La Corte Costituzionale interviene sulla legge Pinto

Martedi 15 Maggio 2018

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 88 del 26 aprile 2018 si è pronunciata in merito alla illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89 in materia di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile.

In particolare l'art. 4 della L. 89/2001 (cosiddetta legge Pinto), nella versione censurata, prevede che "la domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva".

Il caso: alcuni ricorrenti che si erano rivolti alla Corte d'appello per ottenere l'equa riparazione del danno non patrimoniale loro derivato dall'irragionevole durata del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio definito con decreto di perenzione del 14 gennaio 2013.

L'adita Corte d'appello aveva dichiarato la domanda inammissibile, pronuncia confermata dalla medesima Corte d'appello in sede di opposizione, atteso che il decreto di perenzione non era ancora divenuto definitivo.

Adito per la cassazione del decreto che aveva deciso sull'opposizione, il giudice a quo, pur condividenzo l'interpretazione dell'art. 4 della L. n. 89 del 2011 seguita dalla Corte d'appello, che esclude la proponibilità della domanda di equa riparazione durante la pendenza del giudizio presupposto, dubitava però della sua legittimità costituzionale, laddove ravvisava nel differimento dell'esperibilità del rimedio all'esito del giudizio presupposto, un pregiudizio alla sua effettività; sollecitava quindi l'intervento correttivo della Consulta.

La Corte Costituzionale, con la presente sentenza, preliminarmente rileva che:

  • questa Corte aveva già evidenziato "la necessità che l'ordinamento si doti di un rimedio effettivo a fronte della violazione della ragionevole durata del processo.......e che non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa in ordine al problema individuato nella presente pronuncia";

  • l'art. 1, commi 777, 781 e 782, della L. n. 208 del 2015 ha modificato la L. n. 89 del 2001, introducendo una serie di rimedi preventivi il cui mancato esperimento rende inammissibile la domanda di equa riparazione (art. 2, comma 1, della legge Pinto, come modificata) e che, in relazione alle diverse tipologie processuali, consistono o nell'impiego di riti semplificati già previsti dall'ordinamento (art. 1-ter, comma 1, della legge Pinto come modificata) o nella formulazione di istanze acceleratorie (art. 1-ter, commi 2, 3, 4, 5 e 6, della legge Pinto come modificata);

  • la Corte EDU da un lato rileva come i rimedi preventivi siano non solo ammissibili, eventualmente in combinazione con quelli indennitari, ma addirittura preferibili, in quanto volti a evitare che il procedimento diventi eccessivamente lungo; dall'altro evidenzia che per i paesi dove esistono già violazioni legate alla sua durata, essi, per quanto auspicabili per l'avvenire, possono rivelarsi inadeguati;

  • i suddetti rimedi peraltro “non sono destinati a operare in tutte le ipotesi nelle quali, al 31 ottobre 2016, la durata del processo abbia superato la soglia della ragionevolezza”, e pertanto “......il legislatore non ha rimediato al vulnus costituzionale precedentemente riscontrato e, pertanto, l'art. 4 della legge n. 89 del 2001 va dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione, una volta maturato il ritardo, possa essere proposta in pendenza del procedimento presupposto"

Allegato:

Corte Costituzionale Sentenza n. 88 del 26/04/2018

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