Responsabilità contrattuale dell'installatore della stufa causa di un incendio

Il Tribunale di Catania con la sentenza n. 2402/2021 si pronuncia in merito alla responsabilità contrattuale dell’installatore di una stufa per l’incendio sviluppato all’interno di un’abitazione.

Lunedi 7 Giugno 2021

Con la sentenza in commento il Tribunale ha analizzato tre questioni di diritto:

  1. su chi grava, nell’ambito della responsabilità contrattuale, l’onere di provare il nesso di causalità tra l’inadempimento del soggetto obbligato e i danni effettivamente subiti?

  2. il verbale di intervento dei Vigili del Fuoco costituisce piena prova della causa dell’incendio?

  3. Che valore assume ai fini probatori la consulenza tecnica di parte (CTP)?

IL CASO

Tizia conveniva in giudizio la società Alfa dinanzi al Tribunale di Catania al fine di ottenere la condanna al risarcimento del danno per responsabilità contrattuale o, in subordine, per responsabilità extracontrattuale per i danni subiti a seguito di un incendio di vasta entità sviluppatosi all’interno della propria abitazione.

A tal fine esponeva di avere acquistato una stufa a pellet dalla società Alfa la quale si occupava anche dell’installazione della stufa. Dopo pochi giorni, si sviluppava un incendio che provocava ingenti danni all’immobile. L’incendio veniva domato dal pronto intervento dei Vigili del Fuoco i quali redigevano apposita relazione di servizio indicando, quale possibile causa del sinistro, un difetto di installazione della canna fumaria collegata alla stufa.

Si costituiva in giudizio la Società Alfa, chiedendo il rigetto della domanda attorea o, in subordine, di ridurre il quantum della richiesta risarcitoria commisurandola ai danni concretamente verificatisi, deducendo:

  • che dall’analisi dei luoghi, effettuata immediatamente dopo il verificarsi del sinistro, appariva una situazione incompatibile con la causazione dell’incendio dalle tubazioni di scarico dei fumi della stufa e/o per altro problema legato alla sua installazione, dovendosi ricercare in altre fonti potenzialmente pericolose il punto di innesco;

  • che il rapporto dei vigili del fuoco, i quali si erano limitati a presumere che la canna fumaria a contatto con il legno avesse fatto scaturire l’incendio, faceva piena prova solo dei fatti attestati come avvenuti in loro presenza, mentre per quanto riguardava le altre circostanze di fatto dagli stessi accertati, le stesse erano liberamente valutabili e apprezzabili dal giudice unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti;

  • la presenza, nel caso in esame, di altre fonti di innesco specificamente indicate dal proprio CTP nella relazione di parte, idonee ad escludere oggettivamente e topograficamente che la causa dell’innesco fosse stata la canna fumaria;

  • la corretta installazione della stufa e della canna fumaria, nel rispetto della normativa vigente.

La convenuta chiamava in ogni caso in causa la propria società assicuratrice, Beta, avanzando domanda di manleva e garanzia.

LA DECISIONE

Il Tribunale di Catania (Giudice Dott. Giorgio Marino, MOT Dott. Giuseppe Amato), ha rigettato la domanda attorea, sulla base dei seguenti principi di diritto.

1^ questione.

L’attrice avrebbe dovuto provare che l’incendio fosse effettivamente e causalmente riconducibile ad una difettosa installazione della stufa.

Ed invero, analizzando i principi vigenti in tema di onere della prova nell’ambito della responsabilità contrattuale, il Tribunale ha riconosciuto che, benché nell’azione ex art. 1218 c.c. il creditore abbia un onere della prova alleggerito, dovendo limitarsi ad allegare l’inadempimento del debitore e gravando su quest’ultimo la prova contraria, “ciò non lo esime dal dover provare il nesso di causalità tra la condotta assunta come inadempiente e i danni patiti in conseguenza di questa”.

