Covid19 ed inadempimenti contrattuali: le prime pronunce dei tribunali

Avv. Mara Battaglia.

Il Tribunale di Torino si è espresso con Ordinanza 9 luglio 2020 – giudice dott.ssa Maria Giusta - sulla richiesta di “restituzione“ di un ramo d'azienda per morosità dovuta a diversi motivi ed in particolare per le rate di locazione non pagate nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 .

Venerdi 17 Luglio 2020

Il fatto : con ricorso ex art.700 c.p.c. G.A., premesso di aver stipulato contratto di affitto di ramo d’azienda con B.M. avente a oggetto l’attività di bar e tavola calda presso i locali siti in Torino, via.... deduceva che si erano verificati plurimi inadempimenti da parte dell’affittuario sin dal mese di gennaio 2020 e, successivamente, dal mese di marzo, allorchè il B. aveva omesso il rimborso di canoni di locazione e il pagamento di canoni di affitto di ramo d’azienda; lamentava altresì che il convenuto non aveva rispettato i pagamenti previsti da una separata scrittura privata, a suo dire “integrativa” del contratto che prevedeva il pagamento di rate mensili aggiuntive di € 2000,00 ciascuna.

Il ricorrente richiamava l’art.3 del contratto di affitto di ramo d’azienda che testualmente attribuiva al locatore il diritto di risolvere il contratto e ottenere il risarcimento del danno in caso di mancato puntuale pagamento anche di due sole mensilità; argomentava inoltre che l’“ampiezza dell’inadempimento” rendeva concreto il grave pericolo di perdita di avviamento e deprezzamento che l’azienda rischiava di subire; che le difficoltà economiche originanti i gravi inadempimenti del B. potevano anche comportare l’impossibilità per lo stesso di far fronte agli investimenti necessari per la riapertura del locale a seguito dell’emergenza sanitaria.

Sulla base di tali allegazioni, il ricorrente chiedeva disporsi in via cautelare urgente la restituzione del ramo d’azienda oggetto del contratto di affitto.

Instauratosi il contraddittorio, il convenuto si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda del ricorrente .

Il resistente esponeva di aver pagato regolarmente sino a marzo 2020 e di aver poi dovuto sospendere l’attività per le disposizioni sull’epidemia Covid 19; di non aver potuto accedere alla liquidità bancaria necessaria per la prosecuzione dell’attività a causa dell’atteggiamento del G., che nonostante le richieste, non aveva consegnato la documentazione fiscale relativa agli ultimi tre anni di gestione, necessaria per ottenere la liquidità bancaria prevista dalla legislazione emergenziale; il convenuto si difendeva affermando che le misure di contenimento determinate dal Covid 19 erano tali da escludere ogni profilo di colpa nell’inadempimento a lui attribuibile, trattandosi di circostanze oggettive non superabili con l’ordinaria diligenza.

Il Giudice ha ritenuto l’assunto del convenuto fondato e tale da escludere nel caso di specie, il fumus boni iuris affermato dal ricorrente a fondamento della misura cautelare urgente richiesta.

Dopo aver preso atto che i più significativi inadempimenti (e relativi solleciti di pagamento), riconducibili alla clausola risolutiva di cui all’art.3 del contratto di affitto di ramo d’azienda intercorso tra le parti, si sono verificati a far tempo dal mese di marzo, in concomitanza con la grave crisi sanitaria epidemiologica denominata Covid 19 il Giudice espone un interessante e ragionato elenco dei provvedimenti normativi e amministrativi emanati per gestire e contenere l’emergenza epidemiologica da COVID 19.

Conclude poi che a prescindere da ogni altro elemento emerso nel contraddittorio tra le parti, nel descritto contesto normativo non può considerarsi infondato l’assunto del resistente volto a far valere l’impossibilità temporanea della prestazione dedotta in contratto e la sopravvenuta modifica del sinallagma contrattuale per effetto di provvedimenti normativi e amministrativi.

Secondo principi codicistici in tema di inadempimento e responsabilità del debitore l’art.1218 C.C. afferma l’obbligo del debitore di eseguire esattamente la prestazione dovuta, salva la prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

L’apprezzamento di circostanze oggettive, ravvisabile nel caso di specie per quanto sin qui detto, induce ragionevolmente a escludere l’elemento soggettivo di colpa del contraente inadempiente.

La nozione di forza maggiore, non definita dal legislatore, può desumersi dalla qualificazione giurisprudenziale secondo cui per forza maggiore deve intendersi un impedimento oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità (anche a titolo di colpa), inevitabilità e imprevedibilità dell’evento (Cass., n.6213/2020; Cass., n.6076/2017; Cass. n. 13148/2016).

La causa di forza maggiore opera quale condizione assolutoria dell’inadempimento contrattuale nel momento in cui la sinallagmaticità e corrispettività delle prestazioni negoziali vengono meno a causa di eventi straordinari e imprevedibili, tali da determinare uno squilibrio all’interno del rapporto obbligatorio, che può giungere a comportare anche l’impossibilità di esecuzione.

Il ricorso è stato rigettato e le spese hanno seguito la soccombenza.

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