Si' all'assegno di divorzio se la convivenza dell'ex moglie manca di un progetto di vita comune.

La Cassazione ha confermato l'assegno di divorzio per la ex coniuge nonostante, quest'ultima, avesse intrapreso una convivenza con un altro uomo e ciò perchè il rapporto è stato ritenuto mancante di un concreto, significativo, progetto di vita, atteso che il nuovo compagno viveva perlopiù, nella propria abitazione anche con il figlio avuto da una precedente relazione.

Mercoledi 6 Ottobre 2021

E' questo il principio stabilito dalla Cassazione, Sezione VI Civile, nell'ordinanza n. 26682 dello scorso primo ottobre, con la quale ha rigettato sia il ricorso principale che quello incidentale e confermato la decisione della Corte territoriale.
Con sentenza del 2017, il Tribunale di Reggio Emilia, nel pronunciarsi sulla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, poneva a carico dell'ex marito l'obbligo di corrispondere alla ex coniuge l'assegno divorzile nella misura di novecento euro mensili, ed evidenziando che la convivenza intrapresa da quest'ultima con un altro uomo non avesse le caratteristiche peculiari di una famiglia di fatto perchè carente di un progetto di vita comune.
Avverso la decisione l'uomo proponeva appello chiedendo la revoca dell'assegno di divorzio, eccependo l'autosufficienza economica della ex coniuge e la convivenza di questa con un altro uomo. La Corte d'Appello di Bologna, in parziale accoglimento della domanda, riduceva l'assegno a quattrocento euro mensili, chiarendo che, sulla base dell'accertamento svolto dal Tribunale, la coppia aveva “una limitata condivisione del budget e della vita”, acclarato che il nuovo compagno, da una parte si fermava con frequenza, anche la notte, dalla donna e dall'altra trascorreva la sua vita nella propria casa, da solo o con il figlio.
Indubbio, dunque, il diritto della donna a percepire l'assegno divorzile considerata “la sua incolpevole capacità lavorativa che, data l'età e l'annosa inesperienza frutto presuntivo di una scelta coniugale condivisa, le rende oggettivamente assai difficile se non impossibile il rientro sul mercato del lavoro”.
Il ricalcolo dell'importo è stato eseguito in proporzione alle denunce fiscali prodotte in giudizio dall'ex marito. Avverso la decisone d'appello proponeva ricorso la donna e ricorso incidentale l'ex marito. Sinteticamente, con il ricorso principale la ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, sesto comma, della L. n. 898/1970 per avere, il giudice di seconde cure, ridotto la misura dell'assegno di divorzio “con motivazione incompleta, inconferente e illogica” e senza tener conto dei criteri dettati dalla sentenza n. 18287 del 2018 (1).
Con il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, invece, l'ex marito lamentava la violazione di legge per non avere, la Corte d'Appello, considerato la convivenza intrapresa dalla donna già prima dell'inizio della separazione, oltre alla adeguatezza dei mezzi per vivere che qualora venissero meno potrebbero essere essere ben sostituiti dato il possesso di un diploma di ragioneria da parte della donna e una pregressa esperienza di contitolarità di un'agenzia.
Quanto al motivo sollevato dal ricorso principale, il Collegio ha osservato che la Corte d'appello ha correttamente valorizzato ed applicato i principi contenuti nella richiamata sentenza n. 18287, tenendo conto della situazione generale della ricorrente: dal titolo di studio posseduto, all'età, al patrimonio economico della stessa, scaturente dalla vendita di immobili cedutogli dal marito in sede di separazione. La rideterminazione dell'importo dell'assegno ha tenuto conto di tutti i criteri funzionali dettati dalla giurisprudenza di legittimità, rispettando e valorizzando la funzione perequativa-compensativa, oltre che assistenziale, dell'assegno di divorzio.
Quanto alle doglianze sollevate con il ricorso incidentale, gli ermellini fanno presente che il ricorrente si limita ad una sommaria contestazione, nel merito, dell'accertamento svolto dalla Corte d'Appello con riferimento all'assenza di una convivenza stabile e continuativa ma non fornisce nessun elemento in grado di provare la stabilità del rapporto di convivenza. La Corte torna ad evidenziare che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, in cui le contestazioni alla pronuncia di merito devono collocarsi nell'ambito di un tassativo elenco di motivi. La difesa del ricorrente si è limitata ad una pura e semplice critica della decisione ignorando che la Cassazione non è un giudice del fatto in senso sostanziale essendogli precluso riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa.
Ha ritenuto, pertanto, di rigettare il ricorso principale e di dichiarare inammissibile il ricorso incidentale, compensando le spese tra le parti.

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Nota:
(1) Decisione con la quale la Cassazione ha enunciato il seguente principio: "Ai sensi dell'art. 5 c.6 della I. n. 898 del 1970 [...] il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto".
 

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