CdS: limiti all'obbligo di comunicare i dati del conducente

Come noto, l'art. 126 bis del Codice della Strada prevede che il proprietario di un veicolo o l'obbligato in solido, una volta ricevuta la notifica di un verbale che prevede, oltre all'erogazione della sanzione pecuniaria, anche la decurtazione dei punti sulla patente, ha l'obbligo di comunicare all'organo accertatore il nome e i dati della patente del conducente del veicolo al momento della commissione dell'infrazione.

Lunedi 29 Dicembre 2025

La comunicazione deve essere effettuata entro il termine di sessanta giorni dalla data di notifica del verbale. L'omessa comunicazione, senza giustificato motivo, comporta l'irrogazione di una sanzione pecuniaria che va da 291,00 a 1.166,00 euro.

Con l'ordinanza n. 32988/2025, pubblicata il 17 dicembre 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla sempre attuale questione relativa alla decorrenza e l'operatività del suddetto obbligo in pendenza dell’impugnazione avverso il verbale di accertamento dell'infrazione presupposta.

Dopo l'entrata in vigore della norma, all’interno della giurisprudenza, sul punto, è nato un significativo dibattito che ha dato origine a due opposti orientamenti.

Un primo orientamento, in passato maggioritario, riteneva che l'obbligo di comunicare i dati del conducente e l'infrazione stradale presupposta costituivano due illeciti completamente autonomi. I sostenitori di questo orientamento intendevano l’obbligo della comunicazione come un dovere di collaborazione con l'autorità, finalizzato a garantire la tempestiva identificazione del responsabile. L'illecito per omessa comunicazione era ritenuto di natura "istantanea" e si perfezionava con la mera scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica del verbale presupposto. La pendenza di un ricorso contro il verbale principale era considerata irrilevante e non idonea a sospendere il termine per la comunicazione. Secondo tale orientamento, l’eventuale annullamento del verbale presupposto non incideva sulla legittimità della sanzione per l'omessa comunicazione, già perfezionata.

A partire dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 24012 del 3 agosto del 2022, tale orientamento è stato superato, anche se ancora oggi si registrano alcune decisioni dei giudici di merito che lo applicano.

L'attuale orientamento, inaugurato dalla Cassazione nel 2022, costantemente ribadito in seguito da altre decisioni degli stessi giudici di legittimità, subordina l'esistenza stessa dell'obbligo di comunicazione alla definizione del procedimento relativo all'infrazione principale.

I fautori di tale orientamento evidenziano che sarebbe irragionevole e contrario alla logica sanzionare un soggetto per non aver fornito i dati relativi a un'infrazione che potrebbe essere giudicata insussistente. La stessa norma, nel disciplinare la comunicazione dei punti all'anagrafe, fa riferimento alla "definizione della contestazione" e alla conclusione dei ricorsi.

Tale interpretazione è in linea con la sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2005, la quale ha chiarito che "in nessun caso... il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione".

La sospensione dell'obbligo viene configurata come una sorta di interruzione. Il termine di sessanta giorni non continua a decorrere, ma "inizia a decorrere nuovamente" solo dal momento in cui l'esito negativo del giudizio sull'infrazione principale diventa definitivo e viene notificato un nuovo invito.

IL CASO: La vicenda processuale esaminata dalla Cassazione con la recente ordinanza (n. 32988/2025, pubblicata il 17 dicembre 2025), prende le mosse dall'opposizione proposta dal proprietario di un veicolo avverso un verbale di contestazione per la violazione dell'art. 126-bis, comma 2, C.d.S., che le era stato notificato.

All'opponente era stata irrogata una sanzione pecuniaria per non aver comunicato, entro il termine di sessanta giorni, i dati personali e della patente del conducente del proprio veicolo al momento della commissione di una precedente infrazione.

Con il ricorso, l'opponente sosteneva di aver tempestivamente comunicato all'organo accertatore il "giustificato motivo" della mancata indicazione dei dati, avendo impugnato il verbale presupposto innanzi al Giudice di Pace, chiedendo che lo stesso venisse annullato. Pertanto, evidenziava che non sussisteva l'obbligo della comunicazione fino alla definitiva conclusione del suddetto giudizio.

Sia il Giudice di Pace in primo grado, sia il Tribunale in sede di appello, davano torto all'originario opponente.

Il Tribunale, nel confermare la decisione di primo grado, affermava che la proposizione di un ricorso giurisdizionale contro il verbale presupposto non sospende né interrompe il termine perentorio per la comunicazione dei dati. L'art. 126-bis del Codice della Strada individua la definitività della contestazione come momento rilevante solo per la comunicazione dei dati da parte dell'organo di polizia all'anagrafe nazionale, e non per l'adempimento dell'obbligo da parte del proprietario del veicolo.

Pertanto, essendo rimasto soccombente, l'originario opponente proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell'art. 126-bis del Codice della Strada, insistendo nel sostenere che la pendenza del giudizio sull'infrazione principale costituiva un giustificato motivo per sospendere l'obbligo di comunicazione.

LA DECISIONE: La Cassazione ha dato ragione all’originario opponente, accogliendo il ricorso da quest’ultimo proposto e, decidendo nel merito, ha annullato il verbale.

Gli Ermellini hanno affermato il principio secondo il quale in materia di illeciti stradali, la violazione prevista dall’art. 126-bis, secondo comma, c.d.s. – consistente nella mancata comunicazione, nei sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, dei dati personali e della patente di guida del conducente al momento della commessa violazione presupposta – si configura soltanto quando siano definiti i procedimenti giurisdizionali o amministrativi proposti avverso il verbale relativo alla precedente infrazione di riferimento, non insorgendo prima di allora alcun obbligo nei termini siffatti.

Di conseguenza, hanno concluso, si delineano due scenari alternativi:

  1. Esito favorevole al ricorrente: Se l'opposizione al verbale presupposto viene accolta e il verbale annullato, viene meno il presupposto stesso della richiesta di comunicazione dei dati e, pertanto, nessuna sanzione per l'omessa comunicazione può essere irrogata.

  2. Esito sfavorevole al ricorrente: Se l'opposizione viene rigettata, l'obbligo di comunicazione rivive. Tuttavia, l'amministrazione non può procedere automaticamente a sanzionare l'omissione. È tenuta, invece, a emettere un nuovo invito all'obbligato, e solo dalla notifica di questo nuovo atto decorrerà un nuovo termine di sessanta giorni per adempiere.

Nel esaminato, la Corte ha rilevato che il Tribunale, confermando la decisione del Giudice di Pace, non aveva tenuto conto che l'opposizione al verbale principale promossa dal proprietario del veicolo si era conclusa con l'annullamento dello stesso, circostanza che rendeva illegittima la sanzione accessoria.

L'orientamento espresso dai giudici di legittimità con l’ordinanza in commento si fonda sulla necessaria correlazione tra il procedimento di opposizione all'infrazione principale e l'obbligo di comunicazione, superando la tesi della totale autonomia tra i due illeciti.

In conclusione, l'ordinanza si pone come un'ulteriore e autorevole conferma di un principio di diritto che rafforza le garanzie del cittadino nel procedimento sanzionatorio stradale, subordinando l'obbligo di comunicazione dei dati del conducente alla certezza giuridica dell'infrazione presupposta.

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