Applicabilità del 5° comma dell'art.73 dpr 309/90

Ammissibilità della tenuità del fatto anche ad episodi che costituiscono attuazione del programma criminoso associativo

Giovedi 28 Aprile 2022

Accogliendo uno dei motivi di ricorso spiegati dall'Autore del presente articolo, la VI sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 14510/2022, ha ribadito il principio secondo il quale “in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 non è incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale ma continuativa, come si desume dall'art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, che, con il riferimento ad un'associazione costituita per commettere fatti descritti dal quinto comma dell'art. 73, rende evidente che è ammissibile configurare come lievi anche gli episodi che costituiscono attuazione del programma criminoso associativo “.

Il ricorso alla Suprema Corte, infatti, evidenziava come la Corte di Appello di Napoli fosse incorsa nella violazione e la falsa applicazione della legge penale in relazione all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto la sentenza impugnata non avrebbe motivato sulle censure svolte nell'atto di appello e, in particolare, non avrebbe riconosciuto l'uso personale per lo stupefacente rinvenuto nell'abitazione e, comunque, l'applicazione del quinto comma dell'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.

Nel riconoscere fondato il motivo di ricorso e nello stabilire il principio di cui sopra la Corte di Cassazione ha censurato la sentenza di appello in quanto – su punti specifici indicati nel ricorso – la stessa si sarebbe riportata alle statuizioni della sentenza di primo grado in termini puramente assertivi ed apodittici. Nel fare ciò i Giudici di secondo grado hanno escluso la fattispecie della lieve entità (già invocata in sede di appello) di cui al quinto comma dell'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 non già sulla base dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell'azione contestata ovvero per la qualità e quantità della sostanza, bensì sulla base di una ritenuta stabilità e abitualità nello spaccio.

Però, le Sezioni unite avevano sancito che l'accertamento della lieve entità del fatto, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione e, dunque, all'oggetto materiale del reato (quali le caratteristiche qualitative e quantitative della sostanza stupefacente) che all'azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa) (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076).

In tale pronuncia le Sezioni Unite hanno, peraltro, rilevato che «all'esito della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di lieve entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri».

Su tali presupposti, quindi, la Corte di Cassazione, annullando parzialmente la sentenza,rinviava per nuovo giudizio per la eventuale rideterminazione della pena, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.

Ciò al fine proprio di ottenere quella comparazione di indici e quella valutazione globale di tutti gli elementi che possano indicare la eventuale preponderanza degli uni piuttosto che degli altri e non escludere a priori l’applicazione della tenuità del fatto per le ipotesi di spaccio di sostanze stupefacenti anche laddove in presenza di episodi che costituiscono attuazione del programma criminoso associativo.

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