L'art. 162 bis comma 4 c.p.p. l'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio

 Nell'ambito del processo in absentia dell'imputato, particolare importanza riveste il nuovo art. 162 bis comma 4 c.p.p. sull'elezione di domicilio dell'imputato presso il difensore

Venerdi 24 Novembre 2017

Dal legislatore sordo al principio della conoscenza effettiva del processo alla disciplina del processo in absentia dell'imputato. Tempi difficili per chi rimarca le ragioni dello Stato di diritto. La gente cerca capri espiatori, sale in cattedra, reclama patiboli e condanne esemplari, sommarie e senza scampo, senza dubbi e senza regole.

Ma,  fino a quando ci sono processi celebrati nelle aule di giustizia, e non nelle piazze o nelle trasmissioni televisive, saranno i principi e le norme a salvarci dalla sete di vendette (sempre a scapito in genere degli ultimi degli ultimi) ed a rendere un processo veramente tale, e non puro palcoscenico di improvvisati vendicatori.

Il processo penale è tale, quando è in primis l'insieme delle condizioni normative che preservano, o dovrebbero preservare i cittadini dalla possibilità di diventare più  o meno somiglianti alla sagoma di Josef K. inconsapevoli ingranaggi della macchina giustizia, meramente burocratica, solo formalmente attinti da capi imputazione, e di sentenze, che rischiano di essere del tutto inutiliter datae se gli imputati sono puri nominativi, convitati di pietra,  senza alcuna sostanza, irreperibili e/o ignari del procedimenti a loro carico.

Vediamo come i cittadini siano invece titolari del diritto inalienabile a conoscere il processo a loro carico e partiamo  dal nucleo di principi rappresentati dall'art.6 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo ed in particolare dalla lettera a) ogni cittadino a diritto di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico;”

Ma l'Italia, terra di vetusta inquisizione, e di caccia agli untori, è restata per anni sorda al richiamo dell'indefettibile regola dell'effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato. Di qui una serie di condanne da parte della Corte di Strasburgo (vedi sentenza Somogyi c. Italia n. 67972/01 del 18 maggio 2004 e la sentenza Sejdovic c. Italia n. 56581/00 del 10 novembre 2004 su cui non possiamo soffermarci in tal sede ma che tracciavano un bilancio già paradossale di processi con condannati ignari. ). Tale colpevole inerzia non poteva durare un tempo infinito. Il legislatore quindi interveniva a modificare l'art. 175 c.p.p. Esso, nella sua originaria formulazione, prevedeva la possibilità della restituzione nel termine, per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale o l'opposizione al decreto penale di condanna, esclusivamente  per l'imputato che provasse di non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento, sempre che l'impugnazione non fosse stata proposta dal difensore e il fatto non fosse dovuto a sua colpa ovvero, qualora la sentenza contumaciale fosse stata notificata mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli artt. 159, 161 comma 4 e 169, il soggetto non si fosse sottratto alla conoscenza degli atti del procedimento”

Con le modifiche all'art. 175 c.p.p., l'obiettivo del legislatore è stato quello di garantire in modo più concreto la possibilità di un'impugnazione della sentenza contumaciale da parte del condannato che non risultasse essere stato pienamente - effettivamente-  informato dell'esistenza di un procedimento a suo carico, rinunciando a prendervi parte attiva, sia partecipando al giudizio che presentando impugnazione; ampliando i termini per presentare la richiesta di restituzione nel termine, infine, si è inteso rendere più agevole il ricorso all'istituto previsto dall'art. 175 c.p.p. consentendo a chi fosse realmente ignaro di una pendenza giudiziaria a proprio carico di avvalersi degli strumenti "riparatori" apprestati dall'ordinamento.. Il comma 2 dell'art. 175 c.p.p., nella sua formulazione successiva al D.L. 21 febbraio 2005 n. 17, convertito con la l. 22 aprile 2005 n. 60,   prevede che il soggetto giudicato in contumacia ha diritto alla restituzione nel termine «salvo che … abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione. A tal fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica».

