Colpa medica, responsabilità e tabella di riferimento per il risarcimento del danno.

Lunedi 12 Novembre 2018

Con la sentenza n. 647/2018 il Tribunale di Ferrara conferma la natura aquiliana della responsabilità del sanitario, che viene convenuto in giudizio per fatti risalenti a gennaio 2014, nel vigore del Decreto Balduzzi (art. 3 L.n. 189 del 2012)

Il Tribunale, pur riconoscendo l’esistenza di una giurisprudenza oscillante sul punto, trova conferma e avvalora la propria interpretazione facendo riferimento alla recente approvazione della Legge Gelli-Bianco N. 24 del 08/03/2017 pubblicata in GU N. 64 del 17/03/2017, che sancisce in modo netto la natura extracontrattuale della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, con conseguente applicazione della prescrizione quinquennale e dei principi sull’onere della prova.

All’attore-paziente incombe l’onere di allegare l’inadempimento non generico ma “efficiente alla produzione del danno”. Il Tribunale di Ferrara, seguendo l’orientamento della Cassazione così come imposto dalla Sentenza Sezioni Unite Franzese n. 30328/2002 (Cassazione sez. III n. 3390/2015 e N. 18392/2017), pone in capo all’attore l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia o l’insorgere di una nuova malattia, e l’azione o ammissione dei sanitari. Secondo la regola della “normalità causale” della preponderanza del “più probabile che non”. Al convenuto incombe l’onere di dimostrare di avere agito senza avere commesso alcuna imprudenza, con diligenza e perizia.

Nel caso deciso dal Tribunale di Ferrara, la CTU ha accertato che nelle linee guida nazionali ufficiali, per le patologie di cui era affetto l’attore, non vi erano precisate indicazioni assolute alla patologia con quel tipo di intervento, e per di più, il professionista utilizzò una tecnica “innovativa” poco utilizzata all’epoca del primo intervento, senza fornire la prova, nel corso del giudizio, dell’opportunità di tale scelta interventistica. Il tribunale rileva che, anche il secondo intervento deciso dal sanitario per risolvere la patologia iniziale, che permaneva anche dopo il I° intervento, anche in forma più grave, rappresenta una “scelta errata” sulla base delle informazioni scientifiche contenute nelle Linee Guida e studi accreditati a livello scientifico e medico. La carenza di prova da parte dell’esercente la professione sanitaria e la tecnica utilizzata per entrambi gli interventi, fosse accreditata scientificamente, ha determinato l’accertamento da parte del Tribunale della sua responsabilità ex art. 2043 cc. Al danneggiato verrà riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ex 2059 cc avendo subito pregiudizio del diritto alla salute garantito costituzionalmente ex art. 32 (Cass. Sezioni Unite n. 26972 dell’11/11/2008, è identificabile secondo i criteri di cui all’art. 138 e 139 D.Lgs n. 209 del 07/09/2005 (C.d.A).

Ricordiamo che con la vigente normativa in materia di responsabilità sanitaria (Gelli-Bianco), che è succeduta alla legge Balduzzi, il Legislatore ha riconfermato l’uso delle tabelle di cui agli art. 138 e 139+ del C.d.A, di cui al D.Lgs. n. 209 del 07/09/2005, per il calcolo del danno biologico conseguente all’attività della struttura sanitaria o socio sanitaria.  

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