata dal contribuente, che contesti il diritto di procedere a riscossione esattoriale, ricada nella giurisdizione del giudice tributario e la tutela stessa sia attivabile con il ricorso ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma anche allorché la giurisdizione del giudice tributario non sia invece affatto configurabile e non venga in rilievo perché si è a valle dell’area di quest’ultima. Il dato letterale della disposizione censurata non consente di ritenere che l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione sia sancita solo nella prima ipotesi e non anche nell’altra.

Pertanto, concludono i Giudici Costituzionali, “laddove la censura della parte assoggettata a riscossione esattoriale non radichi una controversia devoluta alla giurisdizione del giudice tributario e quindi sussista la giurisdizione del giudice ordinario ‒ l’impossibilità di far valere innanzi al giudice dell’esecuzione l’illegittimità della riscossione mediante opposizione all’esecuzione, essendo ammessa soltanto l’opposizione con cui il contribuente contesti la mera regolarità formale del titolo esecutivo o degli atti della procedura e non anche quella con cui egli contesti il diritto di procedere alla riscossione, confligge frontalmente con il diritto alla tutela giurisdizionale riconosciuto in generale dall’art. 24 Cost. e nei confronti della pubblica amministrazione dall’art. 113 Cost., dovendo essere assicurata in ogni caso una risposta di giustizia a chi si oppone alla riscossione coattiva”.

Calcolo termini procedure esecutive

Allegato:

Corte Costituzionale , Sentenza n. 114 del 31/05/2018

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