Fino a quel momento era rimasto in auge il principio della "presunzione di conoscenza legale" del processo da parte dell'imputato ove risultasse rispettato lo schema legale del regime notificatorio. L'unica possibilità di scalfire siffatto impianto presuntivo, per l'imputato ignaro, era la remota possibilità che questi dimostrasse la propria mancata effettiva conoscenza per cause tipizzate di "forza maggiore o caso fortuito". L'onere della prova di siffatti eventi atipici ed eccezionali incombeva integralmente su colui che chiedeva la restituzione in termini.

A seguito della novella del 2005, invece, è stato attribuito al Giudice l'obbligo di compiere la necessaria verifica per accertare che l'imputato fosse effettivamente a conoscenza del procedimento a suo carico sgravandosi, pertanto, l'interessato dall'onere di fornire la probatio diabolica della prova negativa della conoscenza. Il principio dell'effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato è alla base anche della legge n.67/2014 che ha segnato il tramonto del giudizio contumaciale ma non è esente comunque a sua volta da dubbi ed ombre e comunque profili di forte criticità. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 9, della legge 28 aprile 2014, n. 67, l’art. 420-quater c.p.p. prevedeva che in caso di mancata comparizione all’udienza dell’imputato in assenza di legittimo impedimento o irregolarità della notifica, il giudice, sentite le parti, ne dichiarava la contumacia. In questi casi, l’imputato veniva rappresentato dal difensore proprio come se fosse presente e il provvedimento dichiarativo della contumacia veniva dichiarata nulla in caso di prova che al momento della pronuncia vi fosse stata una mancata conoscenza da parte dell’imputato dell’udienza oppure un’assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento. Una assenza/presenza, pertanto.

Con la riforma si chiede o si dovrebbe chiedere al Giudice una verifica più precisa della conoscenza del processo da parte dell'imputato, passando dal principio della conoscenza legale a quello dell' "effettiva conoscenza" del processo, a quello del processo in "absentia". Ma non è tutto cosi semplice. La legge n.. 67 del 2014 mantiene fermo il principio del diritto, non dell'obbligo dell'imputato di partecipare al processo, ma tale diritto implica necessariamente la conoscenza del processo. Quindi diventa in primis indispensabile sospendere il processo a carico degli irreperibili, posto che la conoscenza per questi ultimi è meramente ipotetica ed astratta.

Procediamo con ordine, premettendo che il legislatore non ha voluto toccare la disciplina delle notifiche, che si colloca per cosi dire a monte di tutta la complessa tematica e delle verifiche dell'assenza dell'imputato. Piuttosto, ha valorizzato quegli indici che consentono di ritenere che l'imputato sia a conoscenza del processo. e quindi di procedere, in sua assenza, senza che quindi ciò implichi una deminutio dei suoi diritti e delle sue facoltà processuali. Tali indici sono diversi, per valenza sintomatica  della conoscenza del processo (o del procedimento? in alcuni casi come l'elezione di domicilio si può parlare piu propriamente di conoscenza del procedimento, non della fase successiva del processo vero e proprio) . Segnatamente gli indizi sono i seguenti ex art. 420 bis c,p.p.: se nel corso del procedimento l’imputato è stato arrestato o fermato o sottoposto a misura cautelare; - se nel corso del procedimento l’imputato ha nominato un difensore di fiducia;- se vi è comunque certezza che l’imputato è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. Non si tratta di una presunzione assoluta perché, come si è detto, l’imputato è sempre ammesso a provare che la mancata conoscenza della celebrazione del processo è stata incolpevole.

