Infortunio sul lavoro in cantiere edile conseguente a circolazione di veicolo: applicabile la normativa sulla rca.

Infortunio sul lavoro in cantiere edile conseguente a circolazione di veicolo su aree equiparate ed azione diretta ex art. 287 c.d.a. - fallimento proprietario del veicolo danneggiante e modalità della riassunzione - art. 2055 c.c. e cumulabilità di titoli di responsabilità diversi per condotte lesive fra loro autonome

Mercoledi 23 Febbraio 2022

IL CASO

Addì 10/03/2006 si verificava un tragico incidente sul lavoro.Nel corso di lavori di movimento terra in un cantiere edile il conducente diuna macchina operatrice, scoperta di garanzia assicurativa per la RCA, operava manovra di retromarcia senza prima ispezionare lo spazio retrostante e così investiva un operaio,schiacciandolo e cagionandone il decesso.

Il processo penale, protrattosi fino al giudizio di legittimità, si concludeva con sentenza di condanna del conducente dell’escavatore e dell’imprenditore edile, titolare della ditta individuale che eseguiva i lavori nel cantiere.

Incoata la causa civile risarcitoria dinanzi al Tribunale di Catania, gli attori, prossimi congiunti della vittima, evocavano in giudizio, con azione diretta ex artt. ex artt. 283 comma 1 lettera b) c.d.a. e 287 c.d.a., l’impresa territorialmente designata per il Fondo di garanzia vittime della strada, nonché, quale litisconsorte necessario, la ditta proprietaria della macchina operatrice priva di garanzia assicurativa per la RCA, il conducente di quest’ultima e l’imprenditore edile responsabile per la violazione della normativa antinfortunistica a tutela della sicurezza sul lavoro.
La sentenza civile di prime cure del Tribunale di Catania (G.U. Dott. Giuseppe Artino Innaria), nel ritenere la responsabilità dei coimputati e nel condannarli al risarcimento dei danni in favore dei prossimi congiunti della vittima, delibava tuttavia l’inammissibilità, per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101, comma primo, c.p.c., delle domande attoree nei confronti della società proprietaria della macchina operatrice, nelle more fallita, e nei riguardi dell’impresa designata.
In particolare, secondo il Giudice di prime cure, gli attori avrebbero errato a riassumere il processo interrotto non già nei confronti della società fallita, bensì della curatela del fallimento e pertanto, per effetto del litisconsorzio necessario tra impresa designata e responsabile del danno, l’erronea instaurazione del contraddittorio nei confronti della Ditta proprietaria avrebbe travolto anche l’azione diretta nei riguardi dell’impresa designata.

Sull’appello proposto dagli attori danneggiati, tre sono le questioni rilevanti all’esame del Giudice del gravame:

1. gli attori hanno impugnato la sentenza sostenendo la ritualità della riassunzione del giudizio nei confronti della curatela del fallimento, l’insussistenza della violazione del contraddittorio ex art.101 comma primo c.p.c. e la violazione dell’art. 43 della legge fallimentare.

Gli attori, in subordine, hanno altresì eccepito la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art.102 comma II c.p.c., per avere il Giudice di primo gradodichiarato l’inammissibilità della domanda risarcitoria formulata dagli attori, anziché ordinare, in un termine perentorio da lui stabilito, l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario asseritamente pretermesso, e cioè nei confronti del fallito.

2. Ancora gli appellanti hanno sostenuto la violazione dell’art.112 c.p.c. per omessa pronunzia nel merito della domanda risarcitoria proposta dagli attori con azione diretta ex art. 287 c.d.a. nei confronti dell’impresa designata, che aveva eccepito la carenza di legittimazione passiva ad causam sostenendo di essere stata illegittimamente evocata in giudizio perché, essendo il sinistro avvenuto in un cantiere edile, non avrebbe mai potuto trovare applicazione il codice delle assicurazioni, applicabile solo in caso di sinistro su strada pubblica o area ad essa equiparata.
3. L’imprenditore edile, con appello incidentale, ha sostenuto infine la propria carenza di legittimazione passiva, sul rilievo che i prossimi congiunti della vittima avevano introdotto un’azione
risarcitoria per violazione della normativa sulla circolazione stradale.

