Cedolare secca: applicabilità in caso di conduttore imprenditore

Con due sentenze gemelle, la n°12076 e la n°12079, pubblicate il 7 maggio 2025, la Cassazione ha stabilito che il regime fiscale della cedolare secca è compatibile con contratti di locazione ad uso abitativo stipulati con conduttori che agiscono nell’esercizio di un’attività d’impresa o professionale.

(Art. 3,6°co., D.Lgs. n.23/2011)

Lunedi 19 Maggio 2025

Sommario

  • Il caso

  • La disciplina normativa

  • La decisione

  • Conclusioni

Il caso

In entrambe i giudizi di cui alle menzionate sentenze, due diversi contribuenti avevano ricevuto, ed impugnavano, gli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva contestato loro la mancanza di requisiti per fruire del regime agevolativo della c.d. cedolare secca in relazione ai contratti di locazione da quelli stipulati, nel primo caso, con un conduttore esercente l’attività commerciale/professionale di “edizione di riviste e periodici” e, nel secondo caso, con una società a responsabilità limitata che destinava l’immobile ad abitazione dell’amministratore delegato e della sua famiglia.

La disciplina Normativa

La cedolare secca è un regime fiscale opzionale previsto per i contratti di locazione ad uso abitativo, introdotto dall’art. 3 del D.Lgs. 23/2011, e consente al locatore, persona fisica che non agisce nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni, di sostituire l’IRPEF e le addizionali dovute sui canoni di locazione, con un’imposta sostitutiva calcolata in misura fissa.

Scopo della norma, nelle intenzioni del legislatore, è quello della semplificazione della tassazione delle locazioni, della disincentivazione del sommerso e di una maggiore certezza fiscale.

La cedolare secca può essere applicata esclusivamente da:

  • persone fisiche (no società, enti o professionisti);

  • titolari di un diritto reale (proprietà, usufrutto, uso) su un immobile abitativo concesso in locazione;

  • che non agiscano nell’ambito di attività d’impresa o professione.

Sono ammessi alla cedolare secca i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo classificati nelle categorie catastali da A/1 a A/11 (esclusa A/10, uffici), quelli stipulati per immobili ubicati in Italia ed eventualmente comprensivi di pertinenze locate congiuntamente, mentre ne sono esclusi gli immobili strumentali, gli immobili non accatastati come abitazioni ed i contratti stipulati con finalità turistiche, a meno che non rispettino specifici requisiti di legge.

Alle due aliquote tradizionali del 21% e del 10%, dal 2024 si è aggiunta una nuova e terza aliquota del 26%, confermata anche per il 2025, di talché ad oggi, il calcolo della cedolare secca avviene secondo le seguenti aliquote:

  • 21% sul canone annuo per i contratti a canone libero;

  • 10% per i contratti a canone concordato;

  • 21% sul primo immobile locato per affitti brevi e 26% dal secondo al quarto immobile affittato con questa modalità.

In ordine ai benefici derivanti dall’adesione al regime fiscale della cedolare secca, evidenziamo che:

  • non si applica l’IRPEF ordinaria (ma una aliquota fissa, in genere più bassa) sul reddito da locazione;

  • non si pagano addizionali regionali e comunali su tale reddito;

  • non si pagano né le imposte di registro né di bollo dovute sul contratto di locazione per registrazioni risoluzioni e proroghe.

Quanto agli svantaggi, invece, l’utilizzo della cedolare comporta:

  • rinuncia all’adeguamento ISTAT;

  • impossibilità di dedurre il canone per finalità fiscali;

  • non è sempre conveniente per i redditi bassi con detrazioni IRPEF.

La decisione

Oggetto d’indagine dell’approfondimento che intrattiene è il dubbio interpretativo suscitato dal testo dell’articolo 3, comma 6, del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 che ha introdotto la cedolare secca il quale, nell’indicare i casi in cui il regime agevolato non si applica, ha stabilito che sono escluse “le locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di attività d’impresa o di arti e professioni”, non lasciando però intendere a chi (locatore o conduttore) si dovesse riferire l’espressione “effettuate nell’esercizio di attività…”.

L’Agenzia delle Entrate, sul punto, a partire dalla Circolare n. 26/E/2011, aveva adottato un’interpretazione restrittiva, sostenendo che per valutare i requisiti di accesso al regime de quo occorreva considerare “anche l’attività esercitata dal locatario ed all’utilizzo dell’immobile locato”, così da ritenere l’opzione per la cedolare secca preclusa non solo nel caso in cui il locatore agisse nell’esercizio d’impresa, ma anche nel caso fosse il conduttore ad operare in tale veste e, prima delle decisioni in commento, la giurisprudenza di merito aveva avuto posizioni discordanti, con alcune Commissioni Tributarie che avevano aderito alla tesi dell’Agenzia delle Entrate ed altre che l’avevano respinta.

