L'accertamento della velocità tra esigenza di tutela della sicurezza stradale e rispetto dei diritti dei cittadini

dott. Raffaele Vairo.
Lunedi 3 Febbraio 2020

L’accertamento delle infrazioni stradali a mezzo di dispositivi elettronici deve avvenire nel rigoroso rispetto del bilanciamento delle esigenze della tutela della sicurezza stradale e il rispetto dei diritti degli utenti della strada. Pertanto non può avvenire con strumenti la cui affidabilità non può avvenire senza la loro sottoposizione alla prescritta e aggiornata omologazione.

Premessa. Finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato e poste dall’ordinamento giuridico sono la sicurezza e la salute delle persone, tra cui rientra, per espressa disposizione dell’art. 1 del codice della strada, la sicurezza delle persone nella circolazione stradale. L’esigenza della sicurezza delle persone è tale che l’art. 140 del codice della strada detta norme volte a prevenire ed eventualmente a sanzionare comportamenti che possano compromettere la sicurezza della circolazione, senza, tuttavia, trascurare l’interesse degli utenti della strada ad ottenere corretta tutela del loro diritto di difesa in presenza di accertamenti automatici.

Il significato delle norme contenute negli articoli 1 e 140 del codice della strada è il seguente: ai fini dell’attribuzione della responsabilità a carico di un conducente coinvolto in un sinistro stradale non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice della strada, essendo sufficiente l’inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza.

Le regole di generale prudenza, perizia e diligenza rappresentano modelli di comportamento in tutte le situazioni; nella circolazione stradale, poi, la loro stretta osservanza è anche giustificata dalle gravi conseguenze che possono prodursi nell’ipotesi di guida scriteriata. Tali regole valgono in tutte le strade, anche in quelle private aperte al pubblico transito. Una delle più frequenti cause di turbativa della circolazione stradale è l’eccessiva velocità, considerata dal codice della strada sia come velocità inadeguata rispetto alle caratteristiche, allo stato e al carico del veicolo, nonché alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico, sia in ordine ai limiti di velocità imposti dall’Ente proprietario della strada.

La velocità è una delle cause più frequenti degli incidenti stradali, per cui appare corretto che il legislatore, al fine di garantire quanto più possibile la sicurezza della circolazione e la tutela della vita umana, se ne occupi con particolare attenzione, ponendo limiti rapportati al tipo di strada e di veicolo circolante.

Rilevazione - Le violazioni sono rilevate con apparecchiature ritenute idonee allo scopo. Ai sensi dell’art. 142, comma 6, del codice della strada, per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità da parte degli utenti della strada gli organi di polizia possono utilizzare apparecchiature elettroniche, quali autovelox, telelaser, tutor e ogni altra apparecchiatura che consentono il calcolo della velocità media di percorrenza.

La legittimità delle rilevazioni tramite apparecchiature elettroniche - In relazione alle apparecchiature destinate alla rilevazione delle infrazioni al codice della strada, anche in considerazione delle conseguenze che si riversano sugli utenti della strada, sono sorte diverse questioni affrontate e risolte dalla Cassazione in termini non sempre condivisibili, in quanto nelle relative sentenze era evidente il privilegio che si accordava alle esigenze di tutela della sicurezza stradale a fronte dell’interesse degli utenti della strada ad ottenere tutela in presenza di accertamenti automatici effettuati da dispositivi elettronici.

Un primo problema sorge sulla necessità di individuare le fonti normative che attribuiscono la legittimità delle rilevazioni a mezzo dei dispositivi elettronici. Il comma 6 dell’art. 142 del CdS statuisce che, per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità, sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento.

L’interpretazione della giustizia di pacePartendo da questa semplice osservazione, alcuni giudici di pace, tra i quali i giudici di pace di Milano (GdP Milano 11.02.2019; GdP Milano 13.11.2019) e di Padova (GdP Padova n. 775/2019), per interpretare la volontà del Legislatore, si sono esercitati nell’analisi semantica delle norme sia del CdS sia del regolamento.

L’analisi ha riguardato gli artt. 142, comma 6, e 45 del CdS e gli artt. 192 e 345 del regolamento. In particolare, l’esame dei giudici di pace di Milano e di Padova tende al chiarimento del significato delle parole “omologazione” e “approvazione” usate dal legislatore e che le amministrazioni pubbliche procedenti reputano quali sinonimi o, comunque, utilizzate come tali dal legislatore. L’analisi, ovviamente, parte dalla citata norma dell’art. 142 CdS, dove è stabilito che le apparecchiature elettroniche in questione devono essere debitamente omologate, per poi estendersi ai testi degli articoli del regolamento dove, almeno in apparenza, sembrerebbe che le parole omologazione e approvazione siano usate quali sinonimi.

