Processo telematico: differenze tra duplicato informatico e copia informatica

Con l’ordinanza n. 27379/2022, pubblicata il 19 settembre scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla differenza tra duplicato informatico e copia informatica degli atti giudiziari digitali che vengono estratti dai fascicoli telematici.

Venerdi 23 Settembre 2022

IL CASO: La vicenda esaminata nasce dall’opposizione promossa da alcuni fideiussori di una società, successivamente dichiarata fallita, avverso un decreto ingiuntivo notificatole da una banca a titolo di saldo del conto anticipi sottoscritto con il predetto istituto bancario.

L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale. Pertanto, avverso la decisione di primo grado, i fideiussori interponevano appello che veniva dichiarato inammissibile dalla Corte territoriale in quanto proposto tardivamente, oltre il termine breve di trenta giorni decorrenti dalla notifica della sentenza impugnata eseguita due volte dalla banca a distanza di cinque giorni l’una dall’altra.

Il gravame era stato proposto nel termine dei trenta giorni che gli appellanti avevano fatto decorrere dalla seconda notifica, ritenendo nulla la prima notifica in quanto il documento era privo sia della sottoscrizione del giudice in calce, sia della firma digitale, non presentando quel documento alcun segno grafico (coccarda e stringa) da cui si potesse presumere l'avvenuta sottoscrizione.

I giudici della Corte territoriale ritenevano correttamente compiuta la notifica in quanto la firma sul duplicato informatico, anche se non materialmente visibile, esisteva e poteva essere verificata tramite gli appositi programmi di verifica della firma elettronica.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, pronunciandosi sul gravame interposto dagli appellanti avverso la sentenza di secondo grado, ha dato torto a questi ultimi.

Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato dagli Ermellini i quali hanno osservato che, nel dedurre la nullità della notifica della sentenza di primo grado, in quanto il documento era privo di alcun segno grafico che attestasse l'esistenza della firma digitale, i ricorrenti hanno, in modo evidente, confuso l'istituto del duplicato informato della sentenza sottoscritta telematicamente con quello della copia informatica della stessa.

Secondo gli Ermellini:

1. i requisiti che i ricorrenti hanno associato al duplicato informatico, riguardano la copia informatica di un documento nativo digitale, la quale presenta effettivamente, sul bordo destro delle pagine, la "coccarda" e la stringa alfanumerica indicante i firmatari dell'atto/provvedimento, segni grafici, che sono generati dal programma ministeriale in uso alle cancellerie degli uffici giudiziari e che non rappresentano, peraltro, la firma digitale, ma una mera attestazione in merito alla firma digitale apposta sull'originale di quel documento;

2. il duplicato informatico è, invece, il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (che si misurano in bit);

3. la corrispondenza del duplicato informatico (in ogni singolo bit) al documento originario non emerge (come, invece, si verifica nelle copie informatiche) dall'uso di segni grafici. Infatti, la firma digitale è una sottoscrizione in "bit", una firma elettronica, il cui segno, restando nel file, è invisibile sull'atto analogico, ovvero sulla carta - ma dall'uso di programmi di algoritmi, che consentano di verificare e confrontare l'impronta del file originario con il duplicato;

4. non sussiste la necessità di attestazione di conformità tra originale e duplicato in quanto come previsto dall’art. 23 bis del CAD (D.L. n. 179 del 2012) comma "I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida".

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