Dando il via ad un orientamento che al momento può considerarsi dominante, la Cassazione, con sentenza n°12395 del 07.05.2024, ha al contrario affermato che purché l’immobile venga effettivamente destinato a uso abitativo, la natura imprenditoriale o professionale del conduttore non preclude la possibilità per il proprietario di optare per il regime della cedolare secca, individuando dunque nella destinazione abitativa dell’immobile, piuttosto che nella qualifica del conduttore, il requisito essenziale per la fruizione del beneficio fiscale.

Ritenendo questa interpretazione più aderente alla lettera ed al significato del testo normativo, la Cassazione ha dunque posto in evidenza la necessità di distinguere tra la posizione del locatore e quella del conduttore, sostenendo che l’esclusione prevista dalla legge riguarda esclusivamente il locatore che agisce nell’esercizio d’impresa e che pertanto anche un’impresa o un professionista che prende in locazione un immobile per finalità abitative può essere parte di un contratto in cui è legittima l’opzione per la cedolare secca.

In questo senso, hanno affermato gli Ermellini, depone non solo la lettera, ma anche la ratio della legge, che non è solo quella di contrastare l’evasione fiscale, ma anche quella di facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo (esigenza che può sorgere anche nell’esercizio delle attività imprenditoriali, arti o professioni, che sempre più spesso avvengono lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali) e quella di sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare, che richiede periodiche spese di manutenzione straordinaria.

La circostanza poi, proseguono i giudici di Piazza Cavour, che il regime tributario in esame avvantaggia anche il conduttore, che beneficia anch’egli dell’esclusione dell’imposta di registro e dell’aggiornamento del canone, non può certo giustificare un’interpretazione dell’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011 da cui derivi una riduzione dell’ambito applicativo della cedolare secca in danno del locatore, a cui è riservata la relativa scelta e che è il beneficiario principale di tale regime.

Proseguendo infine nella sua accurata analisi, la Cassazione non ha esitato ad affermare che l’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte e che, di fronte alle norme tributarie, essa ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce mai fonte di diritto (Cass. n. 3598/2022; n. 14619/2000; Cass., Sez. U, n. 23031/2007).

Conseguentemente, hanno autorevolmente chiosato gli Ermellini, la Circolare del 1/6/2011 n. 26/E, in quanto non manifesta attività normativa, ma essendo atto interno della stessa Amministrazione, è destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ed è, altresì, inidonea ad incidere sugli elementi costitutivi del rapporto tributario.

Va riferito, a conclusione di questa breve disamina, che nonostante la chiara pronuncia della Cassazione e l’indirizzo giurisprudenziale ormai praticamente definito, l’Agenzia delle Entrate ha continuato a mantenere la propria posizione restrittiva ed, in una recente interrogazione parlamentare del 26 marzo 2025 (n. 5-03773), questa ha definito la sentenza del 2024 una “prima pronuncia isolata”, ritenendo opportuno “attendere la formazione di un consolidato indirizzo interpretativo, anche a tutela delle esigenze di gettito erariali”.

Senza farsi troppo attendere, anzi, a meno di soli di due mesi distanza, la Cassazione, con ben due, contemporanee sentenze, le menzionate n°12076 e n°12079, pubblicate il 7 maggio 2025 (per curiosa coincidenza, lo stesso 7 maggio della pronuncia del 2024), fornisce la richiesta, annunciata risposta, offrendo il sigillo per il verosimile consolidamento del principio secondo il quale, in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per il regime della c.d. cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, atteso che, come affermano gli Ermellini, “.. l’esclusione di cui all’art. 3, comma 6, d.lgs. n. 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni (Cass. 7 maggio 2024, n. 12395)”.

Conclusioni

Volendo riassumere dunque i casi in esame, possiamo sintetizzare che, in entrambe i casi affrontati, trattandosi di locazione di immobili destinato ad esigenze abitative degli amministratori delle società conduttrici, il locatore era comunque legittimato ad applicare il regime della c.d. cedolare secca, come la Cassazione ha avuto di affermare con la sentenza 1279/2025, formulando il seguente principio di diritto:

In tema di redditi da locazione, il locatore può optare per il regime della c.d. Cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, ed in particolare per le esigenze abitative dei suoi dipendenti, atteso che l’esclusione di cui all’art. 3, comma 6, d.lgs. N. 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni”.

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