Vendita: natura e limiti della clausola “visto e piaciuto”

La clausola ‘visto e piaciuto’ non esonera dalla garanzia per i vizi, ove questi siano stati taciuti in mala fede dal venditore e scoperti dopo l’uso della cosa.

Giovedi 23 Ottobre 2025

Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 27968 del 21 ottobre 2025.

Il caso: Tizio acquistava dalla società Delta un autocarro usato, con la clausola ‘visto e piaciuto’. Durante il viaggio di ritorno, egli si accorgeva di difetti di marcia e ne dava immediata comunicazione alla venditrice; successive ispezioni rivelavano che il veicolo presentava nella sua struttura portante dei danni, che non erano visibili a causa di una riverniciatura.

Tizio quindi conveniva avanti al tribunale la società Delta chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento; rigettata in primo grado, la domanda veniva accolta in appello: la Corte territoriale dichiarava risolto il contratto di vendita e condannava la società venditrice a restituire il prezzo, oltre alle spese sostenute per il passaggio di proprietà e per il premio assicurativo, per un importo complessivo di € 12.882,76, oltre agli interessi legali.

La società venditrice ricorre in Cassazione, lamentando, come secondo motivo, la violazione dell'art. 1490 co. 2 c.c., : la Corte di appello aveva erroneamente disapplicato la clausola ‘visto e piaciuto’, che esonera il venditore dalla garanzia per i vizi della cosa, salvo il caso di mala fede nell'occultamento degli stessi: per la società ricorrente i vizi, se esistenti, erano riconoscibili e che non vi era prova della mala fede della venditrice.

Per la Cassazione la censura è infondata: sul punto ribadisce che:

a) La clausola ‘visto e piaciuto’ non esonera dalla garanzia per i vizi, ove questi siano stati taciuti in mala fede dal venditore e scoperti dopo l’uso della cosa;

b) nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente applicato, all’esito di un apprezzamento di merito (relativo alla riverniciatura quale strumento di occultamento) che non si espone a censure in sede di legittimità: infatti, conclude la Corte, esso è plausibile e rispondente allo standard di prova del più probabile che non.

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