Cognome della madre ai figli: sentenza di Strasburgo e attuale legislazione italiana

Lunedi 13 Gennaio 2014

Ai primi di gennaio  è stata data ampia risonanza alla notizia che la Corte europea dei diritti umani  di Strasburgo ha condannato  l'Italia per aver violato i diritti di una coppia di coniugi ai quali era stata negata la possibilità di attribuire alla figlia il cognome della madre anziché quello del padre. Nella sentenza, che diverrà definitiva tra 3 mesi, i giudici sottolineano che l'Italia dovrà quindi adeguare la legislazione nazionale al fine di rimuovere la predetta violazione.

Nei giorni immediatamente successivi alla sentenza, il Consiglio dei Ministri ha varato un ddl, composto da 4 articoli, di modifica dell'art. 143-bis del codice civile, ove si stabilisce che il figlio «assume il cognome del padre ovvero, in caso di accordo tra i genitori risultante dalla dichiarazione di nascita, quello della madre o quello di entrambi i genitori». Stessa regola per i figli nati fuori dal matrimonio o adottati.

In pratica, secondo tali disposizioni, al neonato viene assegnato in automatico il cognome del padre e solo in presenza di un accordo dei genitori, al bambino può essere dato quello della mamma o entrambi. E' previsto che tali disposizioni si potranno applicare alle dichiarazioni di nascita successive all'entrata in vigore della legge.

L'iter legislativo non sarà prevedibilmente semplice, delineandosi non pochi problemi in sede di attuazione della modifica, anche alla luce di alcuni aspetti pratici di non poca rilevanza, legati all'attuale tessuto sociale che vede il formarsi di famiglie “allargate” , fenomeno, questo, che potrebbe complicare il lavoro del legislatore.

Allo stato della legislazione vigente, è oggi possibile affiancare, al cognome del padre, quello della madre, sulla base di una procedura, disciplinata dal D.P.R. n. 54 del 13/03/2012, recante la normativa generale in materia di procedimento per il cambiamento del cognome, che ha modificato gli artt. 84 e segg. Del D.P.R. 396/2000: tale modifica, nell'ottica di una maggiore semplificazione amministrativa e snellimento dell'iter procedimentale, identifica nel Prefetto l'unica autorità decisionale in materia, superando così la farraginosa duplice competenza del prefetto e del Ministero dell'Interno.

Le istanze, quindi, devono essere presentateal prefetto della provincia del luogo di residenza o di nascita, e nel caso di minori, la domanda deve essere presentata di norma da entrambi i genitori: solo se vi sono gravi motivi che ostano alla presentazione congiunta, la domanda può essere presentata da un solo genitore.

Essa deve essere adeguatamente motivata in quanto è alla stregua delle ragioni addotte dal richiedente che il Prefetto deve valutare la meritevolezza della richiesta, anche nell'interesse del minore: infatti, come chiarisce la circolare n. 14 del 21/05/2012 del Ministero dell'Interno, l'istante non ha un vero e proprio diritto al cambiamento del cognome, trattandosi sempre di provvedimenti soggetti a discrezionalità amministrativa, anche se lo stesso Ministero chiarisce che la discrezionalità riservata al prefetto debba intendersi circoscritta alla sussistenza di gravi ragioni di interesse pubblico che giustifichino il sacrificio dell'interesse privato dell'individuo al cambiamento del cognome, meritevole di tutela.

 

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