Comunione legale ed efficacia del preliminare concluso da uno dei coniugi

Non rientrano nella comunione legale dei beni tra coniugi i diritti di credito nascenti dal contratto preliminare concluso da uno di essi.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza nr. 22458/2019, pubblicata il 9 settembre scorso.

Mercoledi 18 Settembre 2019

IL CASO: La vicenda sulla quale si sono pronunciati i giudici di legittimità trae origine dalla domanda giudiziale promossa dal coniuge del promissario acquirente di un bene immobile, che aveva sottoscritto un contratto preliminare di vendita, con la quale veniva richiesto di accertarsi e dichiararsi che il suddetto contratto fosse stato stipulato anche in nome e per conto dell’attrice in regime di comunione dei beni con il marito ordinando al Conservatore dei Registri Immobiliari di procedere alla trascrizione della sentenza.

La domanda veniva rigettata dal Tribunale, il quale dichiarava la carenza di legittimazione attiva dell’attrice sul rilievo che non rientrano nella comunione legale i diritti di credito nascenti dal preliminare di vendita concluso da uno solo dei coniugi. La sentenza di primo grado veniva confermata in sede di gravame dalla Corte di Appello adita dall’attrice originaria.

LA DECISIONE: Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ribadendo quanto già affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità secondo la quale il diritto di credito scaturente dalla conclusione di un preliminare di compravendita è escluso dal novero dei beni suscettibili di ricadere in comunione legale e di conseguenza è escluso che il coniuge del promissario acquirente possa vantare una pretesa giuridicamente tutelata per effetto del contratto concluso dall'altro coniuge.

In altri termini, la comunione legale fra i coniugi, di cui all'art. 177 c.c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l'effettivo trasferimento della proprietà della "res" o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all'acquisizione di una "res", non sono suscettibili di cadere in comunione.

Anche di recente, con la sentenza n. 13570/2018, la Cassazione, pronunciandosi in tema di assegnazione di alloggi di cooperative edilizie a contributo statale, ha affermato che, al fine di stabilire se il bene ricada o meno nella comunione legale tra coniugi, il momento determinativo dell’acquisto della titolarità dell’immobile da parte del singolo socio è quello della stipula del contratto di trasferimento del diritto dominicale, contestuale alla convenzione di mutuo individuale, in quanto solo con la suddetta stipula il socio acquista, irrevocabilmente, la proprietà dell'alloggio (assumendo, nel contempo, la veste di mutuatario dell'ente erogatore), mentre la semplice qualità di socio, e la correlata "prenotazione", in tale veste, dell'alloggio, si pongono come vicende riconducibili soltanto a diritti di credito nei confronti della cooperativa, inidonei, come tali, a formare oggetto della "communio incidens" familiare.

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