Su ogni indice presuntivo si possono rappresentare profili di forte problematicità, (si pensi solo per fare un esempio al caso della nomina di fiducia e successiva rinuncia al mandato, e quindi di prevedibile interruzione di un rapporto che rende l'imputato a conoscenza del processo)

L'ELEZIONE DI DOMICILIO E L'ELEZIONE DI DOMICILIO PRESSO IL DIFENSORE DI FIDUCIA, ART. 162 BIS COMMA 4 C.P.P. Ma soffermiamoci soprattutto ai nostri fini sull' assai problematico caso (altro indice presuntivo) in cui l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio. L’art. 161, comma 1 cpp stabilisce che, nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini, il pm o la Pg devono invitare l’indagato ad eleggere domicilio per le notificazioni avvertendolo che ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Prevede poi, al comma 2, che – fuori del caso sopra indicato – quando per la prima volta notifica un atto all’imputato o indagato, l’autorità giudiziaria debba invitarlo a dichiarare o eleggere domicilio. In tal caso il destinatario della notifica deve essere avvisato che, se la dichiarazione o elezione di domicilio risulterà mancante, insufficiente o inidonea le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l’atto è stato notificato. Con l’invito a dichiarare o eleggere domicilio l’indagato è messo a conoscenza della pendenza del procedimento ed è invitato a indicare dove vuole ricevere tutti gli atti successivi. Avendo fornito questa indicazione egli ha l’onere di comunicare eventuali mutamenti del domicilio dichiarato o eletto e viene informato [a pena di nullità ex art.171, comma 1, lett. e) cpp] che se non lo farà gli atti potranno essere validamente notificati presso il difensore ovvero (nel caso di cui al comma 2) nel luogo in cui è avvenuta la prima notifica.Ai sensi dell’art. 161, comma 4 le notifiche possono essere eseguite presso il difensore:  - nel caso previsto dal comma 2, se risulta impossibile eseguirle nel luogo in cui è stato notificato il primo atto; - nel caso previsto dal comma 1, se «la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee».

La possibilità di procedere in assenza dell’imputato che abbia dichiarato o eletto domicilio ai sensi dell’art. 161 cpp ha una sua formale linearità: l’imputato ha avuto conoscenza del procedimento quando ha dichiarato o eletto domicilio; ciò gli avrebbe consentito di venire a conoscenza della celebrazione del processo e, se lo avesse voluto, anche della data d’udienza. Se non è presente, quindi, è perché ha rinunciato ad esserlo, oppure perché non si è adoperato, come avrebbe potuto, per ricevere le informazioni a lui destinate. In questa prospettiva, la circostanza che in concreto l’imputato non sappia nulla della celebrazione del processo, non impedirebbe di procedere in assenza: egli sapeva del procedimento e, usando l’ordinaria diligenza, poteva sapere del processo. Anche i rimedi restitutori previsti dalla legge sarebbero dunque impraticabili perché la mancata conoscenza della celebrazione del processo non potrebbe essere considerata incolpevole.

Proprio su queste posizioni sembra essersi attestata la giurisprudenza successiva all’entrata in vigore della legge n. 67/2014. La rescissione del giudicato ex art. 625 ter cpp è stata infatti sistematicamente esclusa quando l’imputato aveva eletto domicilio sull’assunto che, in questo caso, la mancata conoscenza della celebrazione del processo era dovuta a colpa del condannato. A queste conclusioni si è giunti sia per le notifiche eseguite ex art. 161, comma 4 cpp ad imputato resosi irreperibile al domicilio eletto, sia nel caso in cui l’elezione di domicilio fosse avvenuta presso il difensore d’ufficio. In quest’ultimo caso la suprema Corte ha sottolineato che dall’elezione di domicilio deriva una «presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento» Non sono mancate, è vero, isolate opinioni diverse che in senso piu garantistia hanno valorizzato il momento nel quale è avvenuta la dichiaraziono o elezione di domicilio. Ad esempio per poter produrre gli effetti sopra indicati,  la dichiarazione o elezione di domicilio, deve essere intervenuta nel corso del procedimento ed essere quindi successiva all’iscrizione della notizia di reato, sicché un’elezione o dichiarazione di domicilio, contestuale al primo atto compiuto dalla Pg (ad esempio un sequestro o una perquisizione), ma precedente alla formale iscrizione del nome dell’indagato nel registro di cui all’art. 335 cpp, non potrebbe fondare né una presunzione di conoscenza del procedimento, né, tanto meno, una presunzione di conoscenza della celebrazione del processo Si è anche sostenuto (in questo senso si sono orientate le più recenti pronunce dei giudici di legittimità) che la conoscenza dell’esistenza del procedimento penale non può in nessun caso essere desunta dall’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio effettuata, nell’immediatezza dell’accertamento del reato, in sede di redazione del verbale di identificazione d’iniziativa della polizia giudiziaria Cass., Sez. 2, sent. n. 9441 del 24 gennaio 2017. La circostanza che gli artt. 161 e 420-bis cpp non distinguano l’elezione di domicilio avvenuta presso lo studio del difensore d’ufficio nominato dalla Pg, dalle elezioni o dichiarazioni di domicilio avvenute in luogo diverso, è stata oggetto di una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale monocratico di Asti.

