Applicazione della sentenza n. 76/2025 Corte Costituzionale a un procedimento in corso

Avv. Marco Mafucci.

Applicazione della sentenza n. 76/2025 Corte Costituzionale a un procedimento in corso ove il sindaco ha esercitato il proprio potere prima della sentenza detta

Mercoledi 3 Dicembre 2025

Nel corso di un procedimento di impugnazione del trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), iniziato prima della pronuncia della Corte Costituzionale n. 76/2025, in merito alla detta sentenza richiamata dalla difesa, il Tribunale dava: “atto che la retroattività di tale pronuncia non può tuttavia estendersi a situazioni che abbiano esaurito i loro effetti, quale quella di specie ove medici, Sindaco e G.T. si sono evidentemente conformati al diritto vigente a quella data poi in parte dichiarato costituzionalmente illegittimo”.

A tale dichiarazione del Collegio del Tribunale, la difesa specificava che la situazione oggetto di esame era sub iudice e quindi non investiva rapporti esauriti: l’esame dei presupposti e dei provvedimenti amministrativi erano oggetto di valutazione giudiziale1.

L’art. 136 Cost. dispone che, quando la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Inoltre, l’art. 30, l. 11 marzo 1953, n. 87, prevede che “la sentenza che dichiara l'illegittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, entro due giorni dal suo deposito in Cancelleria, è trasmessa, di ufficio, al Ministro di grazia e giustizia od al Presidente della Giunta regionale affinché si proceda immediatamente e, comunque, non oltre il decimo giorno, alla pubblicazione del dispositivo della decisione nelle medesime forme stabilite per la pubblicazione dell'atto dichiarato costituzionalmente illegittimo. La sentenza, entro due giorni dalla data del deposito viene, altresì, comunicata alle Camere e ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario adottino i provvedimenti di loro competenza. Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali”.

Va osservato che l’invalidità della legge impugnata, per contrasto con norme gerarchicamente superiori, non produce effetto ipso iure, ma va affermata con una sentenza di natura costitutiva, vincolante erga omnes, che riguarda tutti i soggetti dell’ordinamento e tutti i rapporti non ancora definiti. Con la sentenza di accoglimento la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale, anche solo parziale, della disposizione impugnata che, come visto, cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione (ex art. 136 Cost.). L’interpretazione dell’art. 136 Cost. ad opera del citato art. 30, l. 11 marzo 1953, n. 87, ha chiarito che le norme dichiarate incostituzionali “non possono avere applicazione” dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

Pertanto, la “perdita di efficacia” dell’art. 136 Cost. diventa “perdita di ulteriore applicabilità” delle norme dichiarate incostituzionali, con riferimento a tutti i rapporti, anche quelli già pendenti. Il limite all’efficacia delle sentenze di accoglimento è invece rappresentato dai rapporti ormai esauriti per effetto di prescrizione, decadenza o passaggio in giudicato di una sentenza, prevalendo in questi casi il principio di certezza del diritto. In altri termini, l’efficacia retroattiva della dichiarazione di illegittimità costituzionale è giustificata dalla stessa eliminazione della norma che non può più regolare alcun rapporto giuridico, salvo che si siano determinate situazioni giuridiche ormai esaurite.

L’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale si arresta dinanzi ai rapporti esauriti. Il ruolo affidato alla Corte come custode della Costituzione nella sua integralità impone di evitare che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una disposizione di legge determini, paradossalmente, «effetti ancor più incompatibili con la Costituzione» (sentenza n. 13 del 2004) di quelli che hanno indotto a censurare la disciplina legislativa.

Per evitare che ciò accada, è compito della Corte modulare le proprie decisioni, anche sotto il profilo temporale, in modo da scongiurare che l’affermazione di un principio costituzionale determini il sacrificio di un altro. Per la Corte è pacifico che l’efficacia delle sentenze di accoglimento non retroagisce fino al punto di travolgere le «situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili» ovvero i «rapporti esauriti». Diversamente, ne risulterebbe compromessa la certezza dei rapporti giuridici (sentenze n. 49 del 1970, n. 26 del 1969, n. 58 del 1967 e n. 127 del 1966).

Pertanto, il principio della retroattività «vale [...] soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (sentenza n. 139 del 1984, ripresa da ultimo dalla sentenza n. 1 del 2014). In questi casi, l’individuazione in concreto del limite alla retroattività, dipendendo dalla specifica disciplina di settore - relativa, ad esempio, ai termini di decadenza, prescrizione o inoppugnabilità degli atti amministrativi - che precluda ogni ulteriore azione o rimedio giurisdizionale, rientra nell’ambito dell’ordinaria attività interpretativa di competenza del giudice comune (principio affermato, ex plurimis, sin dalle sentenze n. 58 del 1967 e n. 49 del 1970 e poi ribadito con ordinanza 135 del 2010, sentenza 10 del 2015 e 191 del 2021).

Nel diritto amministrativo, dunque, la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge non può travolgere i provvedimenti amministrativi ormai divenuti definitivi per mancata impugnazione o per formazione del giudicato sulla relativa controversia. Questi e solo questi sono i rapporti esauriti. Nella vertenza giudiziale attuale, viceversa, il legale affermava che i rapporti non erano esauriti in quanto sub iudice, perché impugnati nei termini di legge.

Considerati gli aspetti sopra indicati, quindi, restiamo in attesa del provvedimento giudiziale conseguente su questo punto specifico.

Nota.

1Si ricorda che: “L’efficacia retroattiva della sentenza che dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma non si estende ai rapporti esauriti, ossia a quei rapporti che, sorti precedentemente alla pronuncia della Corte costituzionale, abbiano dato luogo a situazioni giuridiche ormai consolidate e intangibili in virtù del passaggio in giudicato di decisioni giudiziali, della definitività di provvedimenti amministrativi non più impugnabili, del completo esaurimento degli effetti di atti negoziali, del decorso dei termini di prescrizione o decadenza, ovvero del compimento di altri atti o fatti rilevanti sul piano sostanziale o processuale” (Cons. Stato.Sez. I,28 dicembre 2021, n. 1984).

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