I giudici di pace, preoccupati delle severe conseguenze che ricadono in capo agli utenti della strada e, nel contempo, impegnati a interpretare in modo corretto le norme esaminate, hanno condotto un’analisi rigorosa delle stesse giungendo a conclusioni da ritenersi, a mio avviso, corrette in quanto ne colgono il significato secondo la lettera e le intenzioni del legislatore.

Un doppio esame, dunque: l’interpretazione letterale delle norme esaminate viene confermata dall’interpretazione della volontà del legislatore. Aggiungo che dalle sentenze degli indicati giudici di pace ricaviamo una efficace lezione sull’interpretazione delle norme.

Qual è il significato delle norme da applicare ai casi concreti il cui esame è affidato ai giudici? L’art. 12 delle preleggi ci offre i criteri: a) alle norme non possiamo attribuire altro senso se non quello che è fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse; b) nell’ipotesi di dubbio, occorre ricercare l’intenzione del legislatore. Vi è dunque un criterio letterale che consiste nella determinazione del significato dell’espressione legislativa in base al suo valore semantico secondo l’uso linguistico generale. Il secondo criterio riguarda, invece, l’esame volto a interpretare la volontà del legislatore. Volontà che non sempre coincide con il momento storico in cui la norma è stata approvata, ma che si evince, piuttosto, da un esame logico sistematico e dallo scopo perseguito dal legislatore.

Ora, il codice della strada ha lo scopo di disciplinare la circolazione stradale per garantire la sicurezza e la salute delle persone. Il tutto, però, deve avvenire tenendo presenti i diritti degli utenti della strada evitando la tentazione di conseguire fini diversi da quelli che si prefigge la normativa in tema di circolazione stradale. A volte gli utenti della strada hanno la sensazione che lo scopo del rilevamento delle infrazioni stradali non sia quello della sicurezza della circolazione ma, piuttosto, quello di alimentare i bilanci degli Enti Locali.

Ma veniamo al dunque. I giudici di pace di Milano e Padova partono da un principio giuridico fondamentale: può essere assoggettato ad una sanzione amministrativa – non diversamente che ad una sanzione penale – solo colui di cui sia pienamente provata la responsabilità per la violazione contestata, donde, sul versante processuale, la norma (art. 7, comma 10, D. Lgs 150/2011), che impone al giudice di accogliere l’opposizione ove non vi siano prove sufficienti della responsabilità dell’opponente. Nei casi sottoposti al loro esame, i giudici dovevano decidere sulla presunta violazione della norma di cui all’art. 142, comma 8, del codice della strada, infrazione rilevata con dispositivi elettronici semplicemente approvati, rispetto ai quali il comma 6 dello stesso art. dispone: “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate.

I giudici di pace partono dall’esame dell’art. 45 CdS e dell’art. 192 del regolamento che giunge a due diverse soluzioni: per concedere l’omologazione l’esame deve accertare che il dispositivo sia efficace e, quindi, dotato delle caratteristiche fondamentali come previste dal regolamento. Se, invece, la domanda dell’interessato riguardi dispositivi per i quali non siano previste speciali caratteristiche, definite fondamentali, o non siano necessarie particolari prescrizioni, allora è sufficiente l’approvazione.

Donde il conseguente corollario: l’esecuzione dell’accertamento mediante dispositivi elettronici non può prescindere dal rispetto di severi obblighi formali, tra i quali l’attestazione dell’avvenuta preventiva sottoposizione degli stessi dispositivi alla prescritta ed aggiornata omologazione oltre che alla indispensabile corretta calibratura, la cui mancanza compromette l’attendibilità degli accertamenti. Il buon senso sotteso alle argomentazioni delle sentenze dei giudici di pace di Milano e di Padova è finalizzato a dimostrare che gli accertamenti a mezzo dei dispositivi elettronici devono avvenire in modo da realizzare un ragionevole bilanciamento tra l’interesse a garantire un elevato livello di tutela della sicurezza e l’altro interesse, non meno importante del primo, della tutela dei diritti degli utenti della strada che non possono subire limitazioni arbitrarie da parte della Pubblica Amministrazione.

Ne segue che gli accertamenti devono effettuarsi con strumenti elettronici omologati, ai sensi dell’art. 142, comma 6, CdS. Altrimenti, il giudice, chiamato a pronunciarsi sull’eventuale opposizione, non potrà che accoglierla per insufficienza di prove (art. 7 comma 10 D.L.vo n. 150/2011).

In conclusione è doveroso augurarsi, se qualche dubbio permane per mancanza di chiarezza della scrittura delle norme, l’intervento del Parlamento con una legge interpretativa (interpretazione autentica) o della Suprema Corte di Cassazione nella sua funzione nomofilattica.

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