Il giudice remittente dubitava della legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 161 e 163 cpp «nella parte in cui non prevedono la notifica personale dell’atto introduttivo del giudizio penale, quantomeno nell’ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio» e sosteneva che, consentendo di procedere in assenza in caso di elezione di domicilio eseguita presso lo studio del difensore d’ufficio nominato dalla polizia giudiziaria, il legislatore avrebbe violato gli articoli 2, 3, 21, 24, 111 e 117 della Costituzione (quest’ultimo in relazione all’art. 14 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966 e all’art. 6 della Convenzione Edu). La questione è stata dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale perché la censura di costituzionalità non avrebbe dovuto riguardare il combinato disposto degli artt. 161 e 163 cpp, ma piuttosto l’art. 420-bis comma 2 cpp, ed anche perché l’esiguità degli elementi di fatto forniti dal remittente impediva di valutare se, nel caso concreto, vi fosse stata «effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’imputato», valutazione indispensabile per poter decidere se la questione fosse rilevante.

La Corte costituzionale ha così implicitamente riconosciuto che, nei casi di elezione di domicilio presso un difensore d’ufficio, la compatibilità tra le disposizioni costituzionali e convenzionali e la possibilità di procedere in assenza sussiste con certezza solo se, in concreto, vi è stato «un rapporto di informazione tra il legale, benché nominato d’ufficio, e l’assistito». La Corte ha ritenuto infatti che la questione di legittimità costituzionale avrebbe potuto essere rilevante se dall’ordinanza di rimessione fosse emerso che, nonostante le regolari notifiche presso il domiciliatario, gli imputati non avevano avuto «alcuna consapevolezza dell’inizio del processo a loro carico». Ha sottolineato a tal fine che dalla giurisprudenza della Corte Edu non discende «l’obbligo della notifica personale dell’atto introduttivo del giudizio», e tuttavia quella giurisprudenza impone agli Stati membri dell’Unione di predisporre regole precise che operino quando la notifica personale non vi sia stata e consentano di stabilire se «l’assenza dell’imputato al processo possa essere ritenuta espressione di una consapevole rinuncia a parteciparvi». Ha rivolto infine un monito al legislatore rammentando che «l’individuazione degli strumenti attraverso cui consentire al giudice di verificare che l’assenza dell’imputato al processo sia espressione di una consapevole rinuncia a comparire non può che essere affidata alla discrezionalità del legislatore, trattandosi di scelte che investono la disciplina degli istituti processuali, nella specie quello delle notificazioni degli atti introduttivi del giudizio penale» La questione per la sua rilevanza dirimente per le garanzie di un giusto processo non poteva piu essere lasciata all'interpretazione, pur costituzionalmente orientata dalla giurisprudenza.  Ed in questo quadro normativo e giurisprudenziale va collocato l’art. 1, comma 24 della legge 23 giugno 2017, n. 103 che ha introdotto nell’ordinamento processuale penale l’art. 162 comma 4-bis. La norma, infatti, interviene a distinguere l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio da ogni altra elezione di domicilio e stabilisce che «l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario».Una riforma in tal senso era stata chiesta dall’Unione delle Camere penali italiane e dal Consiglio nazionale forense che avevano proposto di introdurre nell’art. 161 cpp un comma 4-bis in base al quale l’elezione di domicilio nello studio del difensore d’ufficio doveva essere espressamente accettata dal difensore stesso con atto scritto depositato presso l’autorità procedente. La richiesta era stata formulata avendo a mente soprattutto le elezioni di domicilio presso il difensore d’ufficio compiute di fronte alla Pg da indagati stranieri e senza fissa dimora: casi frequentissimi, nei quali, non senza ragione, le associazioni della avvocatura parlavano di «elezioni di domicilio forzate». Nella quasi totalità di questi casi, infatti, all’elezione di domicilio non segue alcun contatto tra l’indagato e il difensore domiciliatario, ma nonostante ciò la giurisprudenza prevalente ha sempre ritenuto che tali elezioni di domicilio siano produttive di effetti sulla base del combinato disposto degli artt. 161 e 420-bis, comma 2 cpp.

