Divorzio: l'onere della prova a carico del coniuge richiedente l'assegno

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 26389/2021 torna ad occuparsi dei ciriteri e dei parametri che devono presiedere all'ccertamento ed alla quantificazione dell'assegno di divorzio.

Lunedi 4 Ottobre 2021

Il caso: Il Tribunale di Salerno, dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, contratto da Tizio e Caia, assegnava la casa coniugale a quest'ultima ed ha poneva a carico del coniuge Tizio l'obbligo di corrispondere direttamente ai figli maggiorenni non economicamente autosufficienti l'assegno di 1000,00 euro ciascuno e, da ultimo, determinava in euro 1400,00 l'assegno divorzile in favore dell'ex moglie.

Tizio appellava la suddetta sentenza: la Corte distrettuale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosciuta la natura assistenziale dell'assegno divorzile e la necessità di tenere in considerazione tutti i criteri indicati dal disposto normativo per la quantificazione dell'assegno, diminuiva la somma dell'assegno in euro 900,00, rilevando che:

a) Caia non aveva assolto all'onere probatorio relativo alla mancanza di sufficienti risorse economiche e dell'impossibilità di procurarsele;

b) la stessa è laureata in fisioterapia, godeva di un buono stato di salute e, nonostante l'età raggiunta di 61anni, poteva svolgere attività di fisioterapista anche privatamente avendone conseguito la professionalità;

c) Caia, quale fisioterapista, poteva in concreto conseguire risorse economiche che, sommate a quelle dell'assegno divorzile di euro 900.00, le potevano consentire di godere di un'esistenza dignitosa ed adeguata, tenuto conto:

-  della lunga durata del matrimonio,

- della contribuzione della stessa al successo professionale del marito ed alla formazione del cospicuo patrimonio immobiliare,

- dell'agiato tenore di vita vissuto dalla famiglia nel suo complesso durante la convivenza matrimoniale ed avuto riguardo alla posizione economica del marito come emergente dagli atti di causa.

Caia ricorre in Cassazione, lamentando che la Corte distrettuale aveva erroneamente attribuito all'assegno divorzile una mera funzione assistenziale e non anche perequativo-compensativa, riducendone impropriamente il quantum rispetto a quanto statuito dal primo giudice.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso, riconosce la correttezza della sentenza impugnata:

a) il giudice di appello ha espressamente riconosciuto la necessità di integrare il criterio dell'autosufficienza economica con icriteri previsti dall'art. 5 della L. cit.: in particolare il provvedimento impugnato si è fondato, non su una mera equiparazione economica dei patrimoni dei due coniugi, bensì su una pluralità di fattori quali

- l'assegnazione a Caia della casa familiare (ed il conseguente esonero di spesa per la locazione e per la gestione della casa),

- la capacità della medesima di svolgere attività lavorativa quale fisioterapista,

- la lunga durata delmatrimonio,

- la contribuzione della ricorrente al successo professionale del marito ed alla formazione del cospicuo patrimonio immobiliare,

- l'agiato tenore di vita vissuto dalla famiglia nel suo complesso durantela convivenza matrimoniale e la posizione economica e professionaledel marito;

b) nel caso specifico, il difetto probatorio rilevato nel giudizio di appello, concernente la mancata prova da parte della ricorrente della carenza di risorse economiche e dell'impossibilità di procurarsele, non può ritenersi superato dalla presente censura, ove si richiama una generica impossibilità di reinserimento nel mondo del lavoro ed un altrettanto generico apporto dato alla cura della casa e dei figli, nonché alla crescita professionale del marito; circostanze, queste,non supportate da alcun elemento concreto atto a scalfire la ratio del provvedimento impugnato.

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