I criteri per il riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità ex art. 62 nr. 4 c.p.

Avv. Alessia Cavezzan.

A quale tipo di danno fa riferimento l’articolo 62 nr. 4 c.p. e quali sono i presupposti applicativi della suddetta attenuante nei delitti tentati? (commento a sentenza 5 Sezione Penale nr. 47144 del 29.11.2022)

Giovedi 22 Dicembre 2022

La Corte di Cassazione, con la sentenza che qui si commenta, affronta alcuni aspetti rilevanti in punto di riconoscimento dell’attenuante prevista dall’articolo 62 comma 1 nr. 4 c.p., definendone l’applicabilità ai delitti tentati, la rilevanza della restituzione del bene sottratto e il tipo di danno da prendere in considerazione per la sua concessione.

Nel caso di specie, il ricorrente si doleva del mancato riconoscimento dell’attenuante in parola nonostante: - il delitto contestato (furto aggravato in abitazione) fosse rimasto nella fase del tentativo; - non fosse stato causato alcun danno alle cose; - la refurtiva fosse stata restituita.

Quanto all’applicabilità dell’attenuante in parola ai delitti tentati, con la sentenza che si commenta, la Corte richiama la distinzione tra tentativo circostanziato di delitto e tentativo di delitto circostanziato; mentre la prima categoria attiene ai casi in cui “la (parziale) realizzazione della fattispecie criminosa rechi, già in sé, l’integrazione piena dell’elemento circostanziale”, la seconda si ha quando “la circostanza non si è immediatamente integrata ma lo sarebbe stata ove il delitto fosse giunto a consumazione”.

Quanto alla seconda ipotesi (tentativo di delitto circostanziato), considerato che il danno non si è ancora verificato, qual è il ragionamento che il giudice deve seguire per riconoscere l’attenuante in parola? La Corte Suprema risponde, richiamando la pronuncia a Sezioni Unite 28243 del 28.03.2013 Zonni, nel senso che, in tali casi, è necessario “valorizzare l’effettiva portata offensiva della condotta realizzata, valutando, attraverso una prognosi postuma ex ante ed in concreto, il bene inciso dalla condotta lesiva e le modalità della stessa, al fine di accertare il danno che sarebbe stato prodotto ove il reato fosse stato portato a compimento!”.

Quanto alla restituzione della refurtiva, la Corte nel ritenere che l’entità del danno cagionato alla persona offesa debba essere verificata al momento della consumazione del reato, chiarisce – richiamando giurisprudenza già espressasi in tal senso (Sezione 5, n. 19728 del 11.04.2019) – che la restituzione della res è unicamente un post factum, quindi non valutabile al fine dell’attenuante oggetto del nostro esame. Infine, con la sentenza che qui si commenta, la Corte si cura di fornire la definizione del danno che deve essere preso in considerazione per ritenere integrata la circostanza in parola, dando seguito a pronunce che già erano espresse nello stesso senso.

Si legge in sentenza che “l’attenuante del danno di speciale tenuità presuppone un giudizio complesso che prenda in considerazione tutti gli elementi della fattispecie concreta necessari per accertare non il solo danno patrimoniale ma il danno criminale nella sua globalità (sezione 5 n. 344 del 26.11.2021)”. Tale interpretazione del danno quale “danno criminale” nasce da considerazioni che trovano il loro fondamento nella relazione al disegno della legge nr. 19/1990 che ha modificato l’attenuante in parola estendendone l’applicazione a tutti i delitti determinati da motivi di lucro, alla duplice condizione che, sia il lucro perseguito od effettivamente conseguito dal reo, sia l’evento dannoso o pericoloso siano caratterizzati da speciale tenuità. Proprio tale estensione della sua applicazione ha reso necessario interpretare, nel senso indicato, il contenuto del danno di cui all’art. 62 nr. 4 c.p.. In altri termini, proprio la previsione legislativa secondo cui tale attenuante ha applicazione anche ai delitti che non offendono il patrimonio ha reso necessario ritenere che il danno (o il pericolo) ivi contemplato non possa essere valutato unicamente per i suoi profili di tipo patrimoniale.

E’ stato peraltro affermato (sezioni Unite 33040 del 26.2.2015 Jazouli) che “lo scopo della diminuente in esame è quello di pervenire ad una più adeguata commisurazione della pena in concreto da infliggere, in ossequio al principi di offensività che deve sovrintendere il giudizio sul disvalore del reati in termini sanzionatori spettante al giudice”.

Conclusivamente, la sentenza in commento appare particolarmente chiara nel dettare precisi criteri di applicazione dell’attenuante generale di cui all’art. 62 nr. 4 c.p. e dà piena applicazione all’orientamento che ritiene che la verifica demandata al Giudice, ai fini del suo riconoscimento, debba avere ad oggetto non l’astratta considerazione della natura giuridica del bene protetto ma il grado di effettiva offensività del fatto nel caso concreto.

Allegato:

Risorse correlate:

Pagina generata in 0.023 secondi