In tema di prova del danno da diminuita capacità lavorativa specifica, si segnala l'ordinanza n. 7604 del 21 marzo 2025 nella quale la Corte di Cassazione chiarisce che deve essere esplicita la formulazione della richiesta risarcitoria e dei suoi fatti costitutivi, e cioè deve essere provata la specifica attività svolta e l' incidenza su di essa degli esiti lesivi del sinistro.
Mercoledi 26 Marzo 2025 |
Il caso. Mevia agiva in giudizio nei confronti di Delta assicurazioni s.p.a., Alfa Spa e Tizio, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro stradale: a sostegno della domanda allegava che, mentre si accingeva a percorrere la rotatoria posta a intersezione tra due vie, in sella alla propria bicicletta, veniva urtata da tergo dall’autovettura condotta da Tizio e di proprietà di Alfa s.p.a., riportando plurime lesioni.
Si costituiva, resistendo, la compagnia assicurativa dell’autovettura, rilevando che la ciclista aveva impegnato la rotatoria contromano e contestando la misura eccessiva del quantum risarcitorio richiesto.
Il Tribunale accertava il concorso di colpa dell’attrice, in misura del 40%, nella causazione del sinistro stradale, dato che aveva impegnato la rotatoria contromano, e le riconosceva e le liquidava il danno da invalidità temporanea e permanente, con personalizzazione del 20% sulla seconda voce, il danno patrimoniale per le spese mediche sostenute ed il danno da perdita della capacità lavorativa specifica rispetto al lavoro di casalinga.
Entrambe le parti appellavano la sentenza: la Corte d’Appello rigettava l’appello proposto da Mevia ed accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla Delta assicurazioni s.p.a., riducendo l’ammontare del risarcimento del danno e condannando Mevia alle conseguenti restituzioni.
Mevia ricorre in Cassazione, censurando la sentenza impugnata in quanto:
a) ha ritenuto la sentenza di prime cure viziata da ultrapetizione, per aver riconosciuto e liquidato il riconoscimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica rispetto all’attività di casalinga, senza rilevare che l’attrice danneggiata aveva esplicitamente proposto la domanda per la prima volta solo nella comparsa conclusionale, e dunque tardivamente;
b) la corte di merito si sarebbe pronunciata in violazione dell’orientamento espresso di recente da questa Suprema Corte, secondo cui “In tema di responsabilità civile, la domanda con la quale un soggetto chiede il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le voci di danno originate da quella condotta”.
Per la Suprema Corte le censure sono infondate: sul punto osserva che:
per costante orientamento di questa Suprema Corte, il soggetto che svolge attività lavorativa domestica, pur non percependo reddito monetizzato, svolge tuttavia un'attività suscettibile di valutazione economica, con la conseguenza che la riduzione della sua capacità lavorativa configura un danno patrimoniale risarcibile, autonomo rispetto al danno biologico, in presenza della allegazione, prima ancora che della prova seppur anche presuntiva, del carattere se non sistematico, perlomeno continuativo, dello svolgimento di tale attività a suo stesso favore oltre che in adempimento dei doveri di solidarietà familiare;
nel caso in esame, la corte si è pronunciata conformemente allo specifico principio di diritto, cui si intende qui dare continuità, per cui, in relazione alla previsione di cui all'art. 163, n. 4, cod. proc. civ., la richiesta avrebbe dovuto essere circostanziata con l'indicazione sia delle concrete limitazioni determinate dai postumi riportati dall’attrice allo svolgimento della sua attività di casalinga sia di elementi tali da far desumere, almeno in via presuntiva, una perdita o riduzione del reddito, che, si ribadisce, nel caso del lavoro domestico va inteso come effettivo valore economicamente apprezzabile degli apporti della lavoratrice casalinga;
da tali premesse discende il seguente principio di diritto: “la formula, contenuta nella domanda giudiziale, con la quale si chiede in via generica la liquidazione “dei danni patrimoniali e non patrimoniali”, diversamente dall’ipotesi di lesione di capacità lavorativa generica, che è invece automaticamente ricompresa nella liquidazione del danno operata a fronte di un'accertata invalidità permanente biologica, non costituisce rituale domanda di risarcimento -anche- del danno da diminuita capacità lavorativa specifica, la quale invece presuppone l’esplicita formulazione della richiesta risarcitoria e dei suoi fatti costitutivi, e cioè l’espressa allegazione della specifica attività svolta e della incidenza su di essa degli esiti lesivi del sinistro, nell’atto introduttivo ovvero entro e non oltre il termine di deposito della prima memoria ex art. 183, comma sesto, cod. proc. civ.”.