Errata indicazione del cognome del destinatario della notifica di un atto: conseguenze

Con l’ordinanza 27607/2020, pubblicata il 3 dicembre 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulle conseguenze derivanti dall’errore nella trascrizione del nome del destinatario nella relazione di notifica di un atto giudiziario.

Venerdi 18 Dicembre 2020

IL CASO: nella vicenda esaminata una debitrice proponeva opposizione agli atti esecutivi ai sensi del secondo comma dell’art. 617 c.p.c. deducendo la nullità del titolo esecutivo, rappresentato da un decreto ingiuntivo, per il mancato perfezionamento della sua notifica che era stata eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. per l’erronea indicazione del suo cognome.

L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale. Avverso la decisione di quest’ultimo la debitrice interponeva ricorso per cassazione, deducendo, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione degli articoli 617 e 140 c.p.c. per aver il giudice di merito ritenuto erroneamente perfezionata la notifica del decreto ingiuntivo nonostante l’errata indicazione del suo cognome nella raccomandata con ricevuta di ritorno.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione la quale nel rigettarlo, dopo averlo considerato inadeguatamente formulato e, comunque, dopo aver ritenuto raggiunto lo scopo dell’atto, ha ribadito il principio di diritto più volte affermato in altri arresti giurisprudenziali secondo il quale “l'errore sulle generalità del destinatario di un atto è causa di nullità della notificazione solo nel caso in cui sia tale da determinare incertezza assoluta sulla persona cui la notificazione è diretta” (Cass. 22-1-2004 n. 1079; Cass. 8-10-2001 n. 12325; Cass. 19-3- 2014 n. 6352), cosa che nel caso esaminato, non era avvenuto o non era possibile cogliere dalle allegazioni del ricorrente e che gli altri atti (quali l'indicazione della via e del numero civico) risultavano esatti.

Comunque, hanno concluso gli Ermellini, nella fattispecie esaminata è stato lo stesso ricorrente ad ammettere che la questione era stata sollevata con l'opposizione tardiva al monitorio e si doleva del fatto che il giudice avrebbe comunque pronunciato su di essa. Di conseguenza, il motivo di impugnazione non ha ragione di essere, ossia il ricorrente difetta di un idoneo interesse a proporlo, in quanto il vizio dell'indicazione del cognome è risultato del tutto ininfluente.

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