Il legislatore ha raccolto i suggerimenti delle associazioni dell’avvocatura e le autorevoli indicazioni contenute nella sentenza n. 31/2017 della Corte costituzionale, ma ha ritenuto preferibile non modificare l’art. 161 cpp intervenendo invece sull’art. 162 che disciplina le modalità di comunicazione del domicilio dichiarato o eletto.La scelta normativa non è casuale e se ne deve tenere conto in sede interpretativa.L’art. 162 comma 4-bis stabilisce che, quando l’elezione di domicilio avvenga presso il difensore d’ufficio, non è sufficiente che sia comunicata all’autorità procedente «con dichiarazione raccolta a verbale» (come previsto dall’art. 162, comma 1), ma è necessario che, «unitamente alla dichiarazione di elezione», l’autorità procedente riceva «l’assenso del difensore domiciliatario». L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, dunque, deve essere subito comunicata al difensore stesso e poi trasmessa all’autorità procedente. Nel caso in cui la comunicazione al difensore d’ufficio non sia avvenuta − e nel caso in cui sia avvenuta, ma egli non abbia assentito − il legislatore stabilisce che l’elezione di domicilio «non ha effetto». La scelta di tale espressione indica inequivocamente che si tratta di un atto esistente (che come tale deve essere comunicato alla Ag), ma improduttivo di effetti. Poiché l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non contestualmente assentita dal difensore stesso «non ha effetto», da questa elezione di domicilio non può derivare nessuna delle conseguenze previste dall’art. 161 cpp. Se si versa in questa ipotesi, dunque, le notifiche devono essere eseguite ai sensi dell’art. 157 cpp; quando ciò non è possibile devono essere disposte ricerche ex art. 159 e solo nel caso in cui tali ricerche fossero negative le notifiche potrebbero essere eseguite presso il difensore, previa dichiarazione di irreperibilità ex art. 159 cpp. In quanto improduttiva di effetti, l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non contestualmente assentita dal difensore stesso non consente neppure di procedere in assenza ai sensi dell’art. 420-bis, comma 2 cpp.

