Concorso o cooperazione colposa del terzo trasportato nella produzione del danno

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 21896/2025 conclude per il concorso di colpa del terzo trasportato, deceduto nel sinistro, se era a conoscenza dello stato di ebbrezza del conducente.

Lunedi 22 Settembre 2025

Il caso: Tizio, trasportato sull’autovettura condotta da Caio, perdeva la vita in un sinistro stradale: il conducente, anche proprietario del mezzo, perdeva il controllo in prossimità di una curva ed andava a schiantarsi contro un muro di recinzione latistante la banchina stradale.

Mevio, in proprio e quale procuratore speciale della madre e degli altri fratelli germani del de cuius, conveniva la Alfa Assicurazioni Danni s.p.a. e Caio avanti al Tribunale di Ragusa per sentirli condannare al risarcimento di danni patiti per la perdita del loro congiunto.

La Compagnia di assicurazione si costituiva ed eccepiva che il trasportato versava in concorso colposo, per aver accettato di farsi trasportare da un conducente in evidente stato di ebbrezza.

Il Tribunale riconosceva il concorso, o meglio, la cooperazione colposa della vittima del sinistro nella produzione del danno, dato che egli aveva accettato di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza (tasso 1,89 rispetto a 0,50); escludeva la risarcibilità del danno da lucida agonia e dimidiava del 50% le restanti voci di danno riconosciute, in applicazione dell’art. 1227 cod. civ.

Mevio proponeva appello: la Corte distrettuale confermava la statuizione, resa dal tribunale e, in solo parziale accoglimento dell’appello, rideterminava le quote di corresponsabilità del responsabile civile e del trasportato e quindi stimava la responsabilità del primo in misura del 70% ed il concorso del secondo in misura del 30%.

Mevio ricorre in Cassazione, censurando la sentenza della Corte distrettuale in quanto non avrebbe considerato:

  • che non vi era stata una condotta attiva di cooperazione colposa della vittima, tale da inserirsi nella serie causale che aveva portato al verificarsi del sinistro;

  • che non vi era prova né dell’ebbrezza del conducente né della consapevolezza, da parte del trasportato, di tale stato di ebbrezza, dato che non ogni superamento del tasso alcolemico è di per sé percepibile secondo l’ordinaria prudenza o diligenza.

Per la Corte il ricorso è infondato: sul punto rileva che:

a) l'art. 1227, comma 1, cod. civ., interpretato in senso coerente con l'art. 13 della Direttiva 2009/103/CE - che impone agli Stati membri di considerare senza effetto qualsiasi disposizione di legge che escluda dalla copertura assicurativa un passeggero che sapeva (o avrebbe dovuto sapere) che il conducente del veicolo era sotto effetto di alcol o di altre sostanze eccitanti - non consente di ritenere sempre sussistente, in via generale ed astratta, il concorso di colpa del danneggiato che ha accettato di essere trasportato sul mezzo condotto da una persona in stato di ebbrezza, e si deve invece valutare, in concreto e secondo le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell'assicuratore del vettore;

b) ai fini di individuare correttamente l'evento dannoso, in relazione al quale si pone la questione del concorso di colpa del soggetto danneggiato, occorre avere riguardo non all'incidente stradale in sè considerato, quanto piuttosto alla intera serie causale, all'interno della quale occorre individuare l'evento dannoso subito dalla vittima;

c) nel caso in esame, l' evento dannoso non si sarebbe verificato se non si fossero realizzati dei diversi antecedenti causali:

- se il conducente avesse guidato l'auto rispettando le regole del codice della strada e le regole generali di prudenza,

- se, a monte, il trasportato si fosse astenuto dal salire in macchina, ben conoscendo o ben potendo conoscere, avendo anch’egli abusato di bevande alcoliche quella stessa sera, insieme ed al pari del conducente, lo stato di ebbrezza in cui versava il medesimo;

d) è dunque possibile affermare, diversamente da quanto sostenuto nell’unico motivo di ricorso, che è proprio il comportamento del trasportato che si pone all'inizio della sequela eziologica che si è conclusa per lui con l'evento dannoso più gravoso, la morte: il trasportato - del quale è stato rilevato un tasso alcolemico analogo a quello riscontrato sul conducente, circostanza questa che riconduce l’assunzione dell’alcol ad un momento di comune consapevolezza ed accettazione del rischio fra vittima e conducente - pur accorgendosi o potendosi accorgere dello stato di ebbrezza del conducente dell'auto - si è tuttavia esposto volontariamente ad un rischio oltre la soglia del “rischio consentito”, quando è salito sull'auto e non ne ha impedito affatto la circolazione, pericolosa anzitutto per sé oltre che per gli altri, in violazione di norme comportamentali comunemente adottate dalla coscienza sociale oltre che di precise regole del codice stradale.

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