Divieto di sospensione dell'esecuzione della pena per il reato di furto in abitazione.

Mercoledi 28 Febbraio 2024

La Consulta, con ordinanza n. 14 del 2024, ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 656, co., 9 lett. a) c.p.p. sollevate dal Tribunale di Catania, in riferimento agli artt., 3 e 27, co., 3 Cost., nella parte in cui la disposizione enuncia che la sospensione dell'esecuzione della pena non possa disporsi nei confronti del condannato per il delitto di furto in abitazione, di cui all'art. 624 bis c.p.

Il comma 9 dell'art 656 c.p.p. prevede due eccezioni rispetto alla regola generale della sospensione automatica dell'ordine di esecuzione della pena detentiva allorquando la pena inflitta non sia superiore a 4 anni ovvero a 6 anni per le ipotesi di cui agli artt., 90 e 94 del d.P.R. n. 309 del 1990.

Il rimettente esponeva di essere stato investito dall'incidente di esecuzione promosso da un condannato finalizzato ad ottenere la sospensione dell'ordine di esecuzione emesso nei propri confronti e relativo ad una sentenza di condanna alla pena di due anni di reclusione e 300 € di multa.

Il giudice a quo sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 624-bis c.p., eccependo il contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., nonché con il principio della finalità rieducativa della pena, di cui all'art. 27, terzo comma, Cost. ; l divieto di sospendere l'esecuzione della pena per siffatta ipotesi, determinerebbe un ingiustificato deteriore trattamento rispetto al più grave delitto di rapina, per il quale la sospensione è consentita.

Preliminarmente, la Corte ricorda che le questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Catania, ricalcano quelle dichiarate non fondate con la sentenza n. 216 del 2019 e manifestamente infondate con l'ordinanza n. 67 del 2020.

Con le decisioni richiamate, veniva escluso il vizio di ragionevolezza dell'art. 624-bis c.p. perchè il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione trova la propria ratio nella discrezionale presunzione del legislatore relativa alla particolare gravità del fatto di chi, per commettere il furto, entri in un'abitazione altrui ovvero in altro luogo di privata dimora o nelle sue pertinenze oltre che alla speciale pericolosità soggettiva manifestata dall'autore di un simile reato.

La ratio della preclusione, dunque, risponde alla primaria esigenza di tutela della collettività che può realizzarsi solo garantendo la detenzione carceraria dalla quale discende il divieto di disporre la sospensione dell'ordine di carcerazione.

Nelle decisioni a cui rimanda, la Consulta evidenzia che è stato ritenuto non sussistente il contrasto sollevato in riferimento al principio della finalità rieducativa della pena, di cui al terzo comma dell'art. 27 Cost., in quanto la valutazione individualizzata rispetto alla eventuale concessione dei benefici penitenziari resta “ demandata al tribunale di sorveglianza in sede di esame dell'istanza di concessione dei benefici, che il condannato può comunque presentare una volta passata in giudicato la sentenza che lo riguarda”.

La Corte ha ritenuto, pertanto, le questioni sollevate manifestamente infondate, auspicando l'intervento del legislatore sì da superare l'incongruenza che può originare il difetto di coordinamento esistente tra la disciplina processuale ( art. 656, co. 5 e 9, lett a) c.p.p.) e quella sostanziale relativa ai presupposti per accedere alle misure alternative alla detenzione, in relazione alla situazione dei condannati nei cui confronti non è prevista la sospensione dell’ordine di carcerazione ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., ai quali – tuttavia – la vigente disciplina sostanziale riconosce la possibilità di accedere a talune misure alternative sin dall’inizio dell’esecuzione della pena»: con il connesso rischio che la valutazione del tribunale di sorveglianza sull’istanza di concessione dei benefici intervenga dopo che il condannato abbia interamente o quasi scontato la propria pena.

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