Con l’ordinanza n. 29481/2025, pubblicata il 7 novembre scorso, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimazione passiva nei giudizi di opposizione avverso la riscossione di crediti non tributari e, in particolare, sulla posizione processuale dell'agente della riscossione e l’ente impositore.
| Martedi 11 Novembre 2025 |
IL CASO: La vicenda trae origine dalla notifica di diverse cartelle di pagamento da parte dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione nei confronti degli eredi di un contribuente per un importo consistente di oltre 900 mila euro.
Sulla scorta delle suddette cartelle, il Commissario Straordinario di Governo otteneva un decreto ingiuntivo per la restituzione di somme precedentemente erogate al contribuente deceduto.
Gli eredi proponevano opposizione dinanzi al Tribunale di Napoli, qualificabile in parte come opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) per vizi formali, e in parte come opposizione all'esecuzione (art. 615 c.p.c.) per contestare il diritto dell'Agente della Riscossione a procedere per l'intero importo nei confronti di ciascuno di essi
Il motivo di merito principale verteva sul difetto di solidarietà passiva, sostenendo che, trattandosi di un debito ereditario di natura non tributaria, esso dovesse essere ripartito pro quota tra i coeredi.
Nel difendersi, l’Agente della Riscossione eccepiva la tardività dell’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e la propria carenza di legittimazione passiva. Chiedeva, inoltre, che venisse disposto l’integrazione del contradditorio nei confronti dell’ente impositore.
Il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto della richiesta dell’integrazione del contradditorio formulata dall’Agente della Riscossione e l’accoglimento dell'opposizione nel merito con conseguente annullamento delle cartelle di pagamento impugnate.
Il Tribunale rilevava che non era stata fornita la prova della natura tributaria dell'obbligazione, con la conseguenza che doveva trovare applicazione la regola generale della divisione dei debiti ereditari prevista dal codice civile.
Avverso la decisione di primo grado, l'Agente della Riscossione proponeva appello, lamentando il mancato accoglimento della richiesta della chiamata in causa dell'ente impositore e l'erronea statuizione sull'insussistenza della solidarietà tra gli eredi del contribuente.
La Corte d'Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, pur confermando l'assenza di solidarietà, non annullava le cartelle ma ne riduceva l'importo in proporzione alle rispettive quote ereditarie di ciascun coerede.
I giudici della Corte territoriale ritenevano che la non debenza parziale della somma non travolgesse l'intero atto, ma ne comportasse un annullamento parziale.
Pertanto, l’Agente della Riscossione, investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo, tra i motivi del ricorso, la violazione degli artt. 39 e 269 c.p.c., per avere i giudici della Corte territoriale confermato la decisione con cui il Tribunale aveva escluso che essa potesse provvedere alla chiamata in causa dell’Ente impositore.
LA DECISIONE: Il ricorso è stato ritenuto infondato dai giudici di legittimità, i quali, nel rigettarlo, hanno escluso il litisconsorzio necessario tra l'agente della riscossione e l'ente creditore, richiamando l’orientamento giurisprudenziale della stessa Corte di Cassazione secondo cui l'opposizione va proposta contro il soggetto il cui atto è immediatamente contestato, ovvero l'agente della riscossione. Quest'ultimo ha la facoltà, ma non l'obbligo, di chiamare in causa l'ente titolare del credito secondo lo schema dell'art. 106 c.p.c.
Nelle cause di opposizione alla riscossione coattiva di crediti non tributari diversi da quelli per violazioni al codice della strada (nella specie per il recupero di contributi regionali poi revocati), hanno ricordato gli Ermellini:
non sussiste litisconsorzio necessario fra l’ente creditore e l’agente della riscossione, spettando piuttosto a quest’ultimo la possibilità di chiamare in causa l’ente interessato secondo lo schema dell’art. 106 c.p.c., atteso che, in difetto di disposizioni specifiche per entrate diverse da quelle erariali, previdenziali o per sanzioni amministrative derivanti da violazioni del codice della strada, va applicato l’art. 39 del d.lgs. 112 del 13/04/1999, stante la portata generale di tale norma processuale e la maggiore aderenza al principio generale della necessaria identificazione, quale immediato contraddittore, del soggetto contro il cui atto si rivolge in via immediata la pretesa o la contestazione;
la chiamata in causa dell'ente impositore da parte dell'agente della riscossione, ai sensi dell'art. 39 del D.Lgs. n. 112/1999, non necessita di alcuna autorizzazione da parte del giudice. Si tratta di un onere a carico dell'agente, il cui mancato assolvimento non impedisce all'ente di intervenire volontariamente, ma espone l'agente a rispondere delle conseguenze della lite.