Avvocato non legge la PEC con l'opposizione a D.I.: sospeso per 8 mesi.

Mercoledi 4 Settembre 2024

L'avvocato che non si preoccupa di verificare la PEC, nella consapevolezza, anche solo per la vicenda in oggetto, del periodo nel quale possa maturare un’opposizione ad un decreto ingiuntivo, è circostanza che di per sé denota negligenza con le dirette conseguenze in termini di configurabilità della violazione di cui all’art. 26 comma. 3 co e applicazione della sanzione della sospensione per 8 mesi.

In tal senso si è espresso il CNF nella sentenza n. 134/2024.

Il caso: Tizio presentava esposto contro l'avv. Caio, riferendo di avergli conferito mandato per procedere al recupero di un credito vantato nei confronti della società Beta snc e di non aver ricevuto, dopo la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo, alcuna informazione sull'esito del procedimento monitorio fino alla comunicazione relativa alla mancata opposizione del decreto ingiuntivo, alla quale seguivano ulteriori rassicurazioni relative a trattative in corso; rassicurazioni che si sarebbero in seguito rivelate inveritiere, a seguito della comunicazione a Tizio da parte della cancelleria del Tribunale di Bergamo dell'intervenuta sentenza relativa a giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, di cui l'esponente ignorava tuttavia l'esistenza.

All'esito, l'organo disciplinare, accertata la responsabilità disciplinare di Caio, irrogava nei suoi confronti la sanzione della sospensione per mesi 8, ritenuta congrua e risultante (in relazione all'aggravamento delle sanzioni edittali) dalla gravità del danno arrecato al cliente dalla molteplicità delle norme deontologiche violate, dall'assenza di resipiscenza nonché alla gravità dell'offesa arrecata alla reputazione, la dignità e al decoro dell'intera categoria professionale.

L'avv. Caio ricorre in Cassazione, deducendo che solo per una mera svista non si sarebbe accorto di aver ricevuto la PEC con l'opposizione al decreto ingiuntivo, aggiungendo che in ogni caso avere ignorato la PEC di notifica poteva al più comportare responsabilità civile ma, in assenza di specifica motivazione sulla trascuratezza degli interessi della parte assistita, non poteva comportare responsabilità disciplinare.

Per il CNF il ricorso è infondato:

a) la definizione di mera “svista”, rappresenta un artificio linguistico dietro cui celare il comportamento negligente, documentalmente provato: il collega di controparte non aveva alcun obbligo di fare riferimento al giudizio nella trasmissione; peraltro, è lo stesso ricorrente a negare svariate volte al proprio assistito l’esistenza di un giudizio di opposizione così continuando a fornire una falsa rappresentazione della realtà fattuale, ma soprattutto dichiarando l’incapacità di assumersi la responsabilità della c.d. “svista”;

b) non verificare la PEC, nella consapevolezza, anche solo per la vicenda in oggetto, del periodo nel quale potesse maturare un’opposizione ad un decreto ingiuntivo, è circostanza che di per sé denota negligenza con le dirette conseguenze in termini di configurabilità della violazione di cui all’art. 26 comma. 3;

c) la suindicata negligenza nasce dal “disinteresse” nei confronti delle sorti del cliente, ed è certamente rilevante e si pone al di sotto della diligenza media, proprio perché al legale era chiaro che si sarebbe potuto trovare innanzi ad una opposizione e per tanto avrebbe dovuto usare il massimo della diligenza nella verifica di eventuali PEC;

d) tutto ciò configura anche la violazione degli articoli 9,10 e 12 in quanto nella vicenda in oggetto il disvalore del comportamento negligente è fornito proprio dalla mancata costituzione nel giudizio di opposizione

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