L’amministratore del Condominio può, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, resistere nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del Condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dal medesimo amministratore nell’esercizio delle sue attribuzioni in rappresentanza dei partecipanti, ovvero dando esecuzione a deliberazione dell’assemblea o erogando le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni o per l’esercizio dei servizi condominiali, e quindi nei limiti di cui all’art. 1130 c.c.
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29309/2017, pubblicata il 6 dicembre scorso.
IL CASO: Un avvocato conveniva in giudizio un condominio chiedendo la condanna di quest’ultimo al pagamento dei compensi per l’attività professionale prestata in suo favore. Il condominio eccepiva l’estinzione del credito per intervenuto pagamento. La domanda veniva rigettata.
L’avvocato proponeva appello avverso la suddetta sentenza eccependo fra l’altro il difetto dello ius postulandi del Condominio. A seguito della conferma della sentenza di primo grado da parte della Corte di Appello, l’avvocato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo fra l’altro “la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1131 c.c. e 82, 83 e 182 c.p.c., per aver la Corte di appello rigettato, per tardività, la sua eccezione di carenza di ius postulandi del Condominio, nonostante la verifica circa la regolare costituzione delle parti in giudizio fosse un’attività da operarsi d’ufficio, ponendo la questione pregiudiziale della legittimazione processuale”.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, nel ritenere infondati i motivi del gravame, ha rigettato il ricorso ed evidenziato che:
nel ricostruire la portata dell’art. 1131, comma 2, Cod. Civ., il quale stabilisce che l’amministratore “può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio”, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18331 del 6 agosto 2010, hanno ritenuto che “l’amministratore convenuto possa certamente in modo autonomo costituirsi in giudizio, così come impugnare la sentenza sfavorevole al condominio, e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito. Non di meno, l’operato dell’amministratore deve poi essere sempre ratificato dall’assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere”;
2. la ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza;
3. da quanto affermato dalle Sezioni Unite, ne deriva che l’amministratore non è titolare di una legittimazione processuale passiva illimitata “ex lege” (ovvero, della titolarità di una “difesa necessaria”);
4. quanto previsto dall’art. 1131, comma 2, c.c., sarebbe, in pratica, limitato a facilitare i terzi nell’evocazione in giudizio di un condominio, consentendo loro di notificare la citazione al solo amministratore anziché a tutti i condomini, dovendo poi l’amministratore munirsi di autorizzazione dell’assemblea per resistere nella lite;
5. la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, cod. civile (Corte di Cassazione, 23 gennaio 2014, n. 1451; da Corte di Cassazione, 25 maggio 2016, n. 10865).
Cassazione civile Sez. VI - 2 Ordinanza n. 29309 del 06/12/2017