Decreto ingiuntivo per compensi dovuti all'avvocato

“In ossequio al consolidato orientamento giurisprudenziale, in assenza di accordo tra le parti, il credito del professionista va determinato in base alle tariffe, o in difetto agli usi”(…); “l'opposizione al decreto ingiuntivo introduce un ordinario giudizio di cognizione, nel cui ambito non si discute della ritualità dell'emissione del provvedimento opposto, ma dell'esistenza della pretesa creditoria che è posta a fondamento dello stesso”.

Giovedi 16 Dicembre 2021

L'ordinanza in commento - n. 39144 del 9 dicembre - ha avuto origine dall'opposizione ad un decreto ingiuntivo, con il quale il Tribunale di Velletri aveva ingiunto l'opponente di pagare al legale, a titolo di compenso per l'assistenza e a consulenza professionale, la somma di € 15.050,82. Il Tribunale rigettava l'opposizione confermando il decreto ingiuntivo.

Il ricorrente, affidava a quattro motivi il ricorso in cassazione:

- con il primo, sollevava la violazione degli artt., 9 L. n. 27 del 2012 e 23 della L. n. 247 del 2012 perchè il Tribunale avrebbe, erroneamente, determinato il compenso dovuto al professionista sulla base del parere emesso dal Consiglio dell'ordine di appartenenza sul progetto di parcella, ignorando che, nel caso di specie, non vi era stato alcun accordo sul compenso tra le parti e, pertanto, non vi era prova del quantum dell'onorario dovuto al legale;

- con il secondo ed il terzo motivo, il ricorrente lamentava la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 9 L. n. 27 del 2012 perchè il Tribunale avrebbe riconosciuto al legale una somma non dimostrata determinando il compenso sulla base di tariffe ormai abrogate;

- con il quarto, deduceva la violazione dell'art. 113 cod. proc. civ. in quanto il Tribunale avrebbe dovuto ritenere insufficiente, ai fini della prova del credito, il parere emesso dal Consiglio dell'ordine e consentire l'esperimento dell'istruttoria sulla pretesa creditoria.

La Corte ha ritenuto inammissibili i motivi, rigettando il ricorso in quanto le motivazioni addotte a sostegno dello stesso non hanno tenuto conto delle cause reali che hanno portato al rigetto: il ricorrente, cioè, non aveva disconosciuto di aver conferito il mandato al legale né aveva contestato l'importo richiesto ma si era limitato ad avanzare opposizione al decreto ingiuntivo allegando l'assenza della prova della liquidità del credito, sulla base della insufficienza del parere di congruità emesso dal Consiglio dell'ordine e la mancanza di un accordo tra le parti sul compenso.

Il ricorrente ha ignorato, a parere della Corte, il consolidato orientamento secondo il quale in mancanza di accordo tra le parti, il credito del professionista deve determinarsi sulla base delle tariffe o, in difetto, degli usi1.

E ancora: il quarto motivo sollevato, ignora l'altrettanto consolidato principio secondo il quale l'opposizione al decreto ingiuntivo origina un ordinario processo di cognizione perchè volto a valutare la pretesa creditoria posta alla base dello stesso.

Irrilevanti, pertanto, le contestazioni riguardanti la sola regolarità della fase monitoria senza guardare al merito del rapporto dedotto in giudizio. In particolare, in tema di compensi dovuti all'avvocato, la Corte ha richiamato una recente ordinanza2, ai sensi della quale, in tema di compensi dovuti all'avvocato, “la mancanza del parere dell'ordine professionale (…), e della parcella contenente l'esposizione delle spese e dei diritti, secondo quanto dispone l'art. 636 c. p. c. ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, può essere eventualmente rilevante solo sotto il profilo del regolamento delle spese processuali, ma non impedisce al giudice dell'opposizione di valutare la fondatezza della pretesa creditoria alla luce di ogni elemento in atti”.

Per i motivi dedotti, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato la parte ricorrente al pagamento, in favore di controparte, delle spese del giudizio di legittimità.

Ricordiamo, per completezza argomentativa, che con la recente sentenza n. 19427 dello scorso 8 luglio, le Sezioni Unite si sono favorevolmente pronunciate circa la possibilità, da parte dell'avvocato, di ottenere i propri compensai dal cliente con decreto ingiuntivo su parcella vistata dal Consiglio dell'ordine, dichiarando la vigenza dell'art. 636 cod. proc. civ. nonostante l'abrogazione delle tariffe professionali nella ipotesi di mancato accordo tra le parti.

In particolare, due sono stati i principi di diritto enunciati dalla richiamata sentenza:

1. "In tema di liquidazione del compenso all'avvocato, l'abrogazione del sistema delle tariffe professionali per gli avvocati, disposta dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 27 marzo 2012, n. 27, non ha determinato, in base all'art. 9 D.L. n. cit., l'abrogazione dell'art. 636 c.p.c.

2. Anche a seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012, convertito dalla L. n. 27 del 2012, l'avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, il quale sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247, e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi".

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Note 

1) Il richiamato articolo 9, ha abrogato le tariffe del sistema ordinistico e attualmente il compenso per le prestazioni professionali dev'essere pattuito all'atto del conferimento dell'incarico, con preventivo scritto, comprensivo di ogni singola prestazione e delle relative voci di costo. Le Sezioni Unite, con sentenza n.19427 di luglio 2021, hanno sottolineato che “l'effetto abrogativo deve ritenersi limitato solo alla parte in cui la norma rinvia alla fonte di rango inferiore ormai soppressa, lasciando per il resto in tutto e per tutto inalterata la relativa struttura: la previsione del diverso criterio di liquidazione dei compensi,costituito dai parametri, comporta l'effetto sostitutivo dell'elemento abrogato con il nuovo sistema, ritenuto dal legislatore più congruo e agevole rispetto al precedente”.

2) Cassazione, Sez. II, ordinanza n. 17655 del 5 luglio 2018.

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