Introducendo l’art. 162, comma 4-bis il legislatore ha riconosciuto che, quando l’indagato elegge domicilio presso il difensore d’ufficio, occorre assicurare un contatto tra domiciliato e domiciliatario. Solo se questo contatto si realizza e il difensore comprende che potrà farlo durare nel tempo (nel qual caso potrà assentire a svolgere il ruolo di domiciliatario) l’elezione di domicilio è idonea a fornire certezze in ordine alla conoscenza del procedimento e alla colpevolezza dell’eventuale successiva mancata conoscenza della celebrazione del processo. Solo in questo caso, quindi, l’elezione di domicilio può produrre gli effetti previsti dall’art. 161 e costituire un presupposto per la procedibilità in assenza ex art. 420-bis, comma 2. Viene così sancita a livello normativo la “debolezza” di una presunzione di colpevole non conoscenza della celebrazione del processo fondata su un’elezione di domicilio compiuta presso un difensore che l’indagato non conosce, da un indagato che il difensore domiciliatario non sa come rintracciare. Si prende atto che un processo celebrato in tale situazione non sarebbe conforme ai principi sanciti dall’art. 6 della Convenzione Edu perché l’indagato potrebbe essere imputato e poi condannato senza essere mai stato messo a conoscenza delle accuse formulate a suo carico, senza aver mai avuto concreta possibilità di difendersi, senza essere mai stato effettivamente informato della celebrazione del giudizio. I rimedi di tipo restitutorio − che, prima del 2014, erano assicurati dall’art. 175, comma 2 cpp – si trasformano così in rimedi preventivi: salvo che non sia stata assentita, l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio è riconosciuta non idonea a fondare presunzioni di conoscenza del procedimento e del processo, che dunque non può essere iniziato e non può condurre ad una condanna fino a che non si verifichino le condizioni previste dall’art. 420-quinquies, comma 2 cpp. Ma a dispetto della garanzia normativa, non si muovono certo nel senso sopra indicato le prime prese di posizione della magistratura sui problemi posti dalla novella legislativa. Subito dopo l’entrata in vigore della legge n. 103/2017, i procuratori della Repubblica hanno emanato direttive alla Pg, volte a far sì che l’invito ad eleggere domicilio formulato ai sensi dell’art. 161, comma 1 cpp tenesse conto della nuova normativa Tutte le direttive pubblicate o reperibili on-line prevedono: - che in caso di elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio questi debba essere contattato dagli operanti al fine di acquisire l’assenso;- che debba essere dato atto a verbale se il difensore è stato rintracciato o meno e se l’assenso è stato concesso o negato. Prevedono inoltre che, quando manchi l’assenso del difensore, la Pg debba informare l’interessato che l’elezione di domicilio da lui compiuta non ha effetto, invitandolo ad eleggere un domicilio diverso. Se le prime due indicazioni sono ineccepibili, qualche perplessità può essere sollevata sulla terza che muove da una fallace premessa in diritto: postula infatti che un’elezione di domicilio che non ha effetto sia, nella sostanza, un’elezione di domicilio inesistente o inidonea. È esplicito in tal senso il contenuto di alcune linee guida: fra tutte, quelle (assai dettagliate) del Procuratore di Tivoli, secondo il quale l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non contestualmente assentita dal difensore stesso «è priva di effetti, perciò inidonea (o mancante), con le conseguenze di cui all’art. 161 comma 4 secondo periodo c.p.p.» Si tratta di una premessa smentita dalla lettera della legge e dalla collocazione sistematica della modifica normativa. Il legislatore, infatti, non è intervenuto sull’art. 161 cpp bensì sull’art. 162 e non ha stabilito (come pure avrebbe potuto) che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non contestualmente accettata dal domiciliatario è mancante o insufficiente o inidonea (secondo la tassativa elencazione contenuta nell’art. 161, comma 4 cpp), bensì che essa «non ha effetto», cioè che si tratta di un atto esistente ma inefficace. Per non giungere a tanto si ipotizza un nuovo invito ad eleggere domicilio che nessuna norma prevede, ma tuttavia la Pg dovrebbe compiere. Questo nuovo invito non disapplica la riforma, ma la aggira. Il legislatore ha voluto distinguere l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio da ogni altra elezione di domicilio e ha stabilito che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio produca effetti solo se questi ha accettato il ruolo di domiciliatario. L’elezione di domicilio presso il difensore non consenziente deve essere dunque sostituita da un’elezione di domicilio diversa e a tal fine la procedura di cui all’art. 161 deve ricominciare daccapo: la Pg informa l’interessato che l’elezione di domicilio compiuta non è efficace perché il difensore d’ufficio non è stato rintracciato o non ha assentito e invita l’interessato ad eleggere un domicilio differente (di fatto lo informa che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non è più tra le opzioni possibili). Si aprono a questo punto diversi scenari. L’interessato potrebbe essere in condizione di indicare un differente domicilio e farlo (se espressamente rifiutasse di farlo opererebbe l’art. 161, comma 4 cpp); potrebbe invece non avere alcun diverso luogo da indicare, nel qual caso avrebbe due sole alternative: non dare indicazioni o insistere nell’eleggere domicilio presso il difensore d’ufficio che non ha assentito. Nel primo caso, l’elezione di domicilio non sarebbe stata certo rifiutata (perché non è rifiuto l’oggettiva impossibilità per il dichiarante di indicare un luogo o una persona ove gli atti possano essere notificati), ma sarebbe comunque mancante; nel secondo caso, l’elezione di domicilio sarebbe avvenuta presso un difensore d’ufficio non consenziente, quindi in un luogo che si assume inidoneo. In entrambi i casi, comunque, si potrebbe procedere ex art. 161, comma 4 cpp. Insomma, con la rinnovazione dell’invito ad eleggere domicilio, si fa rientrare dalla finestra ciò che il legislatore ha fatto uscire dalla porta, consentendo nei fatti che le notifiche vengano eseguite presso il difensore d’ufficio: quello stesso difensore che aveva dichiarato di non essere disposto a ricevere gli atti e aveva reso con ciò priva di effetti l’elezione di domicilio iniziale. Se questo indirizzo interpretativo dovesse consolidarsi ed essere recepito dalla giurisprudenza, tutti i problemi relativi alla possibilità di procedere in assenza nei confronti di chi abbia eletto domicilio presso il difensore d’ufficio nel primo atto compiuto di fronte alla Pg si riproporrebbero inalterati e un’elezione di domicilio priva di effetti per espressa previsione di legge tornerebbe in concreto ad averne.