LA DECISIONE

La Corte d’appello di Catania (Presidente Estensore Dott.ssa Grazia Longo, Giudice Dott. Massimo Lo Truglio, Giudice relatore ed estensore Dott. Francesco Billè)accoglie l’appelloprincipaledei prossimi congiuntidella vittima,rigetta le impugnazioni incidentali econferma la liquidazione di oltre €300.000,00 per il coniuge della vittima, €200.000,00 per i figli, €150.000,00 per l’anziana madre, €50.000,00 per i fratelli ed €20.000,00 per i nipoti,sulla base deiseguenti principi di diritto.

1^ questione.

L’art.43 comma I della L.F. così dispone: “Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore”.
Il fallimento del proprietario del mezzo danneggiante determina quindi la perdita della capacità di stare in giudizio del fallito nelle relative controversie, spettando la legittimazione processuale in sede di riassunzione non già al fallito, ma esclusivamente al curatore.

Inoltre la sottoposizione a procedura concorsuale del proprietario del mezzo danneggiante, ancorché trattasi di litisconsorte necessario ex art. 287 comma IV c.d.a. dell’impresa designata, non rende operante la vis attractiva della procedura con trasferimento della causa nella sede fallimentare ed improcedibilità e/o inammissibilità dell’azione risarcitoria in sede ordinaria, se gli attori – come è puntualmente avvenuto nella specie - in seno alla riassunzione ed al momento di precisare le conclusioni definitive, limitano la richiesta di condanna nei confronti della impresa designata e degli altri litisconsorti, ma con espressa esclusione del fallimento, in persona del suo curatore.

L’evocazione in giudizio in sede di riassunzione della curatela del fallimento era infatti avvenuta per finalità di mero litisconsorzio necessario processuale ed a fini dell’opponibilità dell’accertamento della responsabilità alla proprietaria dell’escavatore, da far valere se ed in quanto fosse ritornata "in bonis", per cui secondo la Corte etnea, in assenza di una richiesta di pronunzia di condanna nei confronti del fallimento, corretta e rituale si appalesa la riassunzione con notifica del ricorso e del decreto nei confronti della curatela fallimentare, atteso che nessuna violazione della par condicio creditorum era configurabile; la circostanza che al giudizio dovesse partecipare (per effetto del litisconsorzio necessario) la ditta proprietaria sottoposta a procedura concorsuale (in persona del curatore fallimentare), non rendeva operante la vis attractiva della procedura, giacchè la pronuncia giudiziale non poteva mai incidere sulla massa e influire sulla par condicio creditorum ed il giudizio risarcitorio avrebbe potuto proseguire fino al suo naturale epilogo, nelle forme dell'ordinario procedimento contenzioso (ex plurimis, in questo senso Cass. Civ. sez. lav., 22/05/2020 n.9482; Cass. Civ. 7/02/2020 nn. 2990 e 2991; Cass. Civ., sez. III, 05 Settembre 2019 n.
22166; Cass. Civ., sez. VI, 22/11/2017 n.27756; Cass. Civ., sez. VI , 06/07/2016 n. 13814; Cass. Civ., sez. III, 08/01/2016 n.128; Cass. Civ., sez. III, 26/06/2012 n.10640).
2^ questione.

La Corte etnea, in accoglimento del gravame, così conclude: “si verte in fattispecie di sinistro stradale, trattandosi di incidente avvenuto con mezzo per il quale è previsto l’obbligo di assicurazione per la RCA ed il luogo teatro dell’evento era aperto alla libera circolazione di un numero indefinito di persone e, dunque, soggetto alla disciplina della normativa sulla circolazione stradale”.
Se il sinistro è un infortunio sul lavoro non se ne può trarre la inferenza giuridica per cui la normativa sulla RCA non possa trovare applicazione. Tale conclusione è contraria al diritto vivente e stride con i paradigmi e le basi della normativa sull’assicurazione obbligatoria. Ciò per due ordini di ragioni.

Innanzitutto la giurisprudenza del Supremo Collegio non ha mai revocato in dubbio l’operatività dell’assicurazione obbligatoria RCA nel caso di sinistro che si verifichi in un cantiere edile, su un’area ancorché di proprietà privata, aperta ad un numero indeterminato di soggetti, diversi dal titolare dei diritti sull’area, ove l’accesso è consentito agli operai, a coloro che hanno rapporti commerciali con l’impresa di costruzioni, ai fornitori nonché ai potenziali acquirenti delle costruende unità immobiliari.

