La devianza minorile continua a preoccupare

Dott.ssa Claudia Trani.

La criminalità giovanile rappresenta un fenomeno sociale di rilevante interesse, la cui presenza è documentata da lungo tempo all'interno del tessuto socio-culturale.

Venerdi 22 Agosto 2025

Fin dagli inizi del XX secolo, essa è stata oggetto di analisi e approfondimenti da parte della dottrina sociologica e criminologica, la quale ha sviluppato, nel tempo, una pluralità di teorie volte a definirne le caratteristiche, le cause e le dinamiche evolutive.

Quali sono i fattori che influiscono sul comportamento criminale dei giovani?

Secondo la teoria dell’associazione differenziale di E. Sutherland, la condotta violenta giovanile è frutto di apprendimento sociale mediante interazione con soggetti già dediti al crimine, escludendone l’origine genetica.

Secondo la teoria dell’anomia di R.K. Merton, la devianza giovanile deriva dalla discrepanza tra gli obiettivi socialmente desiderati e i mezzi legittimi a disposizione per ottenerli, con conseguente probabile ricorso ad agiti illeciti.

Secondo A. Cohen, R. Cloward e L. Ohlin, nei soggetti giovanili già socialmente emarginati, l’attività criminosa assume funzione identitaria e costituisce criterio di riconoscimento all’interno del gruppo di appartenenza.

Lo studioso statunitense T.Hirschi ha evidenziato come la presenza di legami forti e stabili in ambito familiare, scolastico e sociale rappresenti un fattore determi nante nella prevenzione della devianza giovanile.

Sul finire del XX secolo, si afferma inoltre la teoria delle 'finestre rotte', sviluppata da J.Q. Wilson e G. Kelling, secondo cui il degrado e il disordine urbano esercitano un’influenza negativa sui comportamenti, in particolare tra gli adolescenti. Secondo tale impostazione, un intervento tempestivo sui primi segnali di disorganizzazione ambientale può contribuire in modo significativo a contenere i fenomeni di violenza giovanile (Fonte: trattati di criminologia contemporanea).

Cosa sta succedendo in Italia sul tema della devianza giovanile e come si sta tentando di reagire?

Con il mutare della realtà socio-geopolitica contemporanea, si sono affermate nuove teorie interpretative, volte ad analizzare una società sempre più articolata e complessa, caratterizzata dall’intreccio tra gruppi etnici, culture, stili di vita e religioni differenti.

Tale pluralismo, sebbene potenzialmente arricchente, non sempre evolve verso una convivenza pacifica, generando talvolta tensioni, conflitti identitari e fenomeni di esclusione sociale

A seguito della maggiore attenzione prestata al problema, nel giugno 2024, il centro di ricerca TRANSCRIME di Milano, ha pubblicato lo studio intitolato 'Le traiettorie della devianza giovanile', basato sull’analisi dei dati forniti dall’Ufficio dei Servizi Sociali per i Minorenni (USSM), in collaborazione con il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità (DGMC).

Il lavoro ha offerto una lettura approfondita dei percorsi che conducono i minori verso comportamenti devianti, evidenziando fattori di rischio, contesti sociali di provenienza e modalità di intervento istituzionale.

Gli studiosi, avvalendosi delle statistiche ufficiali fornite dalle due istituzioni, hanno analizzato un campione di 100 minori presi in carico dall’USSM di Milano, in quanto autori di reati penali commessi nei bienni 2015/2016 e 2022/2023.

La complessità dell’analisi emersa dai dati, ha reso necessario il coinvolgimento della Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, al fine di approfondire gli aspetti psicosociali e comportamentali legati ai percorsi di devianza giovanile.

Dal confronto tra i due periodi analizzati, non si rileva un incremento quantitativo dei reati commessi dai minori, bensì una variazione qualitativa delle condotte delittuose.

In particolare, si registra un aumento dei reati connotati da maggiore violenza, quali rapine e lesioni personali, a fronte di una diminuzione di quelli legati al furto e allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Nell’oltre 50% dei casi analizzati, il reato risulta essere il primo episodio delittuoso e viene commesso prima del compimento del quindicesimo anno di età. Si evidenzia, inoltre, un incremento delle condizioni di disagio psicologico e sociale, spesso manifestate attraverso agiti violenti, condotte autolesive e tentativi di suicidio, con particolare incidenza nei contesti familiari conflittuali.

È particolarmente significativo rilevare come, nel campione di minori esaminato per il biennio 2022/2023, la maggior parte dei soggetti non presenti condizioni evidenti di disagio socio-economico; nella maggioranza dei casi i giovani vivono in famiglia, con la presenza di entrambi i genitori.

Nello stesso biennio si è tuttavia registrato un incremento nell’uso di sostanze stupefacenti tra i giovani, di nazionalità e condizione economica diverse.

Inoltre, in circa due terzi dei casi analizzati, le condotte illecite non sono state poste in essere in forma isolata, ma commesse in concorso con altri soggetti, evidenziando una dimensione gruppale della devianza.

Dallo studio emerge, tuttavia, che la quasi totalità dei giovani autori di reato aveva manifestato, in epoca antecedente alla commissione del fatto, segnali di disagio, quali difficoltà scolastiche, problemi comportamentali, scarsa resa e frequenti episodi di assenteismo.

Gli studiosi che hanno elaborato i dati sopra menzionati precisano che non sarebbe corretto generalizzarne i risultati all’intero territorio nazionale.

Tuttavia, essi forniscono una panoramica utile delle caratteristiche della devianza minorile, idonea a orientare le istituzioni verso strategie di prevenzione efficaci mediante interventi mirati.

