Allieva si infortuna durante la lezione di yoga: insegnante responsabile?

Venerdi 22 Agosto 2025

Mevia, persona non più giovanissima, chiama in giudizio Caia, insegnate di yoga, perché venga condannata al risarcimento dei danni che questa le avrebbe cagionato in occasione di un esercizio eseguito in occasione di una sessione di yoga gratuita e offerta all’interno di uno stabilimento balneare.

La gratuità e il luogo in cui si svolge la lezione vedremo avere una non indifferente importanza. Soprattutto perché trattasi di situazione ricorsiva soprattutto nei periodi di vacanza quando si è soliti provare discipline e/o attività nuove che vengono proposte nei posti di villeggiatura. L’esercizio incriminato è consistito nell’aggancio schiena contro schiena e successiva flessione alternata in avanti con sollevamento del partner. A causa di tale esercizio Mevia riporta una frattura vertebrale.

E’ interessante la sentenza resa dal Tribunale di Ravenna n.645 del 2021 dopo avere accertato il fatto, il nesso di causa e la presunta o meno responsabilità dell’insegnante.

Riassumendo questo percorso, l’istruttoria conferma che durante l' esercizio contestato Mevia, già interessata da un grave quadro osteoporotico, aveva effettivamente subito la frattura vertebrale (il c.d. fatto). Che l’insegnante si era proposta quale partner di Mevia nell’esercizio e che la scelta era stata evidentemente suggerita dall' avvertita necessità di neutralizzare il rischio di un sovraccarico sulla schiena di Mevia qualora quest' ultima avesse trovato o scelto quale partner altro soggetto astrattamente capace di una ampia estensione della schiena.

Tale accortezza a dire del giudicante Tribunale evidenzia come l’insegnante di yoga avesse percepito quale rischio non quello direttamente dipendente dal movimento richiesto dall' esecuzione dell' esercizio quanto quello che altri, non esperti, nell' eseguire lo stesso, avessero potuto esercitare pressioni eccessive a carico della schiena di Mevia. Un generico rischio, sempre secondo il Tribunale, correlato all' esecuzione di quel tipo di esercizio tenendo conto dell’età di Mevia e dalla nozione di comune esperienza secondo cui le persone anziane soffrono normalmente di fragilità della struttura ossea.

La CTU effettuata descrive la lesione subita da Mevia compatibile con un traumatismo di tipo compressivo in iperflessione del rachide e pertanto, laddove verificata e confermata la versione dei fatti riferita dalla stessa Mevia, ritiene soddisfatto il nesso di causalità materiale sotto l' aspetto dell' efficienza lesiva (il c.d. nesso di causalità).

La questione giuridica più rilevante diventa quindi se fosse prevedibile dall’insegnante di yoga che il movimento richiesto dall' esercizio potesse astrattamente cagionare eventi dannosi del tipo di quelli poi verificatosi. E, se così fosse stato, quali regole cautelari avrebbe in concreto dovuto osservare Caia (l’insegnante di yoga) per ridurre o eliminare il suddetto rischio?

E’ possibile sostenere, come vorrebbe Mevia, che l' insegnante, con la competenza professionale che le dovrebbe appartenere, aveva il dovere di segnalare i rischi e le conseguenze eventualmente susseguenti al tipo di esercizio che proponeva soprattutto considerando l’età della stessa Mevia?

Il Tribunale non ritiene sussista in capo all'insegnante la conoscenza, anche solo in via presuntiva, delle concomitanti gravi patologie ossee di Mevia e del conseguente rischio che un mero movimento circolare del busto, per quanto effettuato con prudente attenzione, potesse produrre eventi traumatici come la frattura vertebrale poi verificatasi.

Ed è interessante come motiva lo stesso Tribunale questo convincimento. E’ regola di comune esperienza quella secondo cui la volontaria partecipazione ad eventi ludico-ricreativi aperti a tutti (quali quelli che comunemente si svolgono sulle spiagge) presuppone, in capo al partecipante, un' autovalutazione di generica idoneità che peraltro, fonda a favore dell' organizzatore, l' affidamento legittimo sulla insussistenza di condizioni preesistenti, già note al partecipante, tali da accentuare considerevolmente la probabilità della verificazione di danni direttamente connessi allo svolgimento dell' attività di intrattenimento. Il Tribunale individua un obbligo informativo in capo all’insegnante avente ad oggetto la descrizione dell' esercizio e la spiegazione delle sue modalità di esecuzione, in funzione di consentire al partecipante autoresponsabile di valutare con ragione di causa e avvedutezza l' idoneità delle proprie condizioni fisiche ad eseguirlo.

Nel caso specifico l’istruttoria non avrebbe dato prova di eventuali profili di negligenza di Caia risultando anzi un generico riscontro di segno opposto (l’insegnante è stata descritta molto professionale e incline a dare indicazioni accurate tese a mettere il cliente a proprio agio nell' approccio all' esercizio)

Ne segue il rigetto della domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 cc formulata da Mevia.


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