Cassa Forense: il termine quinquennale per le verifiche del requisito della continuità ha natura decadenziale

La Sezione Lavoro della Cassazione, con ordinanza n. 31754, pubblicata il 4 novembre 2021, ha statuito che allorquando non sia stata esercitata la facoltà di revisione prevista dall'art. 22 (Iscrizione alla Cassa) e l'interessato abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione prescritti dagli artt. 17 (Comunicazioni obbligatorie alla Cassa) e 23 (Comunicazione e pagamento dei contributi per gli anni 1975 e successivi ), la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza forense non può più contestare il requisito della continuità professionale.

Giovedi 11 Novembre 2021

La pronuncia oggetto del giudizio, trae origine dalla sentenza della Corte d'Appello di Napoli che, nel 2014, confermava la decisione di primo grado con la quale era stata rigettata la domanda di una avvocato la quale aveva chiesto l'annullamento della delibera con la quale la Giunta esecutiva della Cassa forense aveva dichiarato inefficace l'importo da lei versato, per l'anno 2000 chiedendo, contestualmente, l'accertamento del requisito della continuità professionale relativamente allo stesso anno.

La professionista proponeva ricorso per cassazione deducendo tre motivi:

- con il primo dei quali denunciava “la violazione e falsa applicazione degli artt., 14, 20, 1372 e 2697 cod. civ., nonché degli artt. 3, I. n. 319/1975, 22, I. n. 576/1980, e 20, 21, 22 e 30 dello Statuto della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, approvato con decreto interministeriale del 23.12.2003”, per avere la Corte di merito ritenuto che la Giunta esecutiva della Cassa avesse tempestivamente contestato il requisito della continuità dell'esercizio della professione in relazione all'anno 2000, nonostante che la delibera fosse intervenuta in data 06.07.2007, ben oltre il termine di cinque anni di cui all'art. 22, I. n. 576/1980;

- con il secondo motivo, la ricorrente lamentava la violazione degli artt. 21 e 1372 cod .civ., 2, I. n. 319/1975, 22, I. n. 576/1980, e altresì degli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 37 e 38 Cost., per non avere la Corte territoriale considerato che, ai fini dell'accertamento del requisito della continuità dell'esercizio della professione, la maternità esonera la madre dalla relativa prova per due anni, compreso quello di nascita del figlio;

- con il terzo motivo, la ricorrente contestava la violazione degli artt. 21 e 1372 c.c., 2, I. n. 319/1975, 22, I. n. 576/1980, e altresì degli artt. 3, 24 e 111 Cost. e 244 e 245 c.p.c., nonché di omesso esame circa fatti decisivi, per non avere la Corte di merito ritenuto che la flessione nel reddito prodotto doveva comunque imputarsi a grave impedimento correlato alle difficoltà di accrescimento della di lei figlia.

La Corte, con riferimento al primo motivo, ha evidenziato che il richiamato art. 22 u. c., L. n. 576/1980, ha modificato l'art. 3 della L. n. 319/1975, statuendo che la Giunta esecutiva della Cassa può, periodicamente, provvedere alla revisione degli iscritti facendo riferimento proprio al criterio della continuità professionale, “rendendo inefficaci agli effetti dell'anzianità di iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine, detta continuità non risulti dimostrata”.

Il Collegio richiama la sentenza n. 16252 del 2018, con la quale si è specificato che, in tema di trattamento pensionistico degli ingegneri e architetti liberi professionisti iscritti alla Cassa di previdenza professionale, il termine quinquennale per le verifiche del requisito della continuità ha natura decadenziale e decorre dalla data in cui il professionista ha presentato la relativa dichiarazione sostitutiva, funzionale all'esercizio della verifica.

Siffatto principio, per gli ermellini, ben si presta ad essere esteso al termine di cui all'art. 22 della L. n. 576/1980, trattandosi di disposizione analoga a quella di cui al richiamato art. 21. In tal caso il riferimento operato dalla decisione è quello alla sentenza delle Sezioni Unite, n. 13289/2005, che ha esteso all'INARCASSA il principio di diritto secondo il quale quando non sia stata esercita la facoltà di revisione prevista dal citato art. 22 e l'interessato abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dagli artt., 17 e 23 della L. n. 576/1980, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense non può più contestare il requisito della continuità professionale per i periodi anteriori al quinquennio precedente la domanda di pensione.

Ha, perciò, errato la Corte territoriale a confermare la pronuncia di primo grado, in quanto non ha tenuto conto del suddetto principio.

Pertanto: la Cassazione ha accolto il primo motivo e ritenuto assorbiti gli altri, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d'Appello in diversa composizione.

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