Ha diritto all'assegno di divorzio il marito che ha aiutato la ex moglie a laurearsi

Con l'ordinanza n. 10016/2023 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei presupposti in presenza dei quali è riconosciuto all'ex coniuge il diritto a percepire l'assegno di divorzio, in particolare nell'ipotesi in cui, pur mantenendo la stessa posizione lavorativa, abbia aiutato economicamente l'altro coniuge a laurearsi.

Mercoledi 17 Maggio 2023

Il caso: la Corte di appello di Ancona accoglieva parzialmente l'appello di Mevia riducendo parzialmente l'assegno divorzile in favore di Tizio ad Euro 200,00 mensili: per la Corte sussistevano le condizioni per l'erogazione dell'assegno divorzile:

a) nei primi anni di matrimonio il contributo dato dall'appellato Tizio ai fini del soddisfacimento delle esigenze familiari era stato significativo: infatti l'appellante non aveva completato il percorso di studi e non disponeva di risorse economiche per il proprio mantenimento e di quelle della figlia e anche successivamente, quantunque Mevia avesse cominciato a percepire una borsa di studio, si era rivelato necessario il contributo economico del marito al fine di proseguire il percorso di studi iniziato tenuto conto che le somme dalla stessa percepite non erano rilevanti e che l'attivita' professionale avviata aveva comportato diversi esborsi;

b) l'emolumento invocato da Tizio non poteva escludersi sulla base del fatto che l'appellato non aveva operato alcun sacrificio delle proprie aspettative lavorative e reddituali sottolineando che il criterio compensativo richiede di valutare gli effetti e le conseguenze delle scelte operate dai coniugi durante il matrimonio e quindi di tenere in considerazione non solo eventuali occasioni di lavoro mancate ma anche di apprezzare i vantaggi ottenuti da un coniuge ricollegabili al contributo fornito dall'altro;

c) Tizio, pur continuando a svolgere la medesima attivita' lavorativa, aveva nel corso degli anni messo a disposizione dell'ex moglie, nei limiti delle proprie disponibilita', quanto alla stessa necessario per proseguire negli studi universitari e per migliorare la sua formazione favorendo cosi' l'inserimento della stessa nel mondo del lavoro che, successivamente le aveva permesso di raggiungere l'attuale stabilita' lavorativa.

Mevia ricorre in Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5 comma 6 in relazione all'articolo 360 comma 1 nr 3 c.p.c. per non avere la Corte di appello fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alle modalita' di riconoscimento dell'apporto fornito dal coniuge richiedente durante la vita coniugale, alla formazione del patrimonio familiare, nonche' all'attivita' professionale dell'altro coniuge, con conseguenti sacrifici e rinunce.

Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile: sul punto rileva che:

1) la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5 quale interpretato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287/2018, che ne ha chiarito il contenuto, con riferimento ai dati normativi gia' esistenti;

2) la decisione impugnata si e' infatti incentrata sull'adeguata valutazione dell'apporto effettivo e del ruolo endofamiliare di Tizio in costanza di matrimonio, nonche', previa comparazione con la situazione dell'ex moglie, sulla riconducibilita' alle dinamiche familiari, ed al sacrificio professionale conseguitone, del rilevante squilibrio economico tra le condizioni patrimoniali e reddituali degli ex coniugi, accertato in fatto allo sciogliersi del vincolo di coniugio.

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