Detta posizione trae il suo fondamento dal generale principio della c.d. vicinanza della prova per il quale, in assenza di una specifica ripartizione dell’onere probatorio discendente da norme di legge o da posizioni consolidate della giurisprudenza, detto onere debba gravare sulla parte che incontra minori difficoltà nel procurarsi la prova stessa, non potendosi di contro addossare a quella che invece incontrerebbe difficoltà ben più ampie e talora in concreto insormontabili.

Nel caso in esame l’attrice non ha fornito alcuna prova che l’installazione difettosa della stufa avesse originato l’incendio, rispetto ad altre possibili cause concomitanti, anch’esse astrattamente idonee a provocare il medesimo effetto lesivo.

2^ questione.

Il verbale di intervento dei Vigili del Fuoco non può costituire piena prova sulla causa dell’incendio verificatosi.

L’attrice infatti ha prodotto in giudizio il verbale dei vigili del Fuoco redatto nell’immediatezza del verificarsi nel sinistro, i quali si sono limitati a presumere che la canna fumaria a contatto con il legno abbia fatto scaturire l’incendio.

Con la sentenza in esame il Tribunale, accogliendo le difese della convenuta, ha infatti richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione (ordinanza n. 27314/2017) secondo cui “il verbale redatto dei vigili del fuoco è dotato di fede privilegiata solo riguardo ai fatti caduti sotto l’immediata osservazione degli operanti e delle attività da questi compiute, valendo nel resto quale strumento probatorio liberamente apprezzabile dal giudice, in correlazione con le emergenze probatorie di causa; pertanto, erra la Corte locale ad assegnare valore certificativo al predetto atto in ordine alla scaturigine dell'incendio, scaturigine, la quale, non costituisce, al contrario di quanto affermato in sentenza, un fatto oggettivo apprezzabile come evento fenomenico comune, bensì la conclusione di appropriati accertamenti e meno che mai può affermarsi che il rilievo era assistito da fede privilegiata ex art. 2700 cod. civ., in quanto il fenomeno era caduto sotto i sensi del pubblico ufficiale verbalizzante, stante che costui sopraggiunse, all'evidenza, solo dopo che l'incendio si era sviluppato”.

Il rapporto dei vigili del fuoco deve pertanto ritenersi privo di fede privilegiata in ordine alle cause dell’incendio perché i pompieri non hanno assistito all’evento, mentre l’origine dell’innesco non è un fatto oggettivamente rilevabile ma richiede accertamenti complessi, da demandare ad un consulente tecnico.

3^ questione.

Insufficiente ai fini probatori è l’allegazione della consulenza tecnica di parte redatta dal consulente di parte attrice.

Il Tribunale infatti ricorda che la consulenza tecnica di parte non ha valore probatorio pieno, trattandosi di mera allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, liberamente confutabile dal giudice di merito, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con essa incompatibili.

Nel caso in esame, peraltro, la consulenza di parte prodotta dall’attrice è stata ritenuta irrilevante ai fini della decisione, non avendo fornito una spiegazione supportata da basi scientifiche sul “perché l’evento sia stata causato da quello e proprio da quel fattore” e non avendo escluso altre cause dell’incendio.

Al contrario, tale corretta confutazione è stata effettuata dal consulente di parte della Alfa, il quale in seno alla propria consulenza ha analizzato lo stato dei luoghi ed individuato all’interno dell’immobile dei punti di innesco dell’incendio diversi dalla canna fumaria.

Nel caso in esame, peraltro, non è stato possibile procedere ad una CTU in corso di causa avendo l’attrice modificato irreversibilmente lo stato dei luoghi prima dell’instaurazione del giudizio.

L’attrice, in buona sostanza, avrebbe dovuto previamente promuovere nell’immediato un accertamento tecnico preventivo, ex art. 696 c.p.c., per cristallizzare la prova, in quanto l’origine dell’incendio va appurata con adeguate indagine tecniche sullo stato dei luoghi.

Il Tribunale, pertanto, ha rigettato la domanda risarcitoria in assenza di una prova sul nesso di causalità tra supposto inadempimento della società Alfa e danno.

 

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