La decisione del Tribunale per i Minorenni di Bologna ribadisce con forza l’importanza di garantire la continuità delle relazioni socio-affettive costruite dai bambini nel periodo di affido familiare. Pur disponendo il rientro dei minori nella famiglia di origine, il Collegio ha stabilito che fosse tutelato il legame con la famiglia affidataria, riconoscendo la centralità del diritto del minore a mantenere rapporti significativi con tutte le figure di riferimento che hanno contribuito al suo percorso di crescita.
La decisione del Tribunale per i Minorenni di Bologna offre un contributo significativo al tema dell’affidamento familiare e alla tutela dei legami socio-affettivi dei minori.
Il Collegio, nel disporre il rientro dei bambini nella famiglia di origine dopo un periodo di affido, ha ribadito un principio che assume un rilievo centrale nella prospettiva del diritto minorile: “Qualora un minore rientri nella propria famiglia dopo un periodo di allontanamento, e ove si accerti che risponde al suo interesse mantenere la continuità delle positive relazioni socio affettive consolidate durante l'affidamento a terzi, può prescriversi ai genitori di garantire la frequentazione tra il minore e le persone presso le quali era stato collocato dai servizi sociali affidatari.”
Si tratta di un principio che si inserisce nell’alveo dell’art. 4, co. 5-ter, della legge n. 184/1983, il quale prevede la possibilità per il giudice, al termine dell’affido, di disporre la prosecuzione dei rapporti significativi con la famiglia affidataria, quando ciò corrisponde al superiore interesse del minore.
La decisione valorizza dunque l’importanza della continuità affettiva come elemento imprescindibile nello sviluppo psicofisico del bambino: i legami costruiti durante un affido, spesso in un momento particolarmente fragile e delicato della vita, non possono essere recisi bruscamente senza il rischio di generare ulteriori traumi. L’esperienza affettiva, relazionale e quotidiana maturata nella famiglia affidataria diventa parte integrante del percorso di crescita del minore, che ha bisogno di stabilità e di punti di riferimento sicuri per costruire la propria identità e la propria autonomia.
È in questa prospettiva che il giudice ha imposto ai genitori naturali l’obbligo di garantire la frequentazione con la famiglia affidataria, ritenendo che il rientro nella casa di origine non possa coincidere con l’interruzione di rapporti significativi e rassicuranti, pena l’esposizione del minore a un vuoto affettivo potenzialmente dannoso.
La sentenza si pone quindi come un importante precedente nell’affermazione del principio di continuità affettiva, che non è più solo una clausola normativa, ma diventa un diritto concreto del minore a mantenere relazioni che hanno inciso profondamente sul suo equilibrio e sulla sua crescita, riaffermando che la tutela della persona di minore età deve sempre orientarsi alla sua realtà di vita e alle sue esigenze emotive, non solo a schemi giuridici astratti