Con la sentenza n. 20385/2019, pubblicata il 26 luglio 2019, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla cumulabilità o meno dei redditi dei coniugi nei procedimenti di separazione consensuale ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato.
IL CASO: La vicenda esaminata trae origine dal provvedimento con il quale il Tribunale, su istanza dell’Agenzia territoriale delle Entrate, revocava l’ammissione al patrocinio a spese dello stato che era stata riconosciuta, in vi provvisoria, ad uno dei due coniugi per il procedimento di separazione personale conclusosi con il decreto di omologazione delle condizioni di separazione.
L’Agenzia delle Entrate aveva richiesto la revoca del beneficio sulla scorta della stima del reddito del nucleo familiare del coniuge beneficiario del patrocinio ottenuta cumulando il suo reddito, che era inferiore al limite massimo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, ex artt. 76 e 92, con quello dell’altro coniuge.
Avverso il decreto di revoca, il coniuge beneficiario del gratuito patrocinio, interponeva ricorso per Cassazione nei confronti del Ministero della Giustizia e dell’Agenzia delle Entrate, deducendo la violazione dell’articolo 76 del D.P.R. n. 115 del 2002 che al comma 4 impone di considerare il solo reddito dell’istante nei "processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi”, nei quali rientrano anche quelli di separazione consensuale dei coniugi, in quanto, secondo la ricorrente, ciò non comporta il venir meno della contrapposizione dei loro interessi.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso e nell’accoglierlo ha evidenziato che:
già in precedenza era stato affermato dagli stessi giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi in un caso di separazione giudiziale, che “nelle cause di separazione vi è conflitto di interessi solo con il coniuge che ha promosso l’azione o che è convenuto, mentre tale conflitto non è predicabile relativamente al figlio convivente, ancorchè in posizione di adesione ad una delle parti in contesa” (Cass. 30068/2017);
l’esclusione del cumulo dei redditi vale oltre che per i procedimenti contenziosi di separazione giudiziale, anche per i procedimenti di separazione consensuale, poiché il fatto che tra i coniugi si arrivi ad un accordo consensuale non comporta l’assenza tra di essi di interessi confliggenti;
ai fini della determinazione dei limiti reddituali di accesso al beneficio del gratuito patrocinio nell’ambito del procedimento di separazione il coniuge controparte non deve essere considerato si ricava dal tenore testuale dell’articolo 76 del D.P.R. n. 115 del 2002, che, con il riferimento alla convivenza in unico nucleo familiare, "sterilizza" l'eventuale obiezione della persistente convivenza dei coniugi separandi quale ragione di revoca del beneficio, essendo il focus della norma, invece, la declinazione delle possibili variabili del conflitto di interessi, siano i coniugi conviventi oppure no.