Consolidato è, infatti,l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità che -proprio in riferimento al cantiere edile -hainvero riconosciuto che l’indeterminatezza dei soggetti che hanno lapossibilità di accedere ad un’area privata non viene meno anche quando:

-essi appartengano tutti ad una o più categorie specifiche;

- l'accesso avvenga per peculiari finalità;

- l’accesso sia soggetto a particolari e/o specifiche condizioni.

Cassazione civile, sez. unite, 29/04/2015, n.8620, relativa ad un infortunio sul lavoro ( “l'incidente era conseguente all'errata manovra di un'autogrù di proprietà di I.C., il quale, dovendo caricare un cassone metallico acquistato dal P., aveva urtato, con il braccio meccanico montato sul veicolo, il cassone, che era stato posto incautamente in bilico su un muretto e che, per effetto dell'urto, era scivolato verso il basso, schiacciando il P. e provocandone la morte”) nel decidere i giudizi riuniti di surroga INAIL e l’azione diretta per il risarcimento dei danni conseguenti alla morte di un operaio, ha confermato la piena operatività della RCA nel cantiere in fattispecie di “infortunio sul lavoro verificatosi nell'ambito della circolazione stradale”.

Inoltre la Corte etnea rileva che il lavoratore fu schiacciato e ferito a morte per effetto di una manovra della macchina operatrice conforme alla sua funzione abituale, certamente soggetta ad assicurazione obbligatoria, giusta tabella A dei massimali minimi di garanzia per la RCA stabilita ai sensi dell’art. 9 della L. n.990/69 (oggi articolo 128 c.d.a.) per ogni tipo di veicolo, comprese le macchine operatrici. Cassazione civile, sez. unite, 30 luglio 2021, n.21983, infatti con importante e troncante recente arresto, ha espresso i seguenti principi di diritto:
✓ ai fini dell'operatività della garanzia per R.C.A., l'art. 122 del d.lg.7 settembre 2005 n. 209 va interpretato conformemente al diritto dell'Unione europea e alla giurisprudenza eurounitaria (Corte Giustizia del 4 settembre 2014 in causa C-162/2013; Corte Giustizia, Grande Sezione, del 28 novembre 2017 in causa C-514/2016; Corte Giustizia del 20 dicembre 2017 in causa C-334/2016; Corte Giustizia, Grande Sezione, del 4 settembre 2018 in causa C-80/2017; Corte Giustizia del 20 giugno 2019 in causa C-100/2018) nel senso che per circolazione su aree equiparate alle strade va intesa quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale;

✓ L'assicurazione della responsabilità civile autoveicoli opera, e l'azione diretta verso l'assicuratore spetta, anche quando il sinistro ed il relativo danno derivano da uso di un veicolo in area privata.
3^ questione

Nel caso di controversia per infortunio sul lavoro (che può integrare, come detto, anche un sinistro conseguente a circolazione stradale), allorquando un danno di cui si chiede il ristoro è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell’evento dannoso, si configura una responsabilità solidale fra tutti costoro.

Ad avviso della Corte etnea l’art. 2055, comma 1, c.c. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale), atteso che l’unicità del fatto dannoso considerata dalla norma suddetta deve essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle norme giuridiche da essi violate (cfr. altresì Cass. Sezione 3 civile, Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1070).

E infatti sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone è sufficiente ai fini della suddetta solidarietà, che tutte le singole azioni o omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, stante i principi che regolano il nesso di causalità e il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni da risarcire.

La violazione del dovere del neminem laedere può consistere anche in un comportamento omissivo e l’obbligogiuridico di impedire l’evento può discendere, oltre che da una norma di legge, anche da una specifica situazione che esiga una determinata attività, a tutela di un diritto altrui; ne consegue che è da considerare responsabile il soggetto che, pur consapevole del pericolo cui è esposto l’altrui diritto, ometta di intervenire per impedire l’evento dannoso.

Gliappellanti hanno allegato e denunciato in primo gradola responsabilità dell’imprenditore edile, anche ex art. 2043 c.c.,per aver dato incarico di effettuare i lavori di sistemazione del terreno, operando proprio sul ciglio dello scavo al cui interno peraltro erano in corso opere di carpenteria, per non avere apportato le opportune e necessarie cautele a tutela del lavoratore, per avere violato le disposizioni in materia di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro e per avere consentito lo stazionamentoin locodel lavoratore

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