Contratto di agenzia: il ritardo nell'effettuare i conguagli non implica rinuncia al credito.

Avv. Roberto Bausardo.

Corte di Appello di Torino, sentenza n. 394/16: la circostanza che la preponente non effettui, anche per lungo tempo (due anni) i conguagli sugli anticipi provvigionali erogati non e' indice, di per se', della volonta' del creditore di rinunciare al credito, ne' configura una novazione contrattuale, ma vale solo ai fini della prescrizione dell’azione di ripetizione.

Venerdi 30 Dicembre 2016

Nel caso in esame l’azienda preponente agiva in giudizio per la restituzione degli importi conseguenti al conguaglio –che portava delle somme a debito dell’agente, e quindi in negativo - tra anticipi provvigionali erogati e provvigioni effettivamente maturate.

Il giudice di primo grado respingeva le domande della committente, rilevando come non si era mai dato corso alle pattuizioni contrattuali che prevedevano una verifica semestrale delle provvigioni dovute, e che la pretesa della ricorrente, fondata sul circostanza che le provvigioni effettive fossero inferiori agli anticipi provvigionali, era stata avanzata dalla società solo in occasione del recesso dell’agente.

In buona sostanza, il Tribunale riteneva, anche in forza dell’applicazione dei canoni di buona fede e correttezza, che si fosse realizzata una novazione per facta concludentia della previsione contrattuale richiamata, nel senso che gli anticipi provvigionali dovevano essere considerati come un emolumento fisso non più soggetto a conguaglio.

La Corte d’appello di Torino osservava invece che nelle convenzioni stipulate era pattuita, a titolo di corrispettivo, una percentuale provvigionale, in forza di una tabella allegata, provvigioni dovute solo sugli affari andati a buon fine e per gli affari promosse direttamente dall’agente stipulante; con un’ appendice al contratto, le parti avevano inoltre previsto la corresponsione di un “Anticipo provvigionale mensile con verifica semestrale del monte provvigionale” da pagarsi mensilmente dietro presentazione di fattura.

Il Giudice di secondo grado, sulla base di un’interpretazione letterale di quanto convenuto, rilevava che le terminologia “Anticipo provvigionale” era chiaramente diversa da quella di “percentuale provvigionale per gli affari andati a buon fine”, e pertanto risultava chiara la volontà delle parti di attribuire, con la prima espressione, la natura di erogazione non definitiva e passibile di conguaglio con le provvigioni effettivamente dovute.

Il fatto poi che la società appellante non abbia operato la verifica semestrale del monte provvigionale è irrilevante ai fini di una modifica contrattuale, servendo soltanto a regolamentare i tempi di controllo per le operazioni di conguaglio.

In definitiva, disattendendo l’interpretazione proposta dal giudice di primo grado, la Corte sabauda ha sostenuto che dalla condotta di mera inerzia dell’appellante non si può dedurre la rinuncia a far valere il diritto di credito, né, a maggior ragione, è ravvisabile una novazione delle pattuizioni contrattuali con la trasformazione della voce di compenso di cui si tratta da anticipo provvigionale a ‘retribuzione fissa’.

Con il conforto della giurisprudenza della Suprema corte, è infatti, possibile affermare  che il mero ritardo nell’avanzare la pretesa (o il silenzio o l’inerzia), non costituisce manifestazione tacita della volontà di rinuncia al diritto di credito, essendo invece necessario un comportamento concludente che riveli una univoca volontà in tal senso; parallelamente, non si ha novazione contrattuale in assenza degli elementi essenziali rappresentati dalla inequivoca comune intenzione delle parti di estinguere l’originaria obbligazione (animus novandi) e dal mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione o del titolo del rapporto (aliquid novi).

L’appello viene quindi accolto, e la sentenza di primo grado riformata. 

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