Con la sentenza n. 13661 del 21 maggio 2019 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione intervengono in tema di sospensione del giudizio civile in pendenza del processo penale, in particolare nell'ipotesi in cui il danneggiato instauri il giudizio civile di risarcimento dei danni nei confronti dell'investitore e dell'assicurazione dopo la pronuncia di primo grado in sede penale.
Giovedi 23 Maggio 2019 |
Il caso: P.R., F.C., G.C, B.C. e L.N.P.G. C., rispettivamente moglie, figli e fratelli di M.C., proponevano dinanzi al tribunale di Milano azione per il risarcimento dei danni loro cagionati dalla morte del loro congiunto, avvenuta a causa di un incidente stradale, nei confronti di F.B. proprietario e conducente del veicolo investitore, nonché della S. anonyme, impresa assicuratrice della responsabilità civile.
Il giudice istruttore disponeva la sospensione del processo, in quanto, a seguito della costituzione come parti civili dei fratelli della vittima nel processo penale promosso nei confronti di F.B., era stata pronunciata sentenza di primo grado di condanna dell'imputato, soltanto in esito alla quale era stata promossa l'azione civile.
Contro l'ordinanza di sospensione gli attori del processo civile prroponevano regolamento di competenza.
La terza sezione civile di questa Corte ha prospettato al Primo presidente l'opportunità di devolvere il giudizio alla cognizione delle sezioni unite, al fine di risolvere la questione “se il giudizio civile in esame debba essere necessariamente sospeso nei confronti di tutti i litisconsorti, oppure se la sospensione operi soltanto in relazione all'azione risarcitoria proposta nei confronti del conducente-imputato, oppure ancora se non operi sospensione alcuna.” ,
Per le Sezioni Unite la questione concerne l'identificazione dei presupposti legali soggettivi di operatività della sospensione necessaria del processo civile di risarcimento del danno derivante da reato promosso quando nel processo penale concernente il reato sia stata già pronunciata la sentenza di primo grado; al riguardo osservano:
il problema è determinato dalla circostanza che i danneggiati hanno proposto la domanda risarcitoria nei confronti non soltanto dell'imputato-danneggiante, ma anche di altra litisconsorte, ossia della società assicuratrice della responsabilità civile;
se non vi fosse il cumulo soggettivo, non vi sarebbe dubbio alcuno sull'applicabilità dell'art. 75, 3 0 co., c.p.p., secondo cui «Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge».
il cumulo soggettivo, invece, sia pure prevalentemente con riguardo all'ipotesi della proposizione dell'azione in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, non consente la sospensione; al fondo di quest'interpretazione sta lo sfavore per la proliferazione dei casi di arresto del processo civile, del quale la sospensione è comunque vicenda anomala;
la sospensione necessaria prevista dall'art. 75, 3 0 co., c.p.p., sanziona la scelta compiuta dal danneggiato che abbia optato sin dall'inizio per la proposizione in seno al processo penale della propria domanda risarcitoria: in tal caso, anche se dismette la qualità di parte civile, egli dovrà sottostare all'accertamento dei fatti compiuto in sede penale;
analogamente, se il danneggiato abbia trascurato il processo penale, in seno al quale pure abbia avuto possibilità di costituirsi parte civile e neppure abbia agito in sede civile, dovrà subire la sospensione del processo civile che abbia iniziato dopo la sentenza di primo grado di condanna dell'imputato, per il disinteresse per l'azione civile da lui mostrato;
le ipotesi di sospensione previste dal 3° comma dell'art. 75 c.p.p. tuttavia rappresentano pur sempre una deroga rispetto alla regola generale, che è quella della separazione dei giudizi e dell'autonoma prosecuzione di ciascuno di essi;
la natura derogatoria della disposizione ne impone interpretazioni restrittive; e, in virtù di quest'interpretazione restrittiva occorre che tra i due giudizi vi sia identità, oltre che di oggetto, anche di soggetti, alla stregua dei comuni canoni di identificazione delle azioni;
estendere l'applicazione di un'ipotesi derogatoria a un caso, come quello in esame, in cui tutte le parti del giudizio civile non coincidano con tutte quelle del processo penale, sacrificherebbe in maniera ingiustificata l'interesse dei soggetti coinvolti alla rapida definizione della propria posizione, in aperta collisione con l'esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo, presente nel nostro ordinamento ben prima dell'emanazione dell'art. 111, 2° comma, Cost.;
la separazione e l'autonomia dei giudizi comportano che il giudizio civile sia disciplinato dalle sole regole sue proprie, che largamente si differenziano da quelle del processo penale, non soltanto sotto il profilo probatorio, ma anche, in via d'esempio, con riguardo alla ricostruzione del nesso di causalità, che risponde, nel processo penale, al canone della ragionevole certezza e, in quello civile, alla regola del "più probabile che non";
non meritevole di tutela è in questi casi l'interesse del danneggiante di attendere gli esiti del processo nel quale egli sia imputato.
Ne consegue l'affermazione del seguente principio di diritto: "In tema di rapporto tra giudizio penale e giudizio civile, i casi di sospensione necessaria previsti dall'art. 75, 3 0 co., c.p.p., che rispondono a finalità diverse da quella di preservare l'uniformità dei giudicati, e richiedono che la sentenza che definisca il processo penale influente sia destinata a produrre in quello civile il vincolo rispettivamente previsto dagli artt. 651, 651 -bis, 652 e 654 c.p.p., vanno interpretati restrittivamente, di modo che la sospensione non si applica qualora il danneggiato proponga azione di danno nei confronti del danneggiante e dell'impresa assicuratrice della responsabilità civile dopo la pronuncia di primo grado nel processo penale nel quale il danneggiante sia imputato”