Rimessa alle Sezioni Unite la decisione circa la qualificazione dell'opposizione a decreto ingiuntivo

La Terza Sezione Civile della Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 13556 del 18 maggio 2021, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite, circa la risoluzione delle qualificazione giuridica dell'opposizione a decreto ingiuntivo se, cioè, debba considerarsi come impugnazione o come giudizio ordinario di cognizione, ai fini dell'applicabilità della disciplina del mutamento del rito di cui all'art. 4 del D.lgs n. 150 del 2011.  

Mercoledi 16 Giugno 2021

La vicenda nasce a seguito della dichiarata inammissibilità, da parte del tribunale, dell'opposizione proposta con atto di citazione di una Asl provinciale avverso il decreto ingiuntivo emesso a favore di una società immobiliare con la quale le si intimava il pagamento di una somma di denaro a titolo di indennità di occupazione e di rimborso di quote condominiali riguardanti la locazione di un immobile.

Il tribunale, previo mutamento del rito da ordinario in locatizio, ha sottolineato che qualora l'opposizione a decreto ingiuntivo sia erroneamente proposta con citazione, si può impedire che lo stesso diventi definitivo solo laddove venga depositata in cancelleria nel termine di cui all'art. 641 c.p.c., ossia quaranta giorni; nel caso di specie, era stata dichiarata inammissibile perchè proposta oltre il suddetto termine.

L'Azienda sanitaria proponeva appello denunciando violazione dell'art. 4, comma 5, del D.lgs n. 150/2011 il quale, nell'ipotesi di mutamento di rito, come nel caso de quo, prevede che vengano fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali, secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. La Corte d'appello riteneva fondata la censura ma rigettava l'appello in quanto l'appellante non ha chiesto l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo ma si è limitata ad una richiesta generica di riforma della sentenza di primo grado incorrendo, quindi, nelle decadenze di cui all'art. 346 c.p.c. ai sensi del quale le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado e non riproposte in appello, s'intendono rinunciate.

Avverso la sentenza d'appello l'Asl proponeva ricorso in Cassazione sostenendo che la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto come rinunciati e non riproposte le domande e le eccezioni sollevate con l'originaria opposizione a decreto ingiuntivo.

La società immobiliare resistente proponeva, invece, ricorso incidentale censurando la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare con riferimento all'art. 4 D.lgs n. 150/2011.

Riguardo quest'ultimo, la Cassazione osservava che il primo motivo del ricorso incidentale va esaminato solo qualora si ravveda l'attualità dell'interesse ovvero nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale. Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, il ricorso incidentale proposto dalla parte vittoriosa nel giudizio di merito che investa questioni pregiudiziali di rito, comprese quelle riguardanti la giurisdizione, o preliminare di merito, ha natura di ricorso condizionato e deve essere esaminato solo laddove le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione da parte del giudice di merito.

In caso di intervenuta decisione in tal senso, il ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell'attualità dell'interesse, ravvisabile nell'ipotesi di fondatezza del ricorso principale. Proprio con riferimento al ricorso principale, risulterebbe fondato il primo motivo con il quale la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d'Appello pur ritenendo fondata l'applicazione della norma di cui all'art. 4 del D.lgs n. 150/2011, ha ritenuto che la stessa si fosse limitata ad una richiesta generica di riforma della sentenza senza chiedere l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo e, perciò, incorrendo nella decadenza di cui all'art. 346 c.p.c. Tuttavia la Corte ha più volte affermato che la regola secondo la quale le domande e le eccezioni non esaminate perchè ritenute assorbite devono essere comunque riproposte in appello, ai sensi del citato articolo, non trova applicazione in caso di impugnazione della decisione che ha ritenuto inammissibile l'atto introduttivo di primo grado la quale rappresenta, comunque, la manifestazione della volontà di proseguire nel giudizio, “con implicita riproposizione della domanda principale, specialmente quando tale volontà sia anche chiaramente espressa con l'esplicito rinvio nelle conclusioni dei motivi di appello, all'atto introduttivo, non avendo altrimenti alcuna valida e concreta ragione solo l'impugnativa della questione preliminare di rito”.

La Corte territoriale, nella sua decisione, ha ignorato i suddetti principi non tenendo in conto che l'impugnazione avverso la sentenza che ha dichiarato inammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo costituisca manifestazione di volontà del proseguimento del giudizio implicando, implicitamente, la riproposizione della domanda formulata in primo grado e la richiesta anche nel merito.

Riguardo i motivi sollevati con il ricorso incidentale condizionato, circa il richiamo operato dall'Azienda sanitaria all'art. 4 del D.Lgs n. 150/2011, la società resistente sottolineava che lo stesso non troverebbe applicazione al caso de quo in quanto, secondo i principi già espressi dalla giurisprudenza di legittimità ed in particolare da Cass. Sez. Un., 7/07/1993, l'opposizione a decreto ingiuntivo, “non introduce un giudizio autonomo e neppure un grado autonomo ma costituisce solo una fase del giudizio già pendente a seguito del ricorso del creditore che si svolge secondo le norme del procedimento”.

Pertanto, l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo non dovrebbe considerarsi alla stregua dell'art. 4 del decreto legislativo richiamato, cioè come “atto con il quale viene promossa una controversia”, ma come atto con il quale si dà inizio alla seconda fase di un procedimento introdotto dalla parte opposta. In risposta a questo motivo la Corte richiama l'ordinanza n. 7071 del 12.03.2019, con la quale era stato affermato il principio così massimato:”l'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di controversie locatizie, come tale soggetta al rito speciale di cui all'art. 447-bis c.p.c., che sia erroneamente proposta con citazione, deve ritenersi tempestiva, se entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c. avvenga l'iscrizione a ruolo mediante deposito in cancelleria dell'atto di citazione, non potendo trovare applicazione l'art. 4 del d.lgs. n. 150 del 2011, il quale concerne i giudizi di primo grado erroneamente introdotti in forme diverse da quelle prescritte da tale decreto legislativo e non anche i procedimenti di natura impugnatoria, come l'opposizione a decreto ingiuntivo” .

Sulla base anche delle deduzioni della ricorrente incidentale, la Suprema Corte ha evidenziato che la questione riguardante la qualificazione dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo e del relativo procedimento, ha sollevato non pochi contrasti giurisprudenziali. All'orientamento che qualifica tale atto come introduttivo non di un giudizio autonomo ma solo di una fase eventuale del giudizio già pendente e che pertanto lo riconduce al processo ordinario di cognizione, si contrappone un altro orientamento che qualificano l'opposizione come un atto introduttivo di un giudizio autonomo od anche come una forma di impugnazione di primo grado.

Sulla base della non univocità della giurisprudenza, la Corte di Cassazione ritiene di rimandare alle Sezioni Unite la questione relativa alla qualificazione dell’opposizione a decreto ingiuntivo quale impugnazione o quale giudizio ordinario di cognizione.

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