Tentato omicidio e maltrattamenti per il marito che prende per il collo la moglie.

"In tema di delitti contro la persona, per distinguere il reato di lesione personale da quello di tentato omicidio, occorre avere riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell'agente sia alla differente potenzialità dell'azione lesiva, desumibili dalla sede corporea attinta, dall' idoneità dell'arma impiegata nonché dalle modalità dell'atto lesivo”.

Venerdi 15 Dicembre 2023

Con la sentenza n. 48845, pubblicata il 7 dicembre 2023, la Suprema Corte ha confermato la condanna a dieci anni di reclusione, per una guardia giurata, per tentato omicidio e maltrattamenti in famiglia, oltre al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite.

L' imputato, nel proporre ricorso per cassazione, con un unico motivo aveva dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in quanto la corte territoriale avrebbe pretermesso elementi di prova a suo discapito, che avrebbero alterato la lettura degli eventi ritenuti, invece, incompatibili con l'idoneità dell'azione a cagionare la morte della persona offesa.

In particolare, rilevando che nonostante l'area interessata dalle ecchimosi fosse costituita dal collo, le lesioni non avevano toccato né la regione cervicale né quella laringea ma solo la parte laterocervicale destra del collo.

Gli Ermellini, nel sottolineare la corretta attinenza della decisione dei giudici di merito alla giurisprudenza di legittimità, hanno sottolineato che : “ la scarsa entità ( o anche l'inesistenza) delle lesioni provocate alla persona offesa non sono circostanze idonee ad escludere di per sé l'intenzione omicida, in quanto possono essere rapportabili anche a fattori indipendenti dalla volontà dell'agente, come un imprevisto movimento della vittima, un errato calcolo della distanza o una mira non precisa, ovvero, come nella specie, all'intervento di un terzo”. Il terzo a cui la Cassazione fa riferimento, è il figlio della coppia, all'epoca dell'accadimento dei fatti minorenne, il quale aveva afferrato le braccia del padre inducendolo ad allentare la presa al collo della madre. Dal referto del Pronto Soccorso, al quale la donna era giunta perchè aveva perso temporaneamente conoscenza e avvertito l' offuscamento della vista, risultavano ben quattro aree ecchimotiche di circa 5 cm x 1 nella regione latero cervicale, “ tre con andamento obliquo e tra loro parallele e una verticale”.

Per la difesa dell'imputato, l'azione compiuta non era idonea a cagionare la morte in quanto la presa del collo era stata compiuta con la mano sinistra da parte di un soggetto destrorso, tanto da non aver provocato alcuna ferita visibile.

Per la Cassazione, invece, i giudici di merito hanno ben evidenziato come le modalità dell'azione ed in particolare la veemenza della condotta, la forza esercitata sulla vittima, nonché la circostanza che l'aggressione fosse stata interrotta solo grazie all'intervento del figlio, evidenziassero sia l'idoneità della condotta del ricorrente a cagionare la morte della moglie, sia la sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di omicidio “ quantomeno nella forma del dolo alternativo”.

Per i motivi esposti, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.

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