Si potrebbe ancora sostenere che, avendo eletto domicilio presso un difensore non assenziente (o comunque non avendo eletto un diverso domicilio), l’indagato è stato informato del procedimento. Si potrebbe sostenere ancora che, poiché sapeva che le notificazioni sarebbero state eseguite presso il difensore d’ufficio e ne conosceva il nome, l’imputato avrebbe potuto sapere della celebrazione del processo. In questi casi, si potrebbe anche ascrivere a colpa dell’imputato assente l’eventuale mancata conoscenza della celebrazione del processo, sicché tutti i rimedi preventivi o restitutori previsti dalla legge potrebbero risultare in concreto impraticabili. Si tratta di effetti paradossali e del tutto anti costituzionali, lesivi degli elementari principi del giusto processo. Inoltre, la riforma dell’art. 162 sarebbe dunque sostanzialmente priva di effetti e ci sarebbe da chiedersi perché il legislatore abbia voluto introdurla. però, una diversa interpretazione è possibile ed anzi doverosa, perché conforme alla lettera della legge, idonea a non privare la riforma di ogni significato pratico, compatibile con le chiare indicazioni della Corte Edu e con le altrettanto chiare indicazioni della Corte Costituzionale la quale, pochi mesi orsono (con la sentenza n. 31/2017), ci ha ricordato che un processo penale celebrato in assenza è equo (e dunque conforme ai principi costituzionali e convenzionali) se vi è stato un rapporto di informazione tra il legale (benché nominato d’ufficio) e l’assistito; e ha ricordato al legislatore che è suo compito individuare gli strumenti attraverso cui consentire al giudice di verificare se l’assenza dell’imputato al processo è espressione di una consapevole rinuncia a comparire. Questo monito è stato accolto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103.

Introducendo l’art. 162, comma 4-bis si è stabilito infatti che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio può avere effetto solo quando sia stato assicurato un contatto reale (e potenzialmente duraturo) tra il domiciliato e il domiciliatario. Se ciò non è avvenuto l’elezione di domicilio non ha effetto: non consente dunque di procedere alle notifiche ai sensi dell’art. 161 cpp, né, tanto meno, di procedere in assenza ai sensi dell’art. 420-bis, comma 2 cpp. Una riforma doverosa, che, interpretata in modo coerente con i principi costituzionali e convenzionali in materia di giusto processo, dovrebbe contribuire a rendere il sistema penale meno ricoperto dalla fitta nebbia di polverosi carteggi nei quali spesso si perde di vista l'insostituibile e insopprimibile componente personalistica ed umana .  

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