Nel settembre 2023, il Governo italiano ha adottato il D.L. n.123, noto come Decreto Caivano, quale misura di risposta ad una serie di gravi episodi di criminalità giovanile verificatisi nel comune di Caivano, in provincia di Napoli.

Il Decreto-Legge n. 123/2023 persegue, quale obiettivo principale, il contrasto alla devianza minorile, rafforzando, al contempo, gli strumenti di prevenzione attraverso interventi volti a incidere sulle situazioni di disagio sociale.

Tra le principali novità introdotte, si segnala l’abbassamento a 14 anni dell’età minima per l’applicazione di alcune misure restrittive nei confronti dei minori responsabili di reati gravi, quali rapina, spaccio di sostanze stupefacenti e violenza sessuale.

È stato altresì potenziato l’obbligo di frequenza scolastica, prevedendo, nei casi in cui ciò risulti necessario, il coinvolgimento diretto dei genitori, con l’introduzione di una specifica sanzione penale in caso di inadempienza.

Il Giudice minorile può inoltre disporre l’inserimento del minore in percorsi di recupero educativo e formativo; nei casi di gravi carenze educative, è previsto l’affidamento del minore ai servizi sociali competenti.

Tali misure mirano a fronteggiare le criticità già evidenziate nello studio condotto da Transcrime, sebbene quest’ultimo sia circoscritto al contesto territoriale della città di Milano.

Il Decreto Caivano non ha suscitato solo consensi, ma ha anche sollevato critiche da parte di coloro che vi ravvisano un eccesso di repressione nei confronti dei minori, evidenziando il rischio di una ‘sovrapunizione’.

Tali posizioni critiche sottolineano, inoltre, l’inefficacia di un approccio esclusivamente repressivo se non accompagnato da adeguati investimenti nei settori della istruzione, del welfare e del sostegno alle famiglie

Secondo quanto riportato dal sito istituzionale del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (Fonte:www.garantedetenutilazio.it), in Italia, nel periodo compreso tra dicembre 2019 e giugno 2023, i numeri relativi alla detenzione minorile sono rimasti pressoché stabili.

Tuttavia, nei 18 mesi successivi si è registrato un significativo incremento (+48%), dato che sembrerebbe confermare gli effetti di natura inflazionistica sulla detenzione minorile riconducibili all’entrata in vigore del Decreto-Legge 'Caivano'.

Alcuni numeri a confronto (fonte: Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità-sez.statistica):

31.12.2023: Ristretti (minori e giovani-adulti) n. 1444 su un totale di 14.214

31.12.2024: Ristretti (minori e giovani-adulti) n. 1707 su un totale di 14.968

Degli effetti negativi del decreto in questione dà conto anche la nota rivista Ristretti Orizzonti, la quale conferma il 2024 quale annus horribilis per la detenzione dei ragazzi e cita un dossier di Antigone che conferma un aumento netto dei detenuti minorenni.

Da quanto sopra esposto, emerge, con chiarezza, l’imprescindibile ruolo della società, nel suo complesso, nella genesi e nella prevenzione del crimine minorile. Il fenomeno della devianza giovanile rappresenta, infatti, una realtà complessa e multifattoriale, influenzata da variabili di natura psicologica, familiare, culturale e istituzionale.

Ne consegue che ogni intervento volto a contrastarla non può prescindere da un’azione integrata e multilivello, che coinvolga diversi ambiti e attori sociali, richiedendo strategie di lungo periodo, spesso complesse, di difficile attuazione e con un rilevante impatto economico.

Il sistema di giustizia minorile italiano, un tempo modello riconosciuto a livello internazionale per il suo approccio educativo e rieducativo, è oggi oggetto di una severa denuncia davanti alle Nazioni Unite.

Antigone, Defence for Children Italia e Libera hanno inviato al Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia un Rapporto che documenta un netto arretramento culturale, normativo e pratico, verso un sistema sempre più punitivo e sempre meno rispettoso dei diritti dei minori.

La fotografia è allarmante.

Per la prima volta le carceri minorili italiane sono sovraffollate: dai 392 detenuti del 2022 si è passati ai 586 del giugno 2025.

Il Decreto Caivano, approvato sull’onda di campagne mediatiche securitarie, ha anche ampliato il ricorso alla detenzione cautelare e ridotto l’accesso a misure alternative.

Il sovraffollamento riguarda più della metà degli istituti, con celle in cui si dorme per terra e ragazzi costretti a passare fino a 22 ore al giorno chiusi in cella, senza scuola, attività o formazione.

Circa la metà dei detenuti sono minori stranieri non accompagnati, spesso trattati con psicofarmaci più che con educazione.

A Bologna, una sezione del carcere per adulti della Dozza è stata riconvertita in istituto minorile, in palese violazione delle norme internazionali che impongono una netta separazione tra adulti e minori.

Nel frattempo, le proteste dei ragazzi sono represse con durezza: con l’introduzione del nuovo reato di “rivolta carceraria”, anche forme passive di resistenza possono portare a condanne fino a otto anni.

Le oltre 100 organizzazioni e personalità – tra cui la Società della Ragione – che sostengono il documento, chiedono l’abolizione del Decreto Caivano, la chiusura della sezione minorile della Dozza e un ritorno a un sistema realmente educativo: con più educatori, attività scolastiche, percorsi individualizzati e il rispetto dei diritti affettivi e relazionali.

In definitiva, si può affermare che il minore autore di reato è anzitutto un soggetto vulnerabile, ancora prima vittima che reo e che necessita di interventi tempestivi, mirati e di natura multidisciplinare.

Un’infanzia in carcere non è solo una sconfitta dello Stato di diritto, ma una ferita profonda alla società tutta.

La speranza è che la denuncia all’ONU serva a invertire la rotta prima che il modello italiano si perda del tutto.

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