Patteggiamento e giudizio civile di risarcimento danni: ultimi orientamenti

Martedi 21 Agosto 2018

Con la recente sentenza n.20170/2018 pubblicata il 30.7 u.s. la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi degli effetti della sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti (cd. patteggiamento) nel giudizio civile di danno, rilevando come nella giurisprudenza della S.C. non si rinvengano affatto indicazioni univoche, ma ben tre orientamenti diversi così individuati.

Secondo un primo orientamento, la sentenza pronunciata ex art.444 c.p.p. presupporrebbe sempre un ammissione di colpevolezza, con l'effetto di invertire l'onere della prova dall'attore, che agisce per il risarcimento, al convenuto che sarebbe quindi tenuto a dimostrare l'inesistenza dei fatti che gli sono stati ascritti dal capo di imputazione (nella sentenza é specificato che l'orientamento é stato condiviso, anche dalle SS.UU. della Cassazione, con le sentenze n.ri 21591/2013 e 17289/2006, ma con la specificazione che la questione fu trattata dalle stesse ratione materiae, e non perchè fosse stata loro devoluta per la composizione di divergenti orientamenti delle sezioni semplici).

In base ad un secondo orientamento la sentenza di patteggiamento non invertirebbe l'onere della prova, ma "può solo costituire un elemento che va valutato dal giudice, ai fini del suo convincimento in merito all'esistenza del reato (Cass. n. 23906/2007; Cass. n. 2724 del 2001)..

Infatti, si tratterebbe di un rito introdotto dal legislatore per finalità deflattive, nel quale non si forma alcun giudicato di colpevolezza in merito al fatto ascritto all'imputato. E, in applicazione di tale principio, il compito del giudice civile, in presenza di patteggiamento, resterebbe quello di decidere accertando i fatti illeciti e le relative responsabilità autonomamente, valutando, unitamente alle altre risultanze, anche la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Secondo un terzo orientamento, infine, in tema di efficacia del provvedimento di patteggiamento, la disciplina codicistica avrebbe un contenuto letterale chiaro che non consentirebbe alcuna interpretazione manipolatrice: quindi nei giudizi civili, l'imprenscindibile dato normativo di partenza è l'art.445, comma 1-bis, c.p.p. il quale testualmente recita che la sentenza: "... anche quando é pronunciata dopo la chiusura del dibattimento non ha efficacia nei giudizi civili e amministrativi".

Muovendo da tali premesse, la Terza Sezione Civile della S.C. ha rilevato che il primo orientamento non é condivisibile in quanto in chiaro contrasto con il testo della legge e, in particolare, con l'art.445, comma 1-bis, c.p.p., ragion per cui la sentenza penale di cd. "patteggiamento" non implica alcuna ammissione e/o accertamento di responsabilità da far valere ne giudizio civile avviato per il risarcimento del danno. Ciò in quanto, appunto, il legislatore ha negato tout court alla pronuncia penale ex art 444 c.p.p. “efficacia” nel processo civile.

Stesso giudizio di non condivisibilità é stato espresso per il terzo orientamento: la sentenza di patteggiamento, ha nel giudizio civile valore di fatto storico e può costituire un indizio che ove sia accompagnato da altri, aventi i requisiti della gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art.2729 c.c., può ben acquisire efficacia probatoria e fondare una pronuncia di condanna al risarcimento dei danni in sede civile.

Dopo una attenta disamina ed una puntuale confutazione del primo e del terzo orientamento, la Terza Sezione della S.C. ha così espresso la sua adesione al secondo, confermando la correttezza della sentenza n.249/2014 della Corte di Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto, impugnata per cassazione, ed enunciando i seguenti principi di diritto:

  • la sentenza penale di patteggiamento nel giudizio civile di risarcimento e restituzione non ha efficacia di vincolo, non ha efficacia di giudicato, e non inverte l'onere della prova;

  • la sentenza penale di patteggiamento per il giudice civile non é un atto, ma un fatto; e come qualsiasi altro fatto del mondo reale può costituire un indizio, utilizzabile solo insieme ad altri indizi e se ricorrono i tre requisiti di cui all'art.2729 c.c."

Allegato:

Cassazione civile Sez. III Sentenza n. 20170 del 30/07/2018

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