Con la sentenza 28513/2025, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa alle conseguenze derivanti dal deposito, al momento dell’iscrizione al ruolo dei procedimenti di esecuzione (pignoramento presso terzi, pignoramento mobiliari e pignoramenti immobiliari), della copia del titolo esecutivo, del precetto e dell’atto di pignoramento senza l’attestazione di conformità agli originali, pur nel rispetto del termine perentorio previsto dalla legge.
| Martedi 4 Novembre 2025 | 
IL CASO: La questione è approdata all’esame dei giudici di legittimità a seguito del rinvio pregiudiziale da parte del Tribunale di Milano che era stato chiamato a decidere un reclamo proposto da un creditore avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, d’ufficio, aveva dichiarato l’inefficacia di un pignoramento immobiliare e l’estinzione del processo, in quanto al momento dell’iscrizione al ruolo, nel termine di 15 giorni dalla consegna da parte dell'ufficiale giudiziario dell'atto di pignoramento notificato, il creditore aveva depositato la copia dell’atto di pignoramento e del precetto senza l’attestazione di conformità agli originali. L’attestazione di conformità era presente solo sul titolo esecutivo. Il creditore alla prima udienza aveva prodotto gli originali dei documenti.
Il Tribunale di Milano, avvalendosi del disposto dall’art. 363 bis c.p.c., introdotto dalla legge Cartabia, sottoponeva alla Corte di Cassazione la seguente questione: «se la mancanza dell'attestazione di conformità delle copie di titolo, precetto e pignoramento ex art. 557 c.p.c. – 196-novies, secondo comma, disp. att., c.p.c., sebbene prodotte nel termine ivi prescritto, costituisca causa di inefficacia del pignoramento, ovvero rivesta carattere di mera irregolarità sanabile».
LA DECISIONE: La Prima Presidente della Corte di Cassazione, ritenendo sussistenti i presupposti per il rinvio pregiudiziale, assegnava l’esame della questione alla Terza sezione civile, la quale ha pronunciato il principio di diritto secondo cui: "l'iscrizione a ruolo del processo esecutivo (immobiliare e presso terzi) va effettuata nel termine perentorio previsto dagli artt. 543 e 557 c.p.c., mediante il deposito di copie, attestate conformi agli originali dall'avvocato del creditore, degli atti indicati in tali norme; il tardivo deposito delle copie attestate conformi determina l'inefficacia del pignoramento e l'estinzione del processo, onde non è suscettibile di sanatoria l'eventuale deposito di copie non attestate conformi, oltre il suddetto termine perentorio, neppure mediante il deposito tardivo delle attestazioni di conformità mancanti".
Nel decidere, gli Ermellini, hanno evidenziato l’esistenza del contrasto esistente tra i giudici di merito che ha dato origine a due orientamenti.
Il primo orientamento, più rigoroso, sostiene che dall’omesso deposito dell’attestazione di conformità deriva l’inefficacia del pignoramento e di conseguenza l’estinzione del processo esecutivo, ai sensi dell'art. 630, comma 2, c.p.c.
Il secondo orientamento, più garantista, invece, ritiene che si tratta di una mera irregolarità sanabile, ad esempio mediante il deposito successivo dell'attestazione o in assenza di contestazioni da parte del debitore.
La questione si inserisce in un quadro normativo recentemente modificato dal D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, c.d. Correttivo Cartabia, che ha riformulato gli artt. 543 e 557 c.p.c.
La nuova formulazione, applicabile ai procedimenti introdotti dopo il 28 febbraio 2023, prevede espressamente che il deposito delle "copie conformi" debba avvenire "a pena di inefficacia del pignoramento stesso".
In merito a tale ultima modifica, la Corte di Cassazione ha chiarito la valenza meramente interpretativa e non innovativa, ritenendo che la sanzione dell'inefficacia fosse già insita nel sistema previgente.
Nel decidere, i giudici di legittimità hanno osservato che:
sia la vecchia che la nuova formulazione degli artt. 543 e 557 c.p.c., impongono il deposito di "copie conformi;
il deposito di una copia semplice, priva dell'attestazione di conformità, equivale a un mancato deposito dell'atto richiesto dalla legge. Di conseguenza, la sanzione dell'inefficacia, prevista per il deposito tardivo, si applica anche al deposito di un atto formalmente invalido o incompleto;
il principio del "raggiungimento dello scopo" (art. 156 c.p.c.), opera nell'ambito delle nullità degli atti processuali, mentre nel caso di specie si verte in tema di inefficacia derivante dalla violazione di un termine perentorio, una fattispecie riconducibile alla categoria delle preclusioni processuali (art. 153 c.p.c.) Come non ha senso chiedersi se un'istanza di vendita tardiva abbia raggiunto il suo scopo, così è irrilevante interrogarsi sullo scopo raggiunto da un deposito formalmente incompleto effettuato oltre il termine;
poiché, di regola, il debitore non è costituito (e tenuto conto che, anche laddove lo sia, la sua posizione processuale non muta e non si determina alcun contraddittorio finalizzato alla decisione, almeno non in senso analogo a quello esistente nel processo di cognizione), è sempre il giudice dell'esecuzione che deve verificare la regolarità degli atti, onde il principio di non contestazione, ovviamente, nel processo esecutivo non ha modo di operare (quanto meno per come esso è inteso nel processo di cognizione);
l'attestazione di conformità non è un mero formalismo, ma un presidio fondamentale per il corretto svolgimento del processo esecutivo. L'attestazione garantisce al giudice dell'esecuzione, che agisce in un contesto di contraddittorio attenuato, la certezza documentale circa l'esistenza e la validità dei presupposti dell'azione esecutiva (titolo, precetto, pignoramento). Senza tale certezza, il giudice non potrebbe procedere con le successive fasi, come l'autorizzazione alla vendita o l'assegnazione dei crediti, che incidono pesantemente sulla sfera giuridica del debitore e dei terzi;
consentire una sanatoria tardiva comporterebbe un rallentamento del processo, in palese contrasto con la ratio delle recenti riforme, volte a garantire la ragionevole durata e l'efficienza delle procedure esecutive.
La norma che obbliga il deposito dell'attestazione di conformità delle copie agli originali non determina eccessivi ostacoli all'accesso alla tutela giurisdizionale, anche per la semplicità dell'attività richiesta e per la chiarezza delle norme che la richiedono, non suscettibili di interpretazioni incerte;
L'adempimento richiesto – attestare la conformità di atti già in possesso del difensore – è considerato dalla Corte di minima difficoltà, a fronte della cruciale esigenza di garantire la certezza e la celerità del processo esecutivo. Sarebbe del tutto contrario al sistema consentire lo svolgimento del processo esecutivo - con gli effetti, le spese ed il dispendio di attività processuali e pubbliche che lo stesso comporta - senza avere la certezza documentale che vi siano i presupposti necessari per il suo avvio.