La Corte di Giustizia sul riconoscimento dei titoli Universitari stranieri nel nostro Ordinamento

Sentenza C-675/17 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
Giovedi 20 Dicembre 2018

Fatto: nel 2013 il sig. P., cittadino italiano, presenta al MINISTERO DELLA SALUTE, istanza di riconoscimento del titolo di odontoiatra, rilasciato dall’Università di Innsbruck (Austria). Il Ministero concede il riconoscimento dopo l’esame e la verifica dei requisiti stabiliti dalla Direttiva 2005/36.

Nel 2014, il sig. P. presenta altra istanza di riconoscimento, questa volta del titolo di medico chirurgo, rilasciato dall’Università dell’Austria; allegato all’istanza vi era la dichiarazione, dell’Università Austriaca, di regolarità del titolo secondo le prescrizioni della Direttiva 2005/36.

A questo punto il Ministero chiede informazioni all’Ordine dei Medici dell’Austria e accerta che il P. aveva iniziato prima il percorso di studi in odontoiatria e mentre questo era ancora in essere, quello di medicina; i percorsi si sono conclusi rispettivamente nel 2013 e nel 2014. In questo caso il Ministero non riconosce il titolo poiché accerta che quello di odontoiatra e di medico chirurgo sono stati rilasciati a distanza di un anno; inoltre, quello di Medico Chirurgo è stato rilasciato al termine di un percorso di laurea in medicina di 15 mesi che, secondo il Ministero, è un termine inferiore rispetto a quello indicato dalla Direttiva.

Questione di diritto. Il P. propone ricorso, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO, perché ritiene che, le condizioni minime indicate nella Direttiva per la formazione, sono riconosciute espressamente nel percorso formativo con la certificazione rilasciata dall’ordinamento Austriaco. Il ricorso viene accolto dal TAR  ma il Ministero propone impugnazione innanzi al Consiglio di Stato.

Il Supremo Collegio, decide di sospendere e rinviare la questione alla Corte di Giustizia per accertare due questioni:

1. Se gli articoli 21, 22 e 24 della direttiva [2005/36] impongano ad uno Stato membro, in cui vige l’obbligo di formazione a tempo pieno ed il correlato divieto di contemporanea iscrizione a due corsi di laurea, il riconoscimento automatico di titoli che siano invece conseguiti, nello Stato membro di provenienza, contemporaneamente o in periodi parzialmente sovrapponibili. 2. Se, nel caso di risposta affermativa, l’articolo 22, lettera a), e l’articolo 21 della direttiva [2005/36] possano interpretarsi nel senso che all’Autorità dello Stato membro al quale è chiesto il riconoscimento sia comunque consentito verificare la condizione che la durata complessiva, il livello e la qualità di siffatta formazione non siano inferiori a quelli della formazione continua a tempo pieno.

La Corte di Giustizia, con la Sentenza del 6 dicembre 2018, dopo aver percorso l’inquadramento normativo della Direttiva 2005/36, decide facendo chiarezza su una questione che nel contesto socio lavorativo italiano è molto frequente.

La Corte di Giustizia evidenzia in via preliminare che, nessuna disposizione della Direttiva menzionata osta a che gli Stati membri autorizzino la simultanea iscrizione a più formazioni. Pertanto, alla luce di questo principio la Corte risponde alla prima questione dichiarando che, gli articoli 21, 22 e 24 della Direttiva 2005/36 devono essere interpretati nel senso che impongono ad uno Stato membro, la cui normativa prevede l’obbligo di formazione a tempo pieno e il divieto della contemporanea iscrizione a due formazioni, di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione previsti da tale direttiva e rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti.

Con riferimento al secondo quesito la Corte rileva che, qualora un corso di studi soddisfi i requisiti di formazione stabiliti dalla Direttiva 2005/36, circostanza che spetta all’autorità dello Stato membro che rilascia il titolo di formazione verificare, le autorità dello Stato membro ospitante non possono negare il riconoscimento di tale titolo. Il fatto che l’interessato abbia seguito una formazione a tempo parziale, ai sensi dell’articolo 22, lettera a), della direttiva menzionata, o più corsi di laurea contemporaneamente o durante periodi che in parte si sovrappongono è irrilevante al riguardo laddove i requisiti in materia di formazione previsti dalla Direttiva in parola sono soddisfatti.

La Sentenza apre, a parere della scrivente, nuovi scenari di riflessione anche per lo Stato Italiano, costituendo di fatto un notevole precedente per una riforma della disciplina degli Studi Universitari.

Il Mondo del lavoro, inoltre, ha sicuramente un binario in più sul quale muoversi, in un Territorio Europeo sempre più caratterizzato da scambio di capitale umano fra gli Stati membri ma che, evidentemente deve riflettere sulle motivazioni di questi “scambi”.

Occorre porsi una domanda: si tratta di scelte esclusivamente lavorative o sono gli Stati membri a non saper rispondere alle esigenze del capitale umano che domina lo scenario del mondo del lavoro, tanto da dover far lasciare il proprio Stato e con esso, famiglia, affetti e storia